Schwarzenegger propone un vertice-bis per ogni nazione

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Il Governatore della California Arnold Schwarzenegger ha presentato ieri a Copenaghen, insieme al Governatore dello stato brasiliano di São Paulo, José Serra, una proposta alle Nazioni Unite, nel caso in cui fallisse il vertice di Copenaghen: una sub-conferenza nazionale sul clima.

Vorrei chiedere alle Nazioni Unite di convocare un vertice sul clima, come Copenaghen, ma per le città, per gli Stati, le province e le regioni. I Governi nazionali del mondo non possono compiere i progressi che sono necessari in materia di cambiamento climatico a livello mondiale da soli

ha spiegato Schwarzenegger all’auditorium del COP15. Schwarzenegger, il cui Stato è la settima potenza economica più grande del mondo, fa riferimento all’attivismo degli anni Sessanta e al suo successo nel promuovere i diritti delle minoranze e delle donne e ha suggerito che un approccio simile per ridurre le emissioni di carbonio potrebbe essere più efficace rispetto alle conferenze internazionali come il COP15.

Climate REDI: il nuovo programma ambientalista di Obama per i Paesi poveri

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Può sembrare una iniziativa relativamente piccola rispetto agli investimenti precedenti dell’amministrazione Obama nei programmi di energia rinnovabile e nello sviluppo, ma la creazione di un programma chiamato “Climate REDI” è un’altra tappa importante nella crescita del neonato mondo dell’economia dell’energia pulita. Sulle fonti rinnovabili e l’efficienza di distribuzione lancia l’iniziativa oggi il ministro dell’Energia Stephen Chu: un totale di 350 milioni di dollari di fondi sarà destinato ad accelerare lo sviluppo delle tecnologie pulito e nella distribuzione in tutto il mondo.

In base ai progressi climatici, gli Stati Uniti contribuiranno con 85 milioni dollari per un piatto a livello mondiale di 350 milioni (tra gli altri Paesi aderenti c’è anche l’Italia) per contribuire ad accelerare la crescita e la diffusione di tecnologie pulite e progetti rinnovabili. Il finanziamento sarà orientato su 4 programmi principali che vedremo dopo il salto.

Lula annuncia il taglio di emissioni del Brasile e avvia una nuova politica per salvare l’Amazzonia

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Il presidente brasiliano Lula ha promesso nella giornata di ieri che il suo Paese avrebbe ridotto le sue emissioni di CO2 dal 36,1% al 38,9% entro il 2020, assicurandosi così un posto come protagonista tra i leader al COP15. Con il suo modo di fare piuttosto “colorito”, ha sostanzialmente evitato un’attenta e pacata discussione politica, adottata da molti suoi colleghi, quando si parla di soluzioni al cambiamento climatico, colpendo con un tono serio e forte sulla questione che lo ha reso popolare tra gli ambientalisti.

Ha parlato in difesa della foresta pluviale della propria nazione, l’Amazzonia, perché vuol tutelare la sua funzione vitale per l’ecosistema globale, prendendo iniziative per rapidamente porre fine alla deforestazione. Finalmente un’iniziativa politica decisa in materia ecologista. Peccato però che i comportamenti politici visti a Copenaghen non vadano nella stessa direzione, e per ora abbia annunciato un’amnistia per coloro che non rispettano la legge.

Gli americani non credono al “climagate” e spingono per una legislazione più verde

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Una buona notizia arriva dall’America, dove le lobby inquinanti avevano sguinzagliato uno stuolo di pseudo-scienziati negazionisti per far fallire le trattative sulla riduzione delle emissioni in patria e a Copenaghen. Un nuovo sondaggio ha dimostrato che gli americani credono ancora che il riscaldamento globale sia realtà, e la maggioranza ancora vuole la riforma sull’energia pulita.

