Imprese elettriche Ue a zero emissioni entro il 2050

Gli Usa chiamano, l’Unione Europea risponde. Se l’obiettivo di Obama per la sua America è di ridurre dell’80% le emissioni di CO2 entro l’anno 2050, l’Ue fa di più, ed annuncia per bocca del commissario all’ambiente Stavros Dimas che entro lo stesso anno le centrali elettriche europee, tra le più inquinanti in assoluto, dovranno non avere più emissioni. Vien da sè che se le centrali saranno ad emissioni zero, lo diventeranno anche gran parte delle industrie, abbattendo molto di più la soglia di inquinamento proposta dagli Stati Uniti.

A deciderlo è stata l’associazione che riunisce le aziende energetiche di 27 Paesi europei, le quali sin da ora sono in grado di generare 2.500 TWh di elettricità all’anno. Queste le parole di Lars G. Josefsson, presidente di Eurelectric:

L’industria elettrica si è presa il chiaro impegno di diventare un settore a carbonio zero entro la metà del secolo, e allo stesso tempo vogliamo ripetere che un mercato competitivo è il modo migliore per raggiungere questo obiettivo in modo efficiente dal punto di vista dei costi, continuando a contare anche sulla basilare sicurezza delle forniture.

La centrale elettrica del cioccolato: una nuova “golosa” biomassa

Ricavare energia elettrica dal cioccolato. Sembrerebbe a prima vista uno spreco dell’oro nero dei golosi, ma in realtà non è proprio così, perchè la nuova biomassa messa a punto nel New Hampshire non utilizza certo i quadretti neri più amati nel mondo, bensì i sottoprodotti del cacao, gli scarti, i gusci dei semi di cacao, quelli che andrebbero comunque smaltiti e che ora si accumulano in montagne di rifiuti organici.

E nel New Hampshire la centrale elettrica più dolce del mondo è già operativa e produttiva. Insieme al consueto carbone, nelle caldaie dell’impianto energetico di Portsmouth, è già stato testato un nuovo mix di combustibili che ha come ingredienti principali proprio i gusci dei semi di cacao, residui organici del processo della produzione del cioccolato. Se pensiamo a quanti di questi rifiuti siano in circolazione e vengano prodotti nelle fabbriche del cioccolato con frequenza giornaliera, sarà facile pervenire alla conclusione che la materia prima per questo nuovo tipo di biomassa non verrebbe mai a mancare.

Impianti nucleari: quelli che verranno costruiti in Italia sono più costosi del previsto e nemmeno molto sicuri

Come tutti ormai sappiamo, in Italia è stato approvato il progetto per la costruzione delle famose quattro centrali nucleari che dovrebbero renderci indipendenti energeticamente dall’estero, facendoci risparmiare tanti soldi sulla bolletta. Ora, tralasciando le polemiche sul dove costruirle, sulla volontà degli italiani e sulla effettiva produzione di elettricità, tutte tematiche già trattate in passato su queste pagine, oggi si vengono ad aggiungere due nuove problematiche: il costo e la sicurezza.

Ciò è scaturito da una diatriba nata in Finlandia tra le due società appaltatrici del famoso Epr, e cioè la Areva e la TVO. Questa è una problematica che ci riguarda molto da vicino, visto che l’Epr è anche la stessa centrale che dovrà essere costruita in Italia, e che stiamo sperimentando proprio con l’esperienza scandinava. Se in Finlandia, dove i lavori sono molto più efficienti che da noi, stanno avendo dei problemi enormi nel costruirne una sola, figuriamoci cosa accadrà da noi costruendo quattro centrali nucleari. Dopo il salto spieghiamo in cosa consistono queste problematiche.

Energia solare, ora anche dallo spazio

Chi l’ha detto che per produrre energia pulita saremo costretti a costruire, a spese nostre, dei pannelli solari sui tetti delle nostre case? Vanno a rilento anche i progetti delle grandi opere solari, cioè quelle distese di pannelli che dovrebbero ricoprire una grossa fetta del deserto del Sahara o di altri deserti mondiali (si parla anche della zona di Las Vegas). E allora come fare per avere energia pulita e a basso prezzo, che non dia fastidio a nessuno?

