Petrolchimico di Brindisi, gli inquinatori non pagano, ci pensa lo stato

di Redazione Commenta

brindisiSi torna a parlare della situazione a dir poco scandalosa del Petrolchimico di Brindisi, in riferimento alla discarica illecita di Micorosa, dove nel corso degli anni sono stati tombati fanghi tossici con inquinati di vario genere. Le vie legali riportano il problema allo stato: gli inquinatori, Syndial e Versalis spa in primis, controllate Eni, non pagheranno. Ci penserà lo stato, e quindi anche i cittadini, attraverso le tasse.

Formule legali ed errori burocratici sono alla base del nuovo “pasticcio” di Brindisi. Si stimano 1,5 milioni di metri cubi di inquinanti tra cui arsenico e cloruro di vinile nella discarica illegale di Mecorosa. L’area densa di fanghi tossici del petrolchimico di Brindisi doveva essere sottoposta a bonifica con soldi (non pochi) a carico delle aziende inquinanti, e invece nulla. La bonifica si farà ma con i soldi pubblici.

Il Tar di Lecce nel 2013 aveva deciso che il soggetto obbligato a effettuare la pulizia dell’area era Micorosa Srl. A tale società (ora fallita) venne ceduta la zona della discarica, ma in seguito a un’inchiesta della procura di Brindisi si è cercato di annullare la cessione “poiché cela l’intento di eludere l’applicazione delle norme ambientali”.

Di conseguenza il Tar è intervenuto nuovamente e ha decretato la sussistenza di responsabilità da parte delle imprese coinvolte. Poi arrivano i ricorsi di Syndial e di Versalis, che vengono nuovamente accolti, in questo caso perché a ordinare la bonifica dell’area, come da legge, doveva essere il ministero dell’Ambiente e non la provincia.

Et voilà, il gioco è fatto: sollevata la fondata obiezione burocratica, le aziende inquinatrici la scampano. Ora toccherà allo stato italiano con risorse pubbliche (e quindi anche a con i soldi dei contribuenti) farsi carico del risanamento dell’immensa discarica tossica del petrolchimico: gli inquinatori, in Italia, l’hanno fatta franca un’altra volta.

Photo credits | Domenico Kiuz su Flickr

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