Lotta ai cambiamenti climatici: la Cina sta facendo molto più degli Stati Uniti

centrale eolica cina

La Cina viene spesso accusata di non fare abbastanza per ridurre l’anidride carbonica e le altre emissioni inquinanti delle sue fabbriche alimentate da centrali elettriche a carbone. Ma un nuovo rapporto suggerisce che il Paese sta facendo molto più di altri per affrontare i cambiamenti climatici. O almeno più di quello che gli viene attribuito. In realtà, i suoi standard ambientali superano addirittura quelli degli Stati Uniti in alcune misure fondamentali.

Il World Resources Institute (WRI), un rispettato osservatore ambientale con sede a Washington DC, dice che la Cina è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo principale sul cambiamento climatico, che è un 20% di riduzione dell’intensità energetica (la quantità di energia utilizzata per ogni dollaro di prodotto interno lordo) entro la fine del prossimo anno. Tagliare l’intensità energetica dell’economia cinese in questo modo porrà un freno alla crescita delle emissioni nazionali di biossido di carbonio.

La nave dei veleni in Madagascar mette a rischio balene e migliaia di persone

nave affondata madagascar

Non solo l’Italia ha problemi con le “navi dei veleni”. Una nave che trasportava rifiuti tossici è affondata qualche mese fa al largo delle coste del Madagascar, e migliaia di tonnellate di rifiuti sono stati svuotati nel ricco ecosistema marino. Il relitto ha avuto effetti devastanti sulla vita e la salute del mare, ma anche delle persone che vivono di navigazione. Ha causato, tra gli altri effetti, spiaggiamenti di balene in gran numero, e gravi malattie respiratorie e della pelle che hanno cominciato ad affliggere gli abitanti di quelle terre.

L’Ana Gülser, una nave turca, si è arenata nel punto più meridionale del Madagascar. Ha poi lentamente scaricato il suo carico (39.000 tonnellate di fosfat0, 568 tonnellate di combustibile, e 66 tonnellate di gasolio) nell’Oceano Indiano.

L’orso bruno in Francia rischia di sparire per mancanza di femmine

orso bruno francia

La popolazione dell’orso bruno (Ursus arctos) in Francia, ora è così rada che la specie potrebbe estinguersi nel prossimo futuro. Tuttavia, c’è una nuova speranza nella forma di una nuova ricerca pubblicata su PLoS One, che suggerisce che il trasferimento in una zona nuova non solo potrà aumentare la dimensione della popolazione, ma potrebbe anche invertire alcune delle cause del suo declino.

I nostri risultati suggeriscono che, avendo una popolazione vitale dell’orso in Francia, questa richiede ricollocazioni ulteriori. In particolare, gli orsi maschi hanno più bisogno delle femmine

spiega Guillaume Chapron dal Grimsö Wildlife Research Station, Swedish University of Agricultural Sciences, Svezia, insieme ai colleghi della Washington State University, USA, e all’Ufficio Nazionale de la Chasse et de la Faune Sauvage, Francia.

Gli orsi bruni francesi sono attualmente presenti solo nei Pirenei in due sotto-popolazioni: la popolazione dei Pirenei centrali, creata da una ricollocazione precedente, e quella endemica occidentale, che si crede possa essere in declino a causa dell’eccessiva mortalità e consanguineità causata dall’essere umano.

Tigri a rischio estinzione in 15-20 anni

tigre di sumatra

Le tigri potrebbero estinguersi nell’arco di due decenni, a meno che il mondo non decida di compiere degli sforzi di conservazione per arrestare il declino della popolazione. Ad affermarlo sono stati gli esperti della fauna selvatica americani, i quali hanno contato appena 3.500 tigri allo stato selvatico in 12 paesi asiatici, compresa la Russia. Pochissime se consideriamo che erano circa 100.000 un secolo fa.