Facile, la andiamo a prendere dallo spazio. Lì sicuramente non si può dire che manchi la luce del sole, visto che la parte illuminata attorno alla nostra atmosfera ha temperature di gran lunga superiori a quelle percepite da noi sulla Terra. Il progetto risale a meno di due anni fa ed è, ovviamente, americano. La società che se ne occuperà si chiama Space Energy, con il supporto del US National Security Strategy e del Pentagono. Si tratta di inviare nello spazio dei satelliti che funzionino da centrali fotovoltaiche, in grado di “lanciare” l’energia prodotta sulla Terra direttamente con onde radio a bassa frequenza.

Detroit inventa l’alta velocità cittadina solare

Fa sempre piacere vedere una città che pensa alla salute dei propri cittadini, e comincia a buttare giù i primi progetti di città ecologica. Peccato che questi provengano quasi sempre dagli Stati Uniti. Essi in ogni modo rappresentano un buon esempio, che si spera anche le città europee (ed italiane) possano seguire. Un giornale di Detroit ha esposto i piani dello Stato del Michigan per installare una linea ferroviaria magnetica in acciaio inox, in cui il treno va ad oltre 320 km/h, altro che alta velocità, alimentata ad energia solare. Il prototipo richiede una pista sopraelevata che va da Detroit a Lansing nel Michigan.

I dettagli del progetto comprendono navette costruite per essere alimentate ad energia solare e idrogeno. Gli sviluppatori hanno proposto che le piste servano anche come condotti per le linee in fibra ottica e di altri servizi di pubblica utilità. Il prototipo proposto non avrebbe utilizzato in questo modo il denaro pubblico. Il costo di due linee si aggirerebbe intorno ai 2,3 miliardi di dollari.

Fusione nucleare a confinamento inerziale, l’energia del futuro proviene dal laser

Una nuova energia rinnovabile si staglia all’orizzonte, e questa promette di essere molto rivoluzionaria. Si chiama “fusione nucleare a confinamento inerziale” ma attenzione, non vi fate prendere dal panico dalla parola nucleare, non ha nulla a che fare con le centrali nucleari che oggi conosciamo.

In comune con quelle infatti ha soltanto il nome ed il costo, circa 10 miliardi di dollari, ma per il resto è tutto diverso. Non c’è uranio, non c’è rischio di esplosione con conseguenti radiazioni, ma soprattutto non ci sono scorie radioattive, probabilmente il punto debole principale di questo genere di tecnologia.

Questa energia viene prodotta nel Nif (National Ignition Facility), una centrale grande quanto tre campi di calcio circa, composta da un’enorme laboratorio con 192 laser giganteschi, capaci di produrre un’energia di 50 volte superiore a quella finora prodotta da altri sistemi simili. Questi enormi laser hanno la funzione di essere puntati, come in un film di fantascienza, tutti in un unico punto. In quel punto al centro del laboratorio sarà posta una pillola. Più precisamente si chiama pellet, ha le dimensioni di una pillola ed è formato esternamente da normalissima plastica, mentre all’interno è riempito da idrogeno congelato.

Generare energia dagli esseri umani

Avete già abbandonato i buoni propositi per il nuovo anno, come perdere un po’ di chili? Delle recenti innovazioni potrebbero ispirare un esercizio che vi potrebbe dare la spinta a riprenderle, con una prospettiva ambientalista: generare energia rinnovabile dal movimento umano.

Il caso in questione è quello della Green Microgym di Portland, Oregon, una palestra in cui gli utenti possono generare energia elettrica bruciando calorie su alcuni dei macchinari per l’esercizio fisico.

Penso che questo aiuta alcune persone che si sentono un po’ meglio sapendo cosa avviene, e so che le persone sono orgogliose di essere parte della palestra, perché questa è ecologica.

Queste le parole di Adam Boesel, proprietario della palestra. Il motore gira con le calorie umane. Le persone sono in grado di fornire elettricità, facendo qualcosa che normalmente non pensano come produttrice di energia (come cambiarsi i vestiti o aprire una porta), ma non sanno che questi semplici moviementi producono elettricità.

