La biodegradazione degli shopper additivati non regge ai test di CHELAB commissionati da Assobioplastiche. Dopo un anno il massimo livello di biodegradabilità dei sacchetti monouso in polietilene additivati è pari solo al 10%, contro il 90% entro 6 mesi raggiunto dagli eco-sacchetti biodegradabili e compostabili.
biodegradabile
Una nuova plastica biodegradabile cambierà le tecniche di produzione
Si chiama poli-3-idrossibutirrato, o più semplicemente PHB, e potrebbe essere il materiale che cambierà il mondo. Come la plastica, dal giorno della sua invenzione, ha rivoluzionato il metodo di produzione di quasi tutti i prodotti (compresi quelli che non la contengono, visto che potrebbero essere contenuti in confezioni di plastica), il PHB potrebbe aprire una nuova Era. Se infatti, per problemi ambientali, il mondo produttivo stava andando in crisi per tentare di ridurre il ricorso all’inquinante plastica, ora potrebbe aver trovato la soluzione.
Chicza, la prima gomma da masticare biodegradabile
Stanchi di dover togliere da sotto le suole delle scarpe quelle fastidiosissime gomme da masticare? Un giorno questo problema potrà essere debellato, sta a noi accelerare il processo. Ad aiutarci in quest’impresa ci pensano alcune cooperative messicane che hanno prodotto Chicza, la prima gomma da masticare biodegradabile.
A differenza delle gomme normali a cui oggi siamo abituati, composte da benzina e altre sostanze non riciclabili, ma che soprattutto si attaccano ad ogni superficie, il chewing-gum messicano è composto al 100% da materiali vegetali e biodegradabili, che non si attaccano e soprattutto che, una volta gettati, scompaiono nel giro di poche settimane.
Biodegradabile
Biodegradabile
Con il termine biodegradabile si indica la proprietà delle sostanze organiche di decomporsi naturalmente, ovvero di venire scomposti da sostanze complesse ad elementi più semplici. Sono i batteri saprofiti ad attaccare la sostanza decomponibile, estraendone gli enzimi necessari alla trasformazione. A quel punto il processo di biodegradabilità, definibile come la capacità di un materiale di decomporsi nel tempo a seguito di attività biologica, si conclude con l’assorbimento nel terreno, a differenza di quanto avviene con i prodotti non biodegradabili che inquinano l’ambiente.
La qualifica di biodegradabile oggi è spesso associata a prodotti rispettosi dell’ambiente. La maggior parte delle sostanze chimiche sono biodegradabili, a variare e a fare la differenza è piuttosto la quantità di tempo necessaria all’operazione, le sostanze finali prodotte dal processo, più o meno inquinanti, e la presenza in natura di batteri capaci di decomporre il materiale. Un pezzo di pane si decompone piuttosto rapidamente, mentre la plastica resterà inalterata per decenni.
Albero di Natale, vero o sintetico?
Manca più di un mese al Natale, ma forse un’idea su come prepararsi a questa festa è il caso di farsela con un certo anticipo. Dopotutto tra poche settimane si comincerà ad addobbare casa per questa ricorrenza, e da bravi ecologisti dobbiamo tener conto di alcuni principi verdi. Uno degli aspetti irrinunciabili del Natale è l’albero, e come ogni anno ritorna il dibattito: meglio l’albero vero o quello sintetico? Ma soprattutto la domanda più importante è: quale dei due è più ecologico?
Cerchiamo di capirlo insieme. Entrambe le tipologie hanno pro e contro. L’albero vero, ad esempio, ha come aspetto positivo il fatto di essere biodegradabile. Una volta passate le feste, può essere trasformato in concime organico, compost, o trucioli di legno, può essere riutilizzato per fare recinzioni o destinato ad altri usi nell’edilizia.
Sacchetti di plastica biodegradabili da biomasse lignocellulosiche
Gli imballaggi per alimenti e altri articoli monouso in plastica potrebbero presto essere compostati a casa insieme agli altri rifiuti organici, grazie ad un nuovo polimero composto da zuccheri.
Il polimero degradabile è costituito da zuccheri noti come biomasse lignocellulosiche, che provengono da colture non alimentari come alberi a crescita rapida ed erbe, o da fonti rinnovabili prodotte da biomasse agricole o da rifiuti alimentari.
È stato sviluppato presso l’Imperial College di Londra da un team di scienziati che fa parte dell’Engineering and Physical Sciences Research Council, guidato da Charlotte Williams. La ricerca di materie plastiche verdi, in particolare per gli oggetti monouso, come gli imballaggi alimentari, è oggetto di importanti ricerche in tutto il mondo.
“Questo campo di ricerca è stimolato non solo da un punto di vista ambientale, ma anche per ragioni economiche e di approvvigionamento” spiega la dottoressa Williams.
Ecobioball, la palla da golf che si biodegrada e rilascia cibo per i pesci
I nostri mari e gli oceani sono gravemente contaminati, in particolare dai rifiuti di plastica. Essi vanno ad incidere pesantemente sullo stato di salute di animali e piante acquatiche. In un vecchio articolo apparso su Treehugger, intitolato The Great Pacific Garbage Patch: Out of Sight, Out of Mind (Il grande cumulo di immondizia nel Pacifico, lontano dagli occhi, lontano dal cuore), si legge
la distesa galleggiante di rifiuti e detriti nell’Oceano Pacifico è ora su una superficie grande il doppio degli Stati Uniti continentali. Si ritiene che pesi quasi 100 tonnellate di detriti questa vasta “zuppa di plastica”, la quale si estende per 500 miglia nautiche al largo della costa californiana, oltre le Hawaii e quasi fino al Giappone.
Tra il 40 e il 60% dei rifiuti raccolti sulle spiagge è di plastica, secondo il libro “Plastiche Ecologiche” di E.S. Stevens. Il cestino ha spesso viaggiato per chilometri prima di essere “risciacquato” a riva da qualche parte. Ma tutte queste cose sono probabilmente note alla maggior parte del pubblico. Quello che però nessuno pensa è che una grossa parte di questo inquinamento plastificato si potrebbe evitare stando attenti alla propria attrezzatura quando si gioca a golf: una grossa parte dell’inquinamento di oceani, laghi e fiumi proviene dalle palline lanciate da qualche appassionato.
Plastiki, una zattera di plastica in viaggio per l’Oceano
Una zattera di 20 metri fatta di bottiglie di plastica. Di fronte: l’Oceano Pacifico.
David Mayer de Rothschild (nella foto), ha 30 anni, è milionario e anche avventuriero. Il rampollo british dio una famiglia di banchieri da sempre ha avuto quest’idea: attraversare l’Oceano su una zattera fatta di bottiglie di plastica di acqua minerale. Ovviamente vuote. E se la zattera di tronchi con cui il norvegese Thor Heyerdahl attraversò l’Oceano Pacifico nel 1947 si chiamava Kontiki, la zattera di David porterà il nome di Plastiki.
Made in Italy e certificati i primi assorbenti biodegradabili e compostabili

Patto tra produttori per il biocarburante, l’Italia comincia a respirare

Non solo, perchè la ricerca punterebbe anche a sviluppare nuove forme di produzione energetica naturale, alternative allo sfruttamento degli olii e dei cereali.
Ad Imperia la mostra sulla casa eco-logica