Le tigri sono state uccise illegalmente per il commercio nero di alcune parti del loro corpo, dalla carne alla pelliccia. Un commercio che trova terreno fertile in Asia dove nulla è regolamentato, e a rischiare di più sono proprio gli animali selvatici. L’organizzazione Save The Tiger, con sede a Washington, ha stimato, coadiuvata dalla polizia internazionale Interpol, il valore di tale mercato illegale, il quale si pensa possa valere più di 20 miliardi di dollari l’anno (13,5 miliardi di euro).

Australia: aumentano i livelli dei mari e la gente è “sfrattata” dalla costa

costa australiana

Un nuovo rapporto sugli effetti del cambiamento climatico sulla vasta costa dell’Australia sta costringendo il Paese a prendere in considerazione l’impensabile: la vita senza il surf. La vita sulla spiaggia costituisce gran parte dell’identità della nazione, con circa l’80% delle persone che vive lungo la costa. Ma un comitato ambientale del governo australiano avverte che migliaia di chilometri di coste dell’Australia sono minacciati dal livello dei mari.

Il rapporto, pubblicato ieri dopo 18 mesi di studio, suggerisce di prendere in considerazione la possibilità di vietare alle persone di vivere nelle zone vulnerabili.

La commissione concorda sul fatto che questo sia un tema di importanza nazionale e che il momento di agire è adesso

ha scritto il Comitato permanente della Camera dei Rappresentanti per i cambiamenti climatici, l’acqua, l’ambiente e le arti. La relazione fa 47 raccomandazioni su come l’Australia potrà prepararsi meglio agli effetti del cambiamento climatico, comprese le revisioni dei piani di evacuazione, revisione delle norme edilizie al fine di garantire case robuste, ed il ruolo che il governo assume per aiutare le comunità costiere ad adattarsi al livello del mare.

Con il riscaldamento globale l’Artico potrebbe diventare simile ai Tropici

palmaUna nuova scoperta effettuata all’Università di Utrecht, in Olanda, potrebbe sconvolgere tutte le certezze dei modelli di previsione del riscaldamento globale tracciati fino ad oggi. Il clima dell’Artico non diventerebbe sempre più rigido, come ipotizzato dalle previsioni classiche, ma potrebbe elevarsi fino ad assomigliare, nella stagione più calda, a quello dei Tropici.

Ad affermarlo è una ricerca coordinata da Appy Sluijs, docente di Paleoecologia, dopo una spedizione Acex (Arctic Coring EXpedition), cioè una spedizione effettuata nella zona artica, condotta nell’ambito del programma Integrated Ocean Drilling, in cui sono stati prelevati campioni di materiali, tra cui sorprendentemente anche pollini, per cercare di capire un po’ meglio il passato dei nostri poli. I risultati sono descritti dettagliatamente sulla rivista Nature Geoscience.

Più precisamente, l’idea dei ricercatori olandesi riguarda non tanto come sarà tra cento o duecento anni l’Artico, ma come lo è stato milioni di anni fa. Subito si è capito che nelle ipotesi c’era qualcosa di sbagliato quando, in fondo ai ghiacci, sono stati trovati dei pollini di palma, una pianta che cresce con climi tropicali, come in Africa.

Navi dei veleni: “le scorie portatele in Parlamento”

striscione navi dei veleni

La Calabria è stanca di aspettare, e per questo ieri è scesa in piazza, in diverse località della regione, per protestare contro l’immobilità del Governo italiano. Le cosiddette “navi dei veleni“, conosciute anche come “navi a perdere“, affondate dolosamente dalla mafia negli anni ’80, sono state scoperte mesi fa, ma dopo averne dato notizia, la vicenda è stata immediatamente messa a tacere.

Probabilmente per una questione di costi (troppo oneroso trovare ed eliminare le navi che inquinano la costa calabrese) o solo perché le priorità al momento sono altre, fatto sta che la popolazione di una delle regioni che più di tutte vive di turismo, si ritrova con la consapevolezza che la propria acqua è inquinata da scorie radioattive e non solo, ma nessuno le viene a togliere da lì.

