Duro colpo ai balenieri: condannato per violazione dei diritti umani il Governo giapponese

baleniera giapponese

Quasi diciotto mesi fa, due attivisti anti-baleniere di Greenpeace sono stati arrestati dalla polizia giapponese per aver rubato carne di balena da una compagnia di navigazione. Ora il gruppo delle Nazioni Unite che si occupa di diritti umani ha detto che in quel caso i diritti dei Tokyo Two sono stati violati dal sistema della giustizia giapponese.

Così si sono svolti i fatti: Junichi Sato e Toru Suzuki stavano indagando per presunti casi di corruzione all’interno del programma di caccia alle balene della nazione giapponese. Il programma delle baleniere giapponesi si dice serva esclusivamente per la ricerca scientifica, per cui si riesce a farlo finanziare dai contribuenti giapponesi, alcuni informatori hanno denunciato che alcune scatole contenevano carne di balena, le quali venivano segretamente spedite dai cacciatori e poi rivendute per profitto personale.

Prestigiacomo spegne gli entusiasmi: “anche il congresso in Messico rischia di fallire”

Prestigiacomo g8

Dopo il fallimento del congresso di Copenaghen in molti, dagli osservatori internazionali agli ambientalisti, dai politici agli scienziati, hanno riposto le loro speranze nel congresso che ci sarebbe stato un anno dopo, in Messico, in cui ciò che non si era riuscito a fare in Danimarca, si sarebbe potuto completare.

Ed infatti, come spiegato anche in un recente post, già si stava cominciando a discutere dei primi obiettivi. Peccato però che mentre le super-potenze mondiali cercano un accordo, il ministro dell’Ambiente italiano, Stefania Prestigiacomo, tira il freno, ed in un meeting organizzato dall’Enel in occasione del Sustainability Day ha spiegato che secondo lei anche l’incontro del Messico rischia di fallire.

Legge sulla caccia: non la vogliono nemmeno i cacciatori, e la Prestigiacomo reagisce

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Al “colpo di mano” della legge sulla caccia, come lo ha definito lo stesso ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, finalmente ci sono delle reazioni. La prima, sorprendentemente, arriva addirittura da alcune associazioni del cacciatori, le quali non sono convinte che questa legge vada bene, perché non è allungando i tempi della caccia a tutto l’anno che si fa del bene a questo sport. Si rendono conto anche loro che lasciare libere le doppiette anche nei periodi di nidificazione è un pericolo, perché mette a rischio la sopravvivenza di certe specie, e del loro stesso giocattolo che rischia di rompersi nel giro di pochi anni.

E così, dopo diverse dichiarazioni di opposizione anche tra i banchi della maggioranza, arriva (seppur con un certo ritardo) la replica del Ministro Prestigiacomo, la quale ha intenzione di abolire questa legge ancor prima che entri in vigore. Eliminare il limite consentito per la stagione venatoria, che fino a pochi giorni fa era 1 settembre-31 gennaio, è una “deregulation” non accettabile, a cui però il Governo può ancora porre rimedio.

Le aspettative a 10 mesi dal COP16

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I buoni impegni di riduzione delle emissioni sono rimasti dove li abbiamo lasciati circa sei settimane fa: a Copenaghen. Sperando che quello che il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha definito “un essenziale primo passo” verso un accordo più giuridicamente vincolante per affrontare il problema del clima, sia corretto, attendiamo con ansia il nuovo incontro, il cosiddetto COP16, in cui si tenterà di trovare le soluzioni per evitare un aumento della temperatura che superi i 2° C.

Le aspettative sono alte, e dovranno concretizzarsi durante i colloqui che si terranno in Messico il 10 dicembre prossimo. Il capo dei negazionisti è l’ex ministro britannico e attuale Vice Presidente del Consiglio d’Europa, relatore sul clima John Prescott, che ha dichiarato al The Guardian:

Non mi importa se si tratta di ministri del governo o di ONG, se pensano che si possa ottenere un accordo giuridico firmato da tutti in Messico, io non ci credo.

