Fino al prossimo 10 settembre lo stato americano delle Hawaii ospita il Congresso Mondiale sulla Conservazione organizzato dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC, International Union for the Conservation of Nature). Filo conduttore dell’evento è ovviamente il tema della conservazione delle specie animali e vegetali nel sempre più complesso contesto planetario. A marcare l’importanza del congresso di quest’anno è anche lo slogan scelto dagli organizzatoti: «Planet at the crossroads» che potremmo tradurre abbastanza fedelmente come «il pianeta ad un bivio». Dopo gli accordi raggiunti alla COP21 di Parigi sono ormai in molti ad attendersi interventi sostanziali a tutela degli equilibri della Terra in mancanza dei quali gli effetti del riscaldamento globale potrebbero rapidamente moltiplicarsi.
oceani
Riscaldamento globale, clima ed emissioni; allarmanti i dati NOAA sul 2015
Solo alcuni giorni fa avevamo riportato i dati aggiornati della NASA che vedono il primo semestre del 2016 come il più caldo mai registrato da quando si effettuano misurazioni sistematiche. Sempre dati GISS/NASA considerano il 2015 come l’anno più caldo a partire dal 1880 ovvero da quando sono disponibili rilevazioni consistenti. A breve distanza arrivano ora i dati di un’altra agenzia federale statunitense. La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ha infatti pubblicato il rapporto State of the Climate 2015 da cui emerge un quadro decisamente allarmante non solo quanto concerne il riscaldamento globale ma anche per i suoi effetti sui mari, sui ghiacciai e sul clima. Sullo sfondo l’irrisolto problema delle emissioni inquinanti che sempre nel 2015 hanno raggiunto nuovi picchi.
Rinnovabili, in Alaska il Sealife Center usa l’acqua del mare per il riscaldamento
Al mare ed ai suoi complessi fenomeni cinetici, chimici e termici si è sempre guardato con straordinario interesse nell’ambito delle energie rinnovabili. Sono molteplici i principi tecnici che permettono l’impiego dell’energia marina utilizzando i natali movimenti delle acque o sfruttandone le proprietà chimiche e fisiche. Una innovativa soluzione che permette di utilizzare le acque marine come vettore termico per il riscaldamento degli ambienti è stata presentata dall’Alaska SeaLife Center (ASLC), grande acquario che sorge nella città di Seward in Alaska e che come istituto di ricerca porta avanti anche numerosi progetti scientifici sull’ambiente marino.
Ambiente, oceani troppo caldi a acidi per pesci tropicali
Qualche giorno fa la pubblicazione del nuovo sistema di controllo della salute degli oceani conferiva un punteggio di 60 su 100 alle acque che circondano l’Italia, così come agli altri grandi oceani mondali; punteggio “sufficiente” a cui vanno aggiunte le precarie condizioni dei pesci tropicali che, non tollerando le calde temperature delle acque aumentate a seguito del surriscaldamento globale, sono costretti ad emigrare più a Nord. Il dato è confermato da un nuovo studio australiano che ha preso in esame l’impatto dei cambiamenti climatici sui tre oceani che circondano l’Australia.
Salute degli oceani, un nuovo indice misura 60 su 100
La salute degli oceani è stata misurata attraverso un nuovo indice, l’Ocean Health Index, e i risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature. Le condizioni generali degli oceani del pianeta sono sufficienti: 60 su 100 secondo il nuovo indice. L’italia in perfetta linea con la media, 60 su 100 anche per la penisola.
Inquinamento mari e oceani, responsabili i tessuti in pile lavati in lavatrice
A mettere in allarme la salute dei nostri mari sarebbero i lavaggi in lavatrice di maglioni, sciarpe, cappellini e guanti in pile. Come? A svelarlo è una notizia apparsa sul periodico scientifico Science che ha divulgato le ricerche compiute da studiosi provenienti da ogni parte del mondo. Durante il bucato in lavatrice di un tessuