Onu per il clima, da Poznan a Copenaghen, un anno per salvare il Pianeta

Si è aperta in questi giorni a Poznan, in Polonia, la 14/a Conferenza Onu sul clima, con l’obiettivo primario di trovare un accordo e un profilo di intenti comune a tutti i Paesi per risolvere l’annoso problema dei cambiamenti climatici e arginare i danni dell’effetto serra sul Pianeta.
Dopo aver tracciato le linee guida nella road-map di Bali, in Indonesia, l’incontro di Poznan risulta di un’importanza cruciale, dal momento che da qui a un anno si svolgerà l’appuntamento clou delle varie trattative, con la stipula a Copenaghen delle nuove direttive da seguire quando nel 2012 scadrà l’attuale protocollo di Kyoto.

Un anno di tempo per salvare il Pianeta, con questo termine bene in mente e con il quale fare i conti hanno aperto i lavori gli 11.000 partecipanti al summit di Poznan, tra cui si contano i delegati di ben 186 Paesi.
A differenza dell’atmosfera che si respirava a Bali, quella polacca è un’atmosfera viziata e fortemente pregiudicata dallo spettro della crisi economica incombente, che spinge molti Paesi, primo tra tutti proprio l’Italia, a fare un passo indietro sulle promesse che salvaguardino l’ambiente.

C’era una volta l’Africa, ora c’è l’uomo…

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L’Africa, continente dalle bellezze incomparabili ed ineguagliabili, rischia di perdere le sue caratteristiche uniche al mondo, a causa delle profonde devastazioni in atto e dei bruschi cambiamenti climatici.
Questo è l’allarme lanciato dall’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, in un atlante che documenta le trasformazioni subite dal continente nero nel corso degli ultimi anni.

L’azione distruttrice dell’uomo è testimoniata da centinaia di foto ed immagini satellitari, che mettono a confronto il prima ed il dopo, prendendo in esame le mutazioni fisiche degli ultimi 30 anni.
L’evidenza tra ciò che c’era e ciò che resta è sconcertante: laghi scomparsi nel nulla, foreste rase al suolo, costruzioni o meglio devastazioni umane con pretese di creare civiltà che hanno deturpato il paesaggio, feriscono la vista di chi l’Africa la immaginava incontaminata, in quelle foto di tramonti stupendi con leoni ed elefanti rivolti verso orizzonti dorati.

Kick CO2 habit: le misure anti-co2 del programma Onu, semplici consigli per fare tutti qualcosa

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In occasione della Giornata Mondiale dedicata all’Ambiente, l’Onu ha divulgato un programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep) contenente semplici misure anti-Co2 a prova di cittadino.
Un modo per scongiurare i tanti “non lo sapevamo“, “una goccia nel mare in fondo non conta“, ma per rendersi bensì consapevoli, ancora una volta, di quanto si può fare con dei piccolo gesti di risparmio energetico quotidiano.

Il Festival dell’energia di Lecce ha evidenziato, a tal proposito, la scarsa inclinazione degli italiani al sacrificio ambientale tramite un sondaggio che ha visto primeggiare come unica rinuncia condivisa la meno impegnativa: spegnere la luce quando si esce da una stanza.

Giornata mondiale per l’Ambiente, un buon punto di partenza per salvare il pianeta

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Kick the Habit!Towards a Low Carbon Economy. No, non siamo diventati improvvisamente anglofoni. Questo sarà lo slogan che accompagnerà la Giornata Mondiale  dell’Ambiente 2008, giunta alla trentaseiesima edizione. Lo slogan significa “Cambiamo le nostre abitudini! in favore di un’economia a bassa emissione di carbonio“, e avrà come tema principale la riduzione delle emissioni di CO2.

 

In molti paesi “virtuosi” come la Nuova Zelanda e la Norvegia alcune soluzioni a questo problema sono state già adottate, mentre oggi ci sarà la nostra occasione per dare una mano al nostro pianeta. La scorsa edizione, che aveva come tema centrale lo scioglimento dei ghiacciai (non per altro si tenne in Norvegia) è stata un successone, e così si spera di replicare anche quest’anno spostandosi in Nuova Zelanda, che si è posta come obiettivo di diventare la prima nazione ad emissione zero entro il 2020.