Nella stessa pubblicazione il segretario nazionale del Brasile per il cambiamento climatico Suzana Kahn dice al contrario che vedremo un certo successo nel 2010, ma un accordo definitivo sarà “molto difficile”. Un fattore chiave per ottenere una misura del successo, secondo la Kahn, è che un impegno giuridicamente vincolante di riduzione delle emissioni deve essere emanato prima di tutto negli Stati Uniti, e con tagli delle emissioni reali.

E’ arrivata la svolta ecologista: gli Usa studiano il modo di ridurre le emissioni del 28% al 2020

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Si è discusso per mesi del fatto che Obama non fosse riuscito a mantenere la promessa di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di oltre il 17%, rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020. Ma non tutto è perduto. Una volta liberatosi della riforma sanitaria, la quale ormai non assorbe più tutte le sue energie, Obama ha spiegato che tali limiti sono inconsistenti, e che farà pressioni sul Senato per cercare di aumentare le riduzioni dei gas inquinanti.

Così ha deciso di dare l’esempio, facendo per primo ciò che tutto il Governo federale spera riuscirà a fare a breve, e cioè ridurre le proprie emissioni in modo molto più convinto rispetto a prima. Ecco la promessa, riportata dalla Reuters:

Il presidente Barack Obama ha detto venerdì che il Governo Usa avrebbe ridotto le sue emissioni di gas a effetto serra del 28% entro il 2020 come risultato di un ordine esecutivo che ha rilasciato per dare l’esempio per combattere il cambiamento climatico.

Ambientalisti? Peggio di Al-Qaeda

marcia ambientalisti

I funzionari governativi inglesi hanno iscritto i militanti ambientali estremisti di fianco ai gruppi dissidenti repubblicani irlandesi e ai terroristi ispirati da al-Qaeda nei documenti sulla sicurezza interna, scovati dal quotidiano The Guardian.

Gli orientamenti in materia di estremismo, prodotti dal Ministero della Giustizia, dicono che:

Il Regno Unit, come molti altri Paesi, deve affrontare una continua minaccia da parte di estremisti che credono di poter avanzare i loro obiettivi commettendo atti di terrorismo.

L’elenco è stato inviato al gruppo parlamentare, che sta riscrivendo la giurisprudenza in merito ad una serie di attivisti, tra cui gli ambientalisti. Nella lista essi vengono marchiati come “estremisti ambientali” al fianco di attivisti di estrema destra, dissidenti repubblicani irlandesi, i paramilitari lealisti e al-Qaeda.

Le 6 città che puntano ad abolire l’automobile

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Lo sviluppo della città tedesca di Friburgo è il più noto esempio di un quartiere, il Vauban, che con successo è riuscito a fare a meno delle auto. E’ un grande passo avanti che può essere irto di difficoltà e anche con una ricompensa enorme: la gente è più “amichevole”, le strade più vivibili. Sorprendentemente, ci sono decine di zone franche per le auto in tutto il mondo, ma solo poche città (stiamo parlando di comuni con più di 50.000 abitanti) che seriamente e costantemente perseguono le necessarie misure di pianificazione per abbandonare le auto, o almeno ridurne l’uso. Qui di seguito troviamo le migliori 5, ed un “bonus” finale.

1. Ginevra, Svizzera. Nei primi giorni del gennaio 2010, i membri del Consiglio della città di Ginevra hanno votato per chiudere 200 delle strade della città al traffico automobilistico. Questo è un passo enorme supportato da quasi tutti gli schieramenti politici.

2. Davis, California, USA: la città delle mountain bike. Davis è una grande città universitaria in stile Urbino, giusto per intenderci, e così il principale vantaggio riguarda la questione delle auto: sono quasi inesistenti. Le infrastrutture favoriscono le due ruote, e la città si appresta a costruire una strada principale da 1,7 milioni di biciclette, tanto da far soprannominare questa città “Bike City“. Ma non si circola solo in bicicletta. C’è anche un sistema discreto di autobus che garantisce il servizio anche a chi preferisce stare un po’ più comodo. Inoltre a Davis vige un blocco per le auto durante il periodo delle iscrizioni all’Università a causa della grande massa di persone che affluisce verso il campus.

