
Con il termine Nimby si sintetizza l’acronimo inglese “Non In My Back Yard” ossia “Non nel mio cortile” e con tale espressione si indica un atteggiamento molto diffuso soprattutto in Italia che non vuole la costruzione di opere di interesse pubblico nei pressi della propria città. Con la sindrome Nimby si vogliono in sostanza indicare tutte quelle proteste contro la costruzione di grandi vie di comunicazione, o termovalorizzatori, o discariche, ma anche centrali elettriche perché si temono gli effetti negativi e l’inquinamento che possono da essi generare.
I Comuni non incentivano i propri cittadini a viaggiare con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi? Vediamo se cambiano idea con un sistema di incentivi. Avranno pensato questo le 150 associazioni ambientaliste e di cittadini che si sono unite ed hanno avviato ieri l’iter per la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare che preveda degli incentivi a lasciare a casa l’auto e passare ad una mobilità più sostenibile.
Come diceva una vecchia pubblicità, il futuro è adesso. Per quanto riguarda l’ecologia pare sia vero. Per realizzare le città del futuro infatti bisogna partire già oggi, visto che gli scienziati di un po’ tutto il mondo sostengono che le tecnologie per la svolta esistono già. E così mentre nelle nostre città continuiamo a respirare smog, in diverse parti del mondo stanno nascendo le cosiddette Smart City, ovvero città completamente ecologiche, alimentate dalle rinnovabili, a risparmio energetico e con tutti gli altri principi ambientali che conosciamo benissimo. Di seguito vi proponiamo l’elenco delle 8 più importanti.
Sono passati parecchi decenni dal primo Earth Day, eppure il problema principale è ancora lì in bella mostra: l’inquinamento. Solo che se negli anni ’70 sembrava un’invenzione senza senso, oggi stiamo pagando le conseguenze di quell’inazione. È questo quello che i volontari di tutto il mondo, celebrando oggi la Giornata della Terra, vogliono mettere in chiaro una volta per tutte. L’effetto serra ormai è inarrestabile proprio a causa della sottovalutazione del problema, e così non resta che tentare almeno di rallentarlo.
Da anni associazioni e cittadini chiedono di rivedere gli indicatori del benessere dei cittadini in quanto il vecchio PIL, Prodotto Interno Lordo, è ormai stato superato. Partito dal concetto “più guadagni e più sei felice”, oggi ormai non vale più dato che molto spesso abbiamo visto che la ricchezza corrisponde ad un lavoro massacrante di anche 12 ore al giorno, spesso in ambienti inquinati. Per questo economisti e non solo tentano da anni di valutare un nuovo parametro, e l’ultimo presentato è il BES ovvero il Benessere Equo e Sostenibile. Ma di cosa si tratta?
Anche un’università può essere green. L’importante è che la sua struttura sia realizzata secondo i principi della bioedilizia, sia promossa una mobilità sostenibile, acqua, rifiuti ed energia siano trattati in maniera corretta e la ricerca e la didattica comprendano quante più tematiche ecologiche possibili. Seguendo questi principi il team di ricercatori della Universitas Indonesia hanno analizzato 215 atenei mondiali, ed hanno inserito in graduatoria anche 7 italiane.
Molti Paesi in tutto il mondo da qualche anno stanno introducendo alcune tutele ambientali per salvaguardare il proprio territorio. Ma nessuno finora aveva mai inserito, all’interno della propria costituzione, il vincolo ambientale. Lo ha fatto per primo il Galles, e ad annunciarlo è stato John Griffiths, Ministro dell’Ambiente, che ha stupito tutti durante i colloqui di Doha della scorsa settimana.