Vertice Fao: tante parole, ma zero soluzioni

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Tutti d’accordo sul problema, ma nessuno sulla soluzione. Si potrebbe riassumere così l’incontro nella sede della Fao tenutosi ieri a Roma tra 40 capi di Stato e di Governo che aveva come obiettivo quello di capire e trovare una soluzione al problema dell’aumento della fame nel mondo.

Ognuno dice la sua, compreso il Papa che non sarebbe propriamente autorizzato a farlo, mentre attivisti di numerose associazioni umanitarie vengono messi a tacere all’esterno, a volte anche con la forza, dalla polizia. Nel corso del vertice si delineano coalizioni più o meno forti e durature, ma nessuna in grado di prendere una decisione definitiva sul problema. Tutti più o meno concordano sul fatto che non si può più sperare che il mercato si autoregoli in regime di concorrenza, come sostenuto dalla maggior parte degli economisti degli ultimi 50 anni, ma bisognerà creare un organismo superiore per gestire la crisi.

Allarme WWF: tra 50 anni non ci sarà più biodiversità

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I numeri cominciano a farsi preoccupanti: negli ultimi 35 anni abbiamo perso già un terzo della biodiversità su tutto il pianeta. I dati provengono da una ricerca fatta dal WWF, che da anni sta tentando in tutti i modi di preservare zone e parchi naturali proprio per proteggere le specie di animali e piante in via d’estinzione.

Le cause principali sono tre: prima di tutto, la distruzione degli ambienti. Molte specie animali, che per millenni hanno vissuto tranquillamente nelle loro oasi, adesso se le vedono sottratte a causa dell’invasione umana che gli sta letteralmente togliendo il terreno da sotto i piedi.
La seconda causa è il cambiamento climatico, dovuto ovviamente all’inquinamento, che sta facendo estinguere numerose specie di piante e pesci; e infine il commercio della carne e delle pelli, che miete vittime soprattutto tra le balene e le foche.

Ciclone Nargis, 15 mila morti in Birmania, e il numero potrebbe continuare a crescere

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Venti a 240 km/h, acqua che arriva dall’alto e dal basso, per lo straripamento del fiume Irrawaddy, due milioni di persone coinvolte, di cui 15 mila morti, 30 mila dispersi. E’ questo il bilancio di una delle più gravi catastrofi che hanno colpito l’Asia, ed in particolare la Birmania, già devastata dai confilitti interni tra i monaci e il regime militare.

Uno dei paesi più chiusi del mondo è stato costretto ad accettare gli aiuti internazionali di quelle nazioni che da sempre ha tentato di tenere lontano dai propri confini, ma di cui adesso non può fare proprio a meno. Il Ciclone Nargis, tempesta tropicale di categoria 3, cambierà per sempre la vita dei birmani, o almeno di quelli che resteranno vivi. E’ infatti al momento il secondo disastro naturale della storia dell’Asia, dopo quello che nel ’91 causò la morte di 143 mila persone in Bangladesh. Ma il rischio è che questo triste primato venga prima o poi superato.

Emergenza Cibo, intervengono Onu e Fao

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Non solo più gli allarmi della Fao, adesso anche l’Onu interviene nel problema dell’elevato costo del grano e del riso che sta investendo tutto il mondo. A pagarne le conseguenze peggiori, come al solito, sono i Paesi del Terzo Mondo, quelli che a malapena riuscivano a garantirsi una minima parte di questi generi alimentari, sufficienti almeno per non morire di fame.

Le associazioni umanitarie hanno lanciato un appello qualche giorno fa: raccogliere due miliardi e mezzo di dollari per fronteggiare l’emergenza e far abbassare il prezzo del cibo. Una task force dell’Onu invece si occuperà di capire il perchè di questo aumento sproporzionato dei prezzi, e di tentare di bloccarlo.