Vento al lavoro, Ewea: “per trovare un’occupazione i giovani si specializzino nell’eolico”

Un vero e proprio gap, quello evidenziato dall’Ewea, relativamente alle figure professionali da impiegare nel settore dell’energia eolica. Due, in particolare, le posizioni che rimangono spesso scoperte per mancanza di candidati: gli ingegneri e il personale addetto alla gestione degli impianti industriali.

Queste le lacune lamentate dai produttori, alle quali si aggiungono le difficoltà a reperire esperti nel settore eolico denunciate dai promotori che operano nel rinnovabile: mancano i project manager, vale a dire i professionisti addetti all’ottenimento dei permessi per costruire i parchi eolici, con tutto quello che questo oneroso compito comporta: richiesta di autorizzazioni, conoscenza del territorio, raggiungimento del via libera alla concretizzazione dei progetti. Il lavoro manca e questo è un dato di fatto, ma allora perchè lasciare posti vuoti, non coperti, proprio in un settore in espansione che promette grandi cose per il futuro, soprattutto in Europa, da sempre in prima linea sulle energie pulite?

Perché le energie rinnovabili dovrebbero farci uscire dalla recessione?

Il Nikkei Business Publications ha recentemente annunciato i risultati di un sondaggio condotto in Giappone effettuato su 1.300 ingegneri del settore manifatturiero, l’attuale leader, se così si può definire, della recessione globale. Essi sono stati invitati a rispondere a difficile domande circa l’impatto della recessione e le misure per farvi fronte.

Sorprendentemente (non tanto per noi ma per la classe dirigente odierna) uno schiacciante numero, la maggioranza di essi, pensa che le celle solari, elettriche, a combustibile, i veicoli ibridi e l’energia eolica potrebbero fornire le scoperte di cui abbiamo bisogno per uscire dalla crisi. I risultati hanno mostrato una forte fiducia degli ingegneri di progettazione e di fabbricazione del Giappone della solida infrastruttura industriale e tecnologica di alto livello, la Nikkei:

La chiave per rompere l’andamento della recessione è lo sviluppo di celle solari, veicoli elettrici, e settore agricolo/alimentare, in ordine decrescente.

I vantaggi del “Cap and Trade”

Non contento del grande clamore (e della grande approvazione) che Obama ha suscitato parlando di energia pulita, risparmio per i cittadini e di indipendenza dai combustibili fossili, il presidente americano è voluto ritornare sull’argomento, specificatamente sul cosiddetto “Cap and Trade” (il commercio sui crediti per inquinare), illustrando all’America (ed al mondo intero) i vantaggi di quest’iniziativa.

Il New York Times parla di una “scommessa contro i gas ad effetto serra”, progettata e di recente inaugurata nel bilancio di Obama. Più in particolare si tratta di un tetto di emissioni di carbonio che dà vita ad un sistema di scambi commerciali che dovrebbe entrare in vigore dal 2012. Il sistema del cap and trade mette un “tappo” alla quantità di gas a effetto serra che una società può emettere; quando l’azienda lo supera, deve acquistare quote di inquinamento o di crediti da parte di imprese che restano al di sotto del tetto, così da premiare l’efficienza energetica di aziende che utilizzano energia pulita. Obama progetta che l’amministrazione corretta di questo sistema frutterebbe alle casse degli States ben 645 miliardi di dollari, tutte entrate provenienti dal petrolio e da società elettriche nel corso dei prossimi dieci anni.

“Rinnovabili 2009” Legambiente ottimista sul futuro energetico dell’Italia

Sole, acqua, vento, terra e biomasse. 5 semplici parole che vogliono dire energia pulita, ambiente più vivibile, meno spese e più salute per i cittadini, ed in molti casi anche posti di lavoro, che in questo periodo hanno il loro peso. Tutte parole che piacciono a tutti i cittadini del mondo, compresi quelli italiani, tranne che alla nostra classe dirigente, troppo occupata a far tornare l’Italia indietro di 30 anni con il nucleare piuttosto che pensare all’energia del futuro.

Oggi Legambiente presenta il rapporto “Rinnovabili 2009”, il quale dimostra la situazione dell’energia pulita in Italia. Una situazione migliore del previsto, anche se ancora non sufficiente se confrontata con quella di altri Paesi. La prima buona notizia è che, ad oggi, i comuni italiani che hanno installato almeno un impianto ad energia rinnovabile sono saliti a 5.991, un ottimo numero considerando che fino allo scorso anno essi erano poco più di tremila.