Per protestare contro questo scandalo ieri Legambiente e WWF hanno organizzato diverse manifestazioni contro l’immobilità del Governo, a cui hanno partecipato giovani e anziani, studenti e lavoratori, politici locali e regionali, ed anche una delegazione dell’Italia dei Valori che, al fianco di qualche esponente del Partito Democratico, ha ammesso che questo scempio non è accettabile, e denuncia, come dice lo stesso Antonio Di Pietro, una “legalità violentata”.

La Svezia introduce l’etichetta dell’inquinamento sui prodotti alimentari

etichetta inquinamento svezia

Sapete per caso quanto ha inquinato il piatto che state per gustare? Se abitate in Italia o in qualche altro Paese europeo, credo di no. D’ora in avanti gli svedesi lo sapranno. Quando il popolo scandinavo acquisterà qualche prodotto alimentare, oltre ad andare a vedere le informazioni nutrizionali, ora potrà consultare anche una “etichetta di carbonio” emesso. Sulle etichette si potrà leggere “il clima ha dichiarato: X kg di CO2 per ogni kg di prodotto”, così la gente saprà quanto gas a effetto serra il loro cibo contribuisce ad emettere, e soprattutto quanto sono responsabili del cambiamento climatico.

Secondo il New York Times, questa è parte di un esperimento che sta per essere lanciato dal Dipartimento Nutrizione del governo svedese:

Le nuove etichette che elencano le emissioni di anidride carbonica associate alla produzione di alimenti, dalla pasta di grano integrale agli hamburger del fast food, verranno visualizzate su alcuni articoli alimentari e menù dei ristoranti in tutto il Paese.

L’inquinamento da pesticidi porta ad un incremento di uropatie tra neonati

neonato africano

Le donne che vivevano in villaggi irrorati con il DDT per ridurre la malaria, hanno dato vita al 33% in più di neonati con difetti urogenitali alla nascita. Questo è avvenuto tra il 2004 e il 2006, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Urology BJUI . Secondo tale ricerca, le donne che erano rimaste in casa nei villaggi disinfestati invece, avevano il 41% di possibilità in più di partorire figli con queste malattie, come la mancanza dei testicoli o problemi con l’uretra o il pene.

Gli autori suggeriscono che questo accade perché hanno passato la maggior parte del loro tempo nelle case in cui il DDT, ancora comunemente usato per uccidere le zanzare che causano la malaria, veniva spruzzato quotidianamente, anziché andare in luoghi non contaminati.

Non solo CO2, nei trattati internazionali si sottovalutano gli effetti di altri agenti inquinanti

inquinamento treno

Come se ottenere un trattato globale sul clima non fosse già abbastanza difficile, Stacy Jackson, ricercatore della University of California di Berkeley, dice che dobbiamo cominciare a pianificare il futuro per un vertice che affronti specificamente a breve e medio termine le componenti del riscaldamento globale che fino ad ora sono state un po’ “tralasciate” come la fuliggine, l’ozono, e il metano.

Dal momento che queste sostanze provocano fino a metà del riscaldamento osservato nel periodo di tempo in cui permangono nell’atmosfera (dalle poche settimane della fuliggine, a qualche decennio per il metano), sarebbe prudente effettuare un’azione forte per mitigare i loro effetti, e non solo quelli della CO2 e di poche altre sostanze inquinanti prese in esame.

Parte dell’Alaska diventa area protetta per gli orsi polari

orso polare

Finalmente gli orsi polari hanno vinto la loro battaglia. Se il rischio di estinzione ancora non è stato completamente eliminato, almeno ora potranno godere di un’area molto vasta dove poter vivere e riprodursi senza che nè l’uomo nè le sue attività potranno ostacolarlo.

A deciderlo è stata l’Amministrazione del Presidente Barack Obama, la quale ha stabilito che un’area di 520 mila chilometri quadrati in Alaska (più grande dell’Italia ed un terzo della terra dello Stato che la ospita) sia destinata all’orso polare, e nessuno potrà entrarvi, se non per rilevazioni scientifiche. L’orso polare, simbolo degli animali in via d’estinzione insieme al panda, è entrato nella lista delle specie minacciate solo nel 2008, dopo che numerose polemiche e rivolte degli ambientalisti hanno costretto l’amministrazione Bush, dopo anni di sfruttamento proprio del territorio del Nord America, ad ammettere che si tratta di una specie a rischio.