Appello degli scienziati per fermare il prezzo del cibo nei paesi poveri

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Per fermare la piaga della fame nel terzo mondo adesso scendono in campo anche gli scienziati dell’ONU. In questi giorni di tensioni, oltre 400 scienziati si sono uniti e, dopo aver stilato il rapporto sulla “Valutazione Internazionale delle Scienze Agricole e Tecnologiche per lo Sviluppo”, hanno chiesto martedì scorso nel palazzo delle Nazioni Unite di intervenire per agire su un cambiamento radicale per quanto riguarda la distribuzione di cibo nel mondo e soprattutto per difendere le risorse del pianeta, molto spesso saccheggiate dalle multinazionali.

La tesi che sostengono gli scienziati è che l’agricoltura moderna ha portato notevoli aumenti nella produzione alimentare, ma i suoi benefici sono stati irregolari e sono stati una conseguenza dell’alto costo sostenuto solo dai piccoli agricoltori, i lavoratori, le comunità rurali e l’ambiente. Infatti a pagare sono sempre i poveri della Terra che hanno economie di piccola scala, e quindi con molti minori guadagni rispetto a chi invece ci specula.

The Global Day for Darfur: contro il genocidio in Sudan anche George Clooney

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Forse ricorderete le interviste su temi scottanti fatte dalle Iene ad alcuni parlamentari italiani qualche tempo fa (e se non le ricordate andate a rivederle sul sito della trasmissione).
In uno di questi test per misurare il livello culturale dei nostri governanti, si parlava di Darfur. –Che cos’è il Darfur?-chiese la Iena. Dal momento che dall’altra parte ci fu un silenzio tombale ed imbarazzato, oggi proviamo a rispondere noi, riempiendo quel vuoto di ignoranza con la triste e sanguinosa storia di questa regione martoriata dalla guerra.

Il Darfur è una regione situata nell’ovest del Sudan, stato dell’Africa Centro-orientale.
Da febbraio del 2003 porta avanti un conflitto armato, che vede contrapposti i Janjaweed, un gruppo di miliziani islamici delle tribù nomadi dei Baggara, e le tribù non Baggara, dedite invece all’agricoltura.
Il governo sudanese fornisce armi e sostegno ai Baggara, anche se ufficialmente nega di offrire loro alcun tipo di supporto. La Coalition for Internal Justice stima in 400.000 morti la cifra di vittime dall’inizio dell’operazione di pulizia etnica. Un vero e proprio genocidio, che va avanti da anni. Senza contare le migliaia di sfollati, costretti a fuggire nelle regioni del Ciad, dove è anche difficile raggiungerli per fornire assistenza umanitaria. E’ necessario l’invio più cospicuo possibile di forze di pace, per ristabilire un equilibrio. E per far questo, è necessaria una cooperazione a livello mondiale.
Oggi torniamo a parlare di Darfur, in occasione della giornata mondiale per il Darfur, proclamata per il 13 aprile con iniziative in tutto il mondo. The Global Day for Darfur, di cui ha parlato George Cloooney a Roma, durante la presentazione del suo ultimo film, si è reso quasi necessario, direi, dopo che da febbraio 2008 la situazione nella regione del Sudan è precipitata.

Il lungo cammino verso Kyoto 2: a Bangkok il Giappone contestato dai Paesi in via di sviluppo

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Il protocollo di Kyoto, sottoscritto l’11 dicembre del 1997 da più di 160 Paesi, ed entrato in vigore nel 16 febbraio del 2005, prevede l’impegno ad una riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990. Riduzione da compiersi nel periodo 2008-2012.
Ma si parla già di un Kyoto 2 per fissare nuovi parametri ed obiettivi di riduzione dei gas serra dopo il 2012.

Si è concluso venerdì sera a Bangkok l’incontro, sotto l’egida dell’Onu, dei delegati di più di 160 Paesi, giunti ad un ulteriore accordo per arrivare entro il 2009 ad una nuova risoluzione per la riduzione delle emissioni.