L’accordo di Copenaghen rischia di saltare dopo solo un mese

meeting copenaghen

Appena un mese dopo che i leader del mondo hanno raggiunto un accordo provvisorio e non vincolante in occasione del vertice di Copenaghen, tale accordo sembra già a rischio di fallimento, ha spiegato il principale funzionario delle Nazioni Unite, Yvo de Boer. Di fronte ad una scadenza fissata al 31 gennaio, i principali Paesi non hanno ancora presentato i loro piani per la riduzione delle emissioni di gas serra, una delle principali disposizioni della convenzione, secondo il segretario esecutivo delle Nazioni Unite nella Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, che ha organizzato l’incontro.

Sono circa 20 (su 190) i Paesi hanno anche presentato le lettere dicendo di accettare i termini dell’accordo. E non c’è stato praticamente alcun progresso in merito, che illustra le condizioni di pagamento dei quasi 30 miliardi di dollari per il Fondo promesso a quei Paesi che dovrebbero essere più colpiti dal cambiamento climatico. Le questioni ancora irrisolte sono quanto ogni singolo Paese dovrà donare, dove i soldi andranno e chi supervisionerà il fondo.

Politica verde o no? Il primo anno di Obama alla Casa Bianca

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Obama è entrato nello Studio Ovale su un piedistallo di aspettative impossibili, che lui stesso ha contribuito a costruire durante la campagna elettorale. Ora, molti americani si lamentano perché non tutte le promesse sono state mantenute, mentre alcune sì. Mente gli States rimangono divisi sulla riforma sanitaria e le altre politiche interne, cerchiamo di capire cosa il primo presidente nero ha fatto per l’ecologia.

1. Cancellare le leggi sul clima di Bush: Obama ha dato il via al suo mandato sul fronte ambientale con il ribaltamento o la sospensione di una serie di regole dell’amministrazione Bush riguardo alle specie in via di estinzione e la conservazione. Bush aveva approvato una serie di leggi che fecero infuriare gli ambientalisti, e Obama diede un chiaro segnale che avrebbe fatto andare le cose in modo diverso.

2. Stimolo all’industria dell’energia pulita: Il disegno di legge di stimolo industriale è stata la vera grande novità, e ha rappresentato il più grande investimento nelle tecnologie pulite mai fatto da un Governo degli Stati Uniti. Sono inoltre compresi i tagli alle tasse per il miglioramento energetico, l’efficienza e le iniziative volte a stimolare la crescita dei posti di lavoro verdi.

Dall’inizio della crisi Obama ha creato oltre 60 mila posti di lavoro nell’energia pulita

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E’ passato oltre un anno da quando è stata annunciata la crisi economica, e quasi 12 mesi dalle prime mosse dei vari Governi per uscirne. Mentre l’Italia ha scoperto come unico modo per rilanciare l’economia quello dell‘avere “ottimismo” e tagliare quanto più possibile, il Reinvestment Act (la legge stimolo degli Stati Uniti) ha fatto molto di più.

Secondo una relazione del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca, è emerso che sono stati salvati o creati 2 milioni di posti di lavoro, in totale. 51.700 di questi sono dovuti a posti di lavoro nel settore dell’energia pulita, secondo USA Today.

Il giornale dice che

La Casa Bianca ha riferito mercoledì che i 5 miliardi di dollari spesi nei fondi per lo stimolo per promuovere l’energia pulita hanno creato 51.700 posti di lavoro a livello nazionale.

5 miliardi dollari sono una piccola parte del denaro stanziato per progetti di energia pulita e per la nascita di posti di lavoro, e ci sono ancora 75 miliardi di dollari già pronti per alimentare il settore.

Finanziamenti impianti fotovoltaici: a quanto ammontano?

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Come già detto per gli incentivi per auto e moto, anche per quanto riguarda il fotovoltaico il consiglio di Ecologiae è, ove possibile, di agire subito, e non aspettare il prossimo anno. Gli incentivi statali sono molto positivi quest’anno, e rispecchiano fedelmente quelli imposti già nel 2009 e nel 2008, ma questo potrebbe essere l’ultimo anno di “vacche grasse”. Dal 2011 infatti il Governo ha deciso di diminuire gradualmente gli incentivi all’installazione degli impianti fotovoltaici domestici (all’inizio si discuteva addirittura di eliminarli del tutto), e così quest’anno è l’ultimo più economico.