Aumento del livello delle acque, secondo la Nasa arriverà a 7 metri entro il 2100

james_hansen nasa

Alcuni studiosi dicono che, alla fine del secolo, se non si farà nulla per diminuire l’inquinamento, il livello delle acque in tutto il mondo salirà di mezzo metro. Secondo altri i metri saranno 3. C’è molta confusione in questo campo, visto che fare previsioni da qui ai prossimi 90 anni non è semplice. A fare un po’ di chiarezza ci pensa James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, intervistato da Repubblica.

Spiega Hansen che finora questa stima “ottimista” è stata effettuata perché:

prende in considerazione solo alcuni fattori, come la dilatazione termica dell’acqua per l’aumento della temperatura. L’elemento cruciale, la deglaciazione, non viene conteggiato per una ragione molto semplice: il modello non riesce a calcolarlo in modo affidabile e, nel dubbio, il dato viene omesso.

Lui invece l’ha calcolato, seppure in modo approssimato perché alcune variabili sono imprevedibili, ed è giunto alla conclusione che, entro il 2100, il livello delle acque potrà sollevarsi di 6-7 metri. Un disastro incalcolabile.

Usa: il Michigan elimina il 90% del mercurio emesso, gli Stati pro-ambiente diventano così 19

impianto a carbone michigan

Dopo molti anni di speranza e di attesa di questo giorno, il governo del Michigan ha finalmente completato i regolamenti per ridurre efficacemente le emissioni di mercurio dagli impianti energetici del 90% al di sotto del livello del 1999 entro il 2015. A spiegarlo è l’Associated Press, che ha reso noto che la popolazione dei Grandi Laghi può ora tirare un sospiro di sollievo.

In totale, questo significa una riduzione di 3.600 tonnellate di emissioni di mercurio all’anno. Per uno Stato che ha inquinamenti noti di mercurio in tutti gli 11.000 laghi, il mercurio non è solo un “piccolo problema”, visto che la pesca nel Michigan contribuisce ad oltre 2 miliardi di dollari per l’economia dello Stato. Ma, se il mercurio si trasforma in metilmercurio in acqua, si sposta lungo la catena alimentare fino nei pesci, i quali a loro volta diventano una minaccia per tutti coloro che li consumano. Il mercurio è responsabile, tra le altre cose, di un abbassamento de quoziente intellettivo nei bambini, così come dei problemi di vista, memoria e abilità motorie. Bambini e neonati sono particolarmente suscettibili di avvelenamento da mercurio. In quest’ottica di Welfare si dovrebbe leggere il provvedimento che dovrebbe essere preso da esempio da tutti.

Barriere coralline, un dettaglio economico da oltre 100 miliardi di euro

barriera corallina

Le barriere coralline del mondo ci permettono di risparmiare 172 miliardi dollari (115 miliardi di euro) ogni anno, ma sono sull’orlo del collasso a causa della inerzia politica. A spiegarlo è un economista-ecologista durante la conferenza Diversitas, sulla biodiversità globale, tenutasi a Cape Town, Sud Africa, nei giorni scorsi.

L’affermazione è stata fatta da Pavan Sukhdev, un economista del United Nations Environment Programme’s World Conservation Monitoring Centre di Cambridge, Gran Bretagna. Sukhdev è a capo di uno studio della Commissione europea intitolato The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB), un progetto internazionale di sensibilizzazione sui benefici economici della biodiversità.

In precedenza, era stato stimato che le barriere coralline ci facessero “guadagnare” circa 30 miliardi dollari l’anno (20 miliardi di euro) solo per attrarre i turisti, la tutela delle specie ittiche commerciali e la protezione delle coste dalle mareggiate.