Radar passivi ed ecocompatibili, l’innovazione arriva da Pisa

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radarRadar passivi ed ecocompatibili, arriva da Pisa l’interessante, a dir poco, innovazione: come è noto l’emissione di onde elettromagnetiche comporta infatti dei rischi per l’ecosistema marino, ma con questa nuova tipologia di radar il rispetto ecologico sembrerebbe assicurato.

Il problema dell’inquinamento delle onde dei radar, che causano problemi agli ecosistemi e soprattutto a determinati elementi della fauna marina, potrebbe conoscere una svolta grazie all’avanguardistico lavoro degli scienziati del Laboratorio Radar dell’Università di Pisa in collaborazione con il Laboratorio Nazionale Radar e Sistemi di Sorveglianza e il Consorzio Nazionale interuniversitario per le Telecomunicazioni.

In cosa consistono queste nuove tipologie di radar passivi? Il professor Fabrizio Berizzi ha di recente spiegato:

La totale assenza di emissioni radio che caratterizzano la famiglia dei radar passivi dà la possibilità di realizzare un sistema integrato per il monitoraggio del territorio estremamente compatibile con l’ambiente. Il principio base è infatti quello di riutilizzare le onde radio già presenti per altri scopi e riciclarle al fine di realizzare la funzionalità radar.

E non si parla di un genere di radar utilizzabile solo in casi particolari, ma di un dispositivo in grado di assolvere alle funzioni di un radar normale, capace di offrire monitoraggio costante di giorno, di notte e in qualunque condizione meteo, riutilizzando i segnali DVB-T, DVB-S e 3G-UMTS, ovvero quelli del digitale terrestre, di cellulari e smartphone, e di Tv via satellite.

Resta da capire se è plausibile che questi nuovi radar ecocompatibili possano diffondersi, e su questo punto ci sono ottime speranze, specie se se ne considera il costo. Come ha spiegato Amerigo Capria del Cnit, “i costi finali del nostro dimostratore non raggiungono i 4.000 euro al contrario dei sistemi radar classici i cui costi vanno normalmente dalle centinaia di migliaia di euro fino ad alcuni milioni”.

Photo credits | Gisela Giardino su Flickr

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