Anche a fronte di tutte le rumorose e ridicole accuse scatenate dalle e-mail rubate, le quali smentivano un consenso scientifico formatosi nel corso di decenni di ricerca meticolosa, gli americani sono ancora abbastanza intelligenti per vedere la verità. Un nuovo sondaggio offre a questi ed altri risultati incoraggianti, e ripristina una certa fiducia nel buon risultato a Copenaghen.

Da Oslo Obama lancia un segnale forte a Copenaghen

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Barack Obama oggi è a Oslo per ricevere il suo premio Nobel per la Pace. All’interno del suo discorso di matrice politica, ha colto l’occasione per parlare dei cambiamenti climatici. Ha annotato che per lui la “pace giusta” nel mondo si potrà ottenere solo con l’azione sul clima. Ecco l’estratto del suo discorso che è una frecciata al congresso di Copenaghen:

il mondo deve unirsi per affrontare il cambiamento climatico. Vi è una piccola sfida scientifica secondo cui, se non facciamo niente, ci troveremo ad affrontare siccità, carestia e lo spostamento di massa che porteranno a conflitti per decenni. Per questo motivo, non sono solo gli scienziati e gli attivisti ad invitare ad un’azione rapida e forte, sono i leader militari nel mio Paese e negli altri che devono capire che la nostra sicurezza comune è in bilico.

Parole perfettamente condivisibili, che sono la prova che Obama non avrà paura di fare appello ai suoi colleghi americani per risolvere il problema del clima. Ma Obama non si è fermato qui, e nel corso di una breve conferenza stampa ha aggiunto ulteriori particolari che danno una speranza di successo al summit.

L’appello di 56 testate mondiali ai “grandi” della Terra

appello internazionale

Il vertice sul clima delle Nazioni Unite a Copenaghen è finalmente iniziato, e il momento di agire è adesso. Così dice un editoriale “unificato” di 56 giornali di tutto il mondo che chiede ai leader mondiali di accordarsi su un accordo vincolante che blocchi gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di finanziamento per i Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici. L’editoriale è stato scritto dallo staff del quotidiano britannico Guardian e appare in 20 lingue tra cui inglese, cinese, arabo, russo, ed anche italiano nei due quotidiani più importanti, Repubblica ed il Corriere della Sera.

Paul Krugman, scrittore e redattore del New York Times, ha aggiunto all’appello un richiamo all’azione immediata. Krugman continua a ribadire che non solo possiamo permetterci di cambiare la nostra economia che è attualmente alimentata da combustibili “sporchi” per trasformarla in una che si basa su carburanti puliti e verdi, ma che così facendo creeremo posti di lavoro e progresso economico.

Il Nepal come le Maldive: consiglio dei ministri estremo contro il cambiamento climatico

consiglio dei ministri in nepal sull'everest

Come ha fatto il Governo delle Maldive qualche settimana fa, che si è riunito sott’acqua per decidere cosa fare in merito al cambiamento climatico, qualcosa di simile è successo in Nepal ieri mattina, quando 24 ministri si sono riuniti intorno ad un tavolo sulla montagna più alta del mondo per discutere di cambiamento climatico.

Forse sul monte Everest non hanno mai sentito parlare di emissioni di carbonio, di cambiamenti climatici, o non è mai importato molto il dibattito politico internazionale, ma una cosa è certa: il ghiaccio si sta sciogliendo anche così in alto, e qualcosa per fermare questo fenomeno va fatta.

Congresso di Copenaghen: l’India tira il freno, nessun accordo se vengono posti vincoli

parlamento indiano

Dopo le dichiarazioni di intenti di Obama e della Cina, dopo che anche l’Europa si era mossa e aveva proposto una bozza di discussione, tutto sembrava volgere per il verso giusto. Ma siccome non c’è summit che si rispetti senza qualcuno che remi contro, ecco che interviene l’India, uno dei maggiori inquinatori mondiali, a bloccare tutti i facili entusiasmi.

