Nucleare, Greenpeace versus Veronesi: sulla sicurezza è guerra aperta

di Redazione 5

Di chiaro nel ritorno al nucleare italiano c’è l’incertezza. La scarsa, per non dire nulla, trasparenza sui siti di localizzazione delle scorie e delle centrali, l’inesistente campagna di informazione (e non di propaganda!) volta a rispondere ai mille leciti dubbi dei cittadini. Una svolta energetica di questo tipo, è assodato, non può e non dovrebbe avvenire in un simile clima di tensione, senza la serenità e la maturità necessarie ad un passo cruciale per la vita del Paese, che dovrebbe procedere di concerto con le Regioni, con l’opinione pubblica, con l’opposizione. Altrimenti non sarà l’Italia a tornare al nucleare, quanto il Governo ad avvalersi dell’appellativo di atomico, con le sue scelte pesanti come bombe che scatenano altrettante reazioni dal mondo che fa opinione oggi nel nostro Paese.

A questo proposito oggi vogliamo tornare sull’argomento, tanto controverso, della presidenza dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare all’oncologo di fama internazionale, nonché senatore PD, Umberto Veronesi. Un incarico che ormai sembra scontato gli appartenga ma che solleva molti dubbi e perplessità.

L’associazione ambientalista Greenpeace Italia esprime le sue remore a riguardo nelle parole del direttore esecutivo, Giuseppe Onufrio che in una nota si dichiara fermamente convinto dell’inadeguatezza per Veronesi dell’adempiere a questo compito:

Se Veronesi pensa che i nuovi reattori sono sicurissimi dovrebbe spiegarlo alle Agenzie di sicurezza nucleare di Usa, Finlandia, Regno Unito e Francia che non hanno ancora dato il via libera all’EPR proprio perché i sistemi di emergenza non rispettano fondamentali principi di sicurezza nucleare. Se Umberto Veronesi vuole fare il promotore del nucleare facendo affermazioni fideistiche di questo genere non dovrebbe condurre l’autorità di sicurezza e controllo. Va a fare un mestiere per il quale non è competente, (chi affiderebbe un centro tumori a un esperto di sicurezza nucleare?) e inoltre fa affermazioni ampiamente sconfessate dalla realtà.

E a proposito di affermazioni sconfessate dalla realtà, proprio Veronesi ieri, a Milano, nell’ambito della presentazione della seconda Conferenza mondiale del  movimento di cui è fondatore  Science for peace (università Bocconi, 18-19 novembre), ha dichiarato

Portando il nucleare in Italia vogliamo essere i continuatori dell’opera di Fermi: il suo obiettivo era un’energia della pace, non della guerra.

E ancora:

Le scorie nucleari non sono nocive e non hanno mai causato morti. L’idea che il nucleare possa aumentare il rischio di cancro è infondata: non c’è combustione, non ci sono emissioni, non c’è diffusione di cancerogeni. L’unico rischio per la salute può derivare dal rischio di incidente agli impianti, un evento oggi assolutamente improbabile.

Jeremy Rifkin, premio Nobel per l’economia, sui rischi del nucleare, tempo fa:

Il problema col nucleare è che si tratta di un’energia con basse probabilità di incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi mai niente di brutto, ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe. Come Chernobyl.

Anche la scienza, come la politica, combatte le sue guerre e guai se così non fosse. Tuttavia il connubio tra politica e scienza, in questo caso, questo strano ibrido che è il ritorno al nucleare italiano, non rassicura affatto. Bipartisan.

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