La Puglia si ribella al Governo e pone il tetto per l’inquinamento

di Redazione Commenta

Se non ci pensa lo Stato ci pensano le Regioni. Sfruttando la nuova autonomia di legiferare sull’ambiente, assegnata alle Regioni italiane, il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha deciso che non è più il tempo di aspettare che il Governo decida cosa fare in tema ambientale, ma preferisce agire, decretando un tetto per l’inquinamento che nessuna azienda pugliese potrà più superare.

Naturalmente subito sono sorte polemiche da parte del Governo. Per bocca della ministra Prestigiacomo (che dovrebbe essere Ministro dell’Ambiente), il Governo fa sapere che non c’è bisogno che la Puglia adotti una politica così rigida per fermare l’inquinamento, dato che fino al 2012 c’è tempo per trovare una soluzione.

La solita tattica attendista non è piaciuta a Vendola, che ha comunque agito non in maniera scriteriata, ma adottando un accordo preso da 16 Paesi dell’Unione Europea, il Protocollo di Aarhus, già in vigore dal 2004 che la nostra Italia aveva completamente ignorato, facendo in modo che nemmeno tramite i media nazionali se ne sapesse nulla. I parametri adottati dalla Regione Puglia saranno, per gli impianti in esercizio, un limite a 2,5 nanogrammi a metro cubo di policlorodibenzodiossina e policlorodibenzofurani dal prossimo mese di aprile fino ad arrivare a 0,4 al 31 dicembre 2010. I limiti previsti dalla legge nazionale sono attualmente di 10 nanogrammi a metro cubo, praticamente il quadruplo, i quali hanno permesso alla nostra nazione di “vantare” uno dei tassi di inquinamento più alti d’Europa.

L’obiettivo del Governo era salvaguardare i posti di lavoro dell’Ilva di Taranto, una delle aziende che sorreggono l’economia pugliese, ma anche tra le più inquinanti al mondo. Secondo l’on. Prestigiacomo con questi provvedimenti l’Ilva sarà costretta a chiudere nel giro di 4 mesi, lasciando senza lavoro centinaia di famiglie, dato che i dati dell’inquinamento dell’azienda tarantina parlavano di circa il doppio delle emissioni consentite. Se la legge dovesse passare, l’azienda avrà due mesi di tempo per mettersi in regola, in caso contrario potrebbe esserci una sospensione dell’attività e alla fine anche una cessazione. Una soluzione politica alla fine probabilmente ci sarà, ma la cosa più importante è che in questo modo i pugliesi, ed in particolare i cittadini di Taranto, potranno ritornare a respirare.

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