L’intervento del secondo più grande Stato asiatico è arrivato dopo la proposta del Governo danese di porre dei paletti alle emissioni. In breve l’India non è d’accordo con i vincoli stretti, e ha posto 4 condizioni per poter aderire all’accordo che (si spera) potrà uscire alla fine del vertice di Copenaghen:

  1. Il vincolo alla riduzione delle emissioni deve valere solo per i Paesi industrializzati e non per tutti;
  2. Nessun controllo internazionale senza aiuti economici;
  3. Nessuna data per il picco previsto delle emissioni;
  4. Nessuna barriera economica sullo scambio di merci inquinanti nei Paesi in via di sviluppo.

Se da una parte alcune richieste indiane sembrano ragionevoli, dall’altra sono talmente esagerate che anche alcuni Paesi poveri potrebbero non essere d’accordo.

Congresso di Copenaghen: pronta la bozza per l’Europa

parlamento europeo bruxelles

L’Europa, attraverso il Governo danese che ospiterà il prossimo congresso che deciderà le sorti del clima mondiale, ha proposto una prima bozza da presentare durante il meeting che inizierà il 7 dicembre prossimo. Il nuovo obiettivo parla del taglio del 50% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Un obiettivo positivo, ma di cui non c’è tantissimo da andar fieri.

Per fortuna l’Europa aggiusta un po’ il tiro, migliorando la richiesta con i restanti punti presentati oggi, i quali parlano dell’80% del taglio delle emissioni che dovrà provenire dai Paesi industrializzati ed uno stanziamento di un fondo di almeno 30 miliardi di euro da erogare ai Paesi poveri entro il 2020, mentre fino al 2050 i miliardi per l’adeguamento dovranno essere 100.

Le politiche ambientali di Norvegia, Costa Rica e Maldive, le tre nazioni che puntano alle emissioni zero

nazioni a zero emissioni

Norvegia, Costa Rica e le Maldive sono alle prese con alti costi e ostacoli tecnologici per cercare di combattere il cambiamento climatico, tentando di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra fino allo zero. Le Nazioni Unite stanno lodando il loro obiettivo di “neutralità carbonica“, ma il modello è difficile da imitare, con la sua richiesta di un drastico passaggio all’energia pulita.

Quello che stiamo cercando di fare è di cambiare radicalmente la direzione della loro crescita economica

ha detto Yvo de Boer, capo del segretariato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Eppure, tutte e tre le piccole nazioni affrontano grossi problemi. Le emissioni di gas serra in Norvegia sono del 7% sotto del valore del 2012 nel quadro del protocollo di Kyoto, mentre le emissioni sono in aumento in Costa Rica, in particolare nel settore dei trasporti.

E le Maldive hanno intenzione di essere una vetrina tropicale per l’energia solare ed eolica nell’Oceano Indiano, staccandosi dalla dipendenza costosa del diesel . Avranno bisogno di una cifra stimata di 1,1 miliardi di investimenti per oltre un decennio per raggiungere tale obiettivo. Le Maldive puntano alle zero emissioni entro il 2020, la Costa Rica al 2021 e la Norvegia nel 2030.

La Cina fa un passo verso Copenaghen: proposto un taglio di emissioni del 40% entro il 2020

parlamento cinese

Altro che fallimento, il congresso di Copenaghen potrebbe essere anche meglio di quello che si aspettava. E’ molto probabile che non si troverà un accordo globale sul taglio delle emissioni, ma questo solo perché ogni Paese si è deciso a tagliare le proprie autonomamente. Resta da vedere se manterranno o no la promessa, ma intanto l’impegno messo nero su bianco è già un grossissimo passo in avanti.