Nucleare, Ecodem diffonde le “vere” cifre dell’accordo italo-francese

Alexandra Prokopenko, vittima disastro di Chernobyl

Alexandra Prokopenko, vittima disastro di Chernobyl

Ci stanno raccontando un mucchio di p… ehm di bugie sul nucleare e su questo tanto discusso accordo Berlusconi-Sarkozy, che più che un patto tra due nazioni mi sembra a tutti gli effetti un accordo tra due persone. Primo, e forse anche ultimo motivo più che sufficiente senza citarne altri, perchè il nucleare in Italia sono in molti a non volerlo, prime tra tutte alcune delle regioni che dovrebbero ospitarlo, tra cui si vocifera la Sardegna, e ricordiamo che lì la destra ha appena vinto le elezioni, ma ad installarsi in casa propria un bel reattore non ci pensa proprio. Piuttosto dovranno passare sul mio corpo, tuona Ugo Cappellacci, il neo-eletto presidente fino a qualche giorno fa abbracciato amabilmente in campagna elettorale a Berlusconi. Arriverà anche ad Arcore questo urlo di dissenso di un  membro del suo stesso partito?

D’altro canto Berlusconi se la cava con i paroloni non compresi dalla massa, come al solito, e snocciola con soddisfazione una sintesi dell’accordo che poco dice del dove, come, quando e a che costo procederemo:

La Francia ci trasmetterà il suo know how e sarà più facile il passaggio dell’Italia al nucleare.

Ad ogni modo l’Ecodem che rappresenta gli ecologisti democratici (un altro di quei gruppi ambientalisti che secondo l’informazione pubblica è meno reticente verso il nucleare?) ha diffuso i dati veri sull’accordo nucleare italo-francese. Le vere cifre. Sentiamo un po’ nel Paese delle mezze verità dov’è andata a finire stavolta l’altra metà.

Batterie solari, ora si possono costruire in casa

Una volta si diceva che per ricaricare delle semplici batterie come quelle utilizzate per i telecomandi, i-pod e quant’altro, bastava metterle nel congelatore per qualche ora. Poi sono state inventate quelle ricaricabili, che per poterle utilizzare però bisognava sprecare altra energia elettrica.

Oggi è possibile utilizzare delle batterie solari. Dove si trovano? Potenzialmente in tutte le case. L’invenzione arriva dalla Danimarca, e più precisamente dalla mente di Knut Karlsen, un blogger che ha inventato le SunCats, delle pile a carica solare. Come fare? Molto semplice. Servono una comunissima batteria ricaricabile, della colla ed una cella fotovoltaica flessibile (questa forse è un po’ più complicata da trovare). Una volta che abbiamo avvolto la nostra batteria con le celle solari attaccate con la colla, basta collegare la punta della stessa con un filo di rame (come in foto) ed il gioco è fatto.

Nucleare, dalle Regioni “Sì, ma non da noi”

La classica specialità italiana dello scarica barile non poteva mancare nel valzer del nucleare. Tutti (o quasi) contenti del ritorno all’atomo, almeno in linea teorica. Sì perché, in pratica, nessuno lo vuole nella propria Regione. Dopo l’accordo tra il Presidente Berlusconi e Sarkozy, subito si è scatenato il toto-sito, cioè centinaia di azzeccagarbugli hanno tentato di individuare i siti in cui verranno costruite le future centrali nucleari italiane. 4 per la precisione.

Ha fatto un certo scalpore però vedere Ugo Cappellacci, neo presidente della Regione Sardegna grazie al forte impegno proprio di Berlusconi, opporsi fortemente alla costruzione di una centrale nella sua Regione. Ad una domanda sull’argomento postagli da un sardo su Facebook, questa è stata la risposta:

State certi che dovrebbero passare sul mio corpo prima di fare una cosa simile.

Cappellacci in campagna elettorale aveva promesso di mantenere lo stato di Regione denuclearizzata dopo la sua elezione, e conferma questo proposito opponendosi duramente proprio a colui che è riuscito a farlo eleggere. Ma non è finita di certo qui.