Ma andiamo a vedere cosa prevede una norma, modificata nel 2008, confermata nel 2009, e stando alle parole del Ministro Prestigiacomo, verrà confermata anche nel 2010, anche se il decreto dev’essere ancora emanato. Prima di tutto, il finanziamento per quanto riguarda gli impianti. Per i lavori fatturati fino al 31 dicembre 2011 la detrazione prevista è sul 36% della dichiarazione Irpef, per un importo non superiore ai 48 mila euro per ciascuna unità immobiliare. Ciò significa che se il costo di un impianto fotovoltaico non supera quella soglia, in sede di dichiarazione dei redditi ci verrà “scontato” il 36% del suo costo, facendoci pagare così meno tasse.

Il Brasile decide di ridurre le proprie emissioni del 39% entro il 2020

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Rafforzare gli impegni assunti nel COP15 all’inizio di questo mese. E’ questo ciò che il Presidente brasiliano Lula ha deciso tramite un decreto legge che richiede alla sua nazione di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 39% entro il 2020. Nonostante l’azione coraggiosa fatta dal Brasile per ridurre le emissioni, che è tra le più ambiziose, tre importanti disposizioni del progetto di legge non hanno fatto piacere ai gruppi ambientalisti. Ma a differenza dei risultati del COP15, la nuova legge brasiliana offre un esempio da seguire per le altre nazioni.

Il disegno di legge, che è stato approvato dal Senato, conteneva regole rigorose in materia di industrie per garantire la riduzione delle emissioni entro l’obiettivo, ivi compreso l’obbligo che i combustibili fossili fossero gradualmente abbandonati, sostituiti da altre fonti di energia. Nel firmare il disegno di legge in legge, Lula ha posto il veto su tre delle disposizioni più avanzate al suo interno, una delle quali era la graduale eliminazione dei combustibili fossili.

Francia: bocciata la carbon-tax

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I sogni di Nicolas Sarkozy di mettere la Francia in prima linea nella lotta contro il riscaldamento globale oggi potrebbero essere spazzati via, dopo che la sua tassa sul carbonio, la cosiddetta “carbon-tax“, che avrebbe dovuto abbattere l’inquinamento, è stata dichiarata incostituzionale due giorni prima dalla sua entrata in vigore.

In un colpo inaspettato e imbarazzante, il giudice incaricato di assicurare la validità della legislazione francese ha respinto la riforma come inefficace e ingiusta. Piuttosto che una misura rivoluzionaria, come Sarkozy aveva promesso, il giudice ha dichiarato che la tassa avrebbe lasciato fuori molti inquinatori industriali, pur ponendo un onere eccessivamente pesante per le famiglie.

Il gran numero di esenzioni dall’imposta del carbonio è in contrasto con l’obiettivo di combattere i cambiamenti climatici, e viola l’uguaglianza di cui godono tutti in termini di spese pubbliche

ha giustificato la sua decisione il Consiglio costituzionale nella sentenza. La tassa avrebbe riguardato due terzi dei cittadini francesi.

Soros propone un meccanismo economico infallibile per garantire i fondi ai Paesi poveri

soros

Il miliardario George Soros ha proposto un modo per liberare fondi per aiutare i Paesi in sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Egli propone che i Paesi sviluppati prestino il denaro ricevuto in diritti speciali di prelievo (DSP), dal Fondo monetario internazionale (FMI) nel mese di settembre, da far restituire al Fondo di modo che possa essere distribuito per i progetti nei Paesi poveri.

Il mondo sviluppato ha ricevuto più di 150 miliardi dollari, ma in realtà non hanno alcun modo per utilizzarli tutti

ha spiegato Soros alla CNN. Il magnate ha affermato che il premio potrebbe essere distribuito attraverso il Fondo monetario internazionale, tramite un “Fondo Verde“, che investirebbe in progetti volti a ridurre le emissioni di carbonio.