Incendi in Russia, un danno da 238 miliardi di euro

Quello che è accaduto quest’estate in Russia è senza dubbio uno dei peggiori disastri ambientali a livello mondiale della storia. Ancora la stima dei danni precisa è impossibile da fare, e probabilmente non lo sarà mai a causa delle troppe variabili da conteggiare, ma stando ai calcoli degli ultimi giorni, quando pare che il peggio sia passato, il danno quantificabile in termini economici dovrebbe aggirarsi intorno ai 300 miliardi di dollari, o 238 miliardi di euro.

A stabilirlo sono stati un gruppo di ecologisti russi, i quali si oppongono ai dati forniti dal Governo russo. Anche secondo organizzazioni internazionali come WWF e Greenpeace Russia, le stime del Governo vanno al ribasso di almeno 5-10 volte, e così hanno tentato di stimare i danni con i loro mezzi.

Marea nera, i rischi per la salute

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Mentre aspettiamo una stima più precisa dei danni ambientali, economici e gli impatti sulla fauna selvatica dalla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico, c’è un sacco di confusione su cosa questo significhi per la salute delle persone che vivono e lavorano nella regione. Ma può essere interessato anche chi vuol recarsi lì per turismo, incurante del pericolo.

Per questo motivo il sito Treehugger racchiude le domande più comuni per cercare di fare un po’ di chiarezza e confutare alcune leggende metropolitane. Punto primo, cercar di capire cosa c’è di realmente pericoloso per la salute nel petrolio fuoriuscito. Il petrolio contiene un mix di sostanze chimiche. Gli ingredienti principali sono vari idrocarburi, alcuni dei quali possono causare il cancro (per esempio gli IPA o idrocarburi policiclici aromatici); altri idrocarburi i quali possono causare irritazioni della pelle e delle vie aeree. Ci sono anche alcuni idrocarburi volatili chiamati VOC (composti organici volatili) che possono causare tumori e danni riproduttivi e neurologici. Ma il petrolio contiene anche tracce di metalli pesanti come mercurio, arsenico e piombo.

Può l’energia pulita scatenare una nuova Guerra Fredda?

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La maggior parte degli occidentali pensa che l’indipendenza energetica sia un obiettivo importante. La nostra dipendenza dal petrolio estero, ma anche dal gas e dal nucleare, costano troppo. Per non parlare dei danni a livello ambientale che questi combustibili provocano. Quindi, la generazione di energia rinnovabile potrebbe essere sufficiente a sostenere l’intero mondo Occidentale ed il clima? Alcune agenzia di difesa, soprattutto americane, non la pensano così ma, al contrario, sostengono che il raggiungimento dell’indipendenza energetica potrebbe inavvertitamente avviare una strategia globale di Guerra Fredda.

La tesi dovrebbe essere più o meno questa: diventando isolazionisti e rinunciando all’energia “sporca”,questo potrebbe provocare un’altra guerra fredda che incoraggerebbe uno scenario in cui la Cina e la Russia si impadronirebbero di quelle risorse di cui l’Occidente non ha più bisogno per tenere sotto scacco quelle nazioni ancora arretrate che dipendono da esse. La loro politica energetica espansionista lascerebbe le altre nazioni in balìa dei loro capricci, facendoli diventare sempre più potenti, fino a ritornare una maggiore minaccia per i Paesi filo-americani. Secondo il dipartimento della Difesa americano l’isolazionismo energetico non è un’opzione realistica.

Sacchetti di plastica: divieto di circolazione in tutto il mondo

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I sacchetti di plastica sono i principali responsabili dei crescenti danni ambientali in tutti i Paesi della Terra .
La campagna per proibirne l’uso sta di conseguenza prendendo sempre più slancio un po’ ovunque. Vediamo come viene affrontato il problema da una parte all’altra del mondo.
Il Sud Africa, nel maggio 2003, ha vietato l’impiego dei sacchetti di plastica sottili. In Eritrea, Ruanda e Somalia sono stati banditi nel 2005. La Tanzania ha introdotto il divieto totale nel 2006, il Kenia e l’Uganda hanno messo fuori uso quelli sottili a metà del 2007.
Negli Stati Uniti, la città di San Francisco è stata la prima in assoluto a vietarne l’uso nei grandi supermercati e nelle farmacie nel marzo del 2007. Diversi mesi dopo, anche nel resto della California si approvarono leggi che obbligavano i grandi supermercati a riciclare le buste di plastica.