I mutamenti climatici spostano le precipitazioni verso Nord

di Redazione Commenta

temporale

Scioglimento dei ghiacci, inaridimento del terreno, aumento delle temperature, innalzamento del livello del mare. Conosciamo tutti le tante conseguenze dell’innalzamento delle temperature, ma oggi a queste se ne aggiunge una nuova: lo spostamento delle precipitazioni.

Uno studio condotto da Julian Sachs e da ricercatori dell’università di Washington, a Seattle, ha rilevato che normalmente i temporali si spostano verso Nord di 3 km l’anno, ma con il riscaldamento globale questo trasferimento avviene in maniera più veloce. Si spiegherebbe così perché molte zone tropicali ed equatoriali restano sempre più “a secco” nel vero senso della parola.

La ricerca è stata effettuata analizzando i dati delle precipitazioni tra il 1400 ed il 1850 in 5 isole dell’Oceano Pacifico. In particolare si è calcolato il quantitativo di acqua dolce presente in quelle terre che, non potendo contare sui monti, si rifornivano di acqua esclusivamente attraverso la pioggia. Secondo queste rilevazioni i ricercatori hanno potuto stabilire che tre secoli fa il fronte tropicale fosse in corrispondenza dell’equatore, ed il fatto che oggi questi due siano separati è dovuto al cambiamento delle precipitazioni.

Un esempio piuttosto evidente è l’isola di Teraina, della Repubblica di Kiribati, una delle isole tropicali più a Sud. Essa fino a qualche secolo fa risultava arida, oggi riceve 2,9 metri di acqua all’anno. Questo è dovuto allo spostamento delle precipitazioni che hanno lasciato le isole Galapagos, una volta terra umida, per andare verso Nord, dov’erano presenti queste isole, facendo diventare le Galapagos a loro volta terra arida.

Secondo i calcoli fatti dai ricercatori, le persone che vivono grazie alle sole precipitazioni sono circa un miliardo in quelle zone. Se venissero a mancare le precipitazioni, sia a causa dei questo spostamento che per il riscaldamento globale, si potrebbe parlare di una vera e propria tragedia. Secondo Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Europa non è esente da questo fenomeno, dato che il famoso Anticiclone delle Azzorre, una delle correnti che colpiscono il nostro Continente, già sta mostrando da anni questi comportamenti variabili.

La ricerca è stata pubblicata su Nature Geoscience.

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