A dare la scossa definitiva è il presidente cinese Hu Jintao, proprio colui che qualche settimana fa sembrava aver affossato le speranze di dialogo. Il presidente cinese aveva deciso di non legarsi agli obiettivi che verranno proposti a Copenaghen per poter avere carta bianca e agire autonomamente, secondo le capacità del suo Paese. Oggi arriva l’impegno ufficiale che può far esultare gli ambientalisti di tutto il mondo: -40% (che potrebbe arrivare fino al 45%) entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005.

Australia: il Parlamento si blocca sulla riforma ecologica. Quando questo accadrà in Italia?

parlamento australiano

Il Governo laburista australiano vuole, prima del congresso di Copenaghen, approvare una nuova legge che applichi un regime di scambio di emissioni, approvato dal Parlamento. I partiti liberale e nazionale dell’opposizione sono in fermento, e non credono che il Governo sia in grado di attuare una svolta simile.

Sanno infatti che gli australiani vogliono qualche azione sul cambiamento climatico. Il leader dell’opposizione, Malcolm Turnbull, ha anche dichiarato pubblicamente (e forse profeticamente),

Io non guiderò un partito che non è impegnato ad intervenire in modo efficace sul cambiamento climatico come lo sono io.

Turnbull è ben consapevole che l’azione sul cambiamento climatico è una parte significativa della ragione per cui l’Australia ha votato il primo ministro Kevin Rudd e il suo partito due anni fa. Eppure molti esponenti dell’opposizione sono ardenti scettici del riscaldamento globale. Ma se votassero contro il progetto di legge del governo, esso potrebbe utilizzare questo come pretesto per sospendere il Parlamento e indire una nuova elezione nazionale. Pare però che il popolo australiano sia ancora schierato con il Governo.

65 capi di Stato e di Governo hanno già aderito ai colloqui di Copenaghen. Indovinate chi manca?

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Sessantacinque capi di Stato e di Governo hanno confermato che saranno presenti al convegno del prossimo mese sul clima organizzato dall’ONU a Copenhagen, il quale (ci si augura) porterà un forte impegno politico per un nuovo trattato per combattere il riscaldamento globale.

Anche se le speranze di raggiungere un accordo giuridicamente vincolante sembrano diminuire, l’incontro del 7-18 dicembre per i colloqui sul clima in cui sono stati invitati 191 leader si farà, ed in molti si sono già impegnati a non farlo fallire.

La conferenza di Copenaghen è stata inizialmente organizzata per i ministri dell’ambiente, ma ora la scena è pronta per un vertice, anche se non è ancora chiaro se il presidente Usa Barack Obama sarà presente. E non lo è nemmeno per il presidente italiano, Silvio Berlusconi, il quale si è sempre detto contro qualsiasi accordo vincolante, ed è tra i pochi in Europa a remar contro. Sicura invece la presenza della Ministra Prestigiacomo.

La Prestigiacomo chiude l’accordo con 28 grandi aziende per inquinare di meno

stefania prestigiacomo sorridente

Dopo due anni di silenzio più o meno totale, la Ministra dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha deciso di darsi da fare, e prendere in mano una situazione che le stava definitivamente sfuggendo. Vedendo che in quasi tutti gli altri Paesi del mondo la politica, ed i vari suoi colleghi ministri, si stavano dando da fare per ridurre le emissioni e per raggiungere i vari obiettivi ambientali, ha tentato la via della politica, inutilmente.

I richiami al Governo non sono serviti a nulla. Si sa che Berlusconi e colleghi dall’orecchio dell’ambiente non ci sentono, e siccome sono impegnati in ben altre faccende, la Prestigiacomo si è finalmente decisa a cambiare tattica e ad impegnarsi in prima persona. Da qualche mese sta girando l’Italia per chiudere accordi con le varie imprese su una diminuzione delle emissioni. In pratica se la politica non ci dà una mano, facciamo da soli. E’ questo il pensiero che sta alla base dell’accordo. Un accordo che, al momento, ha già coinvolto 28 tra le più grandi aziende del Paese, e che ha ottenuto anche la “benedizione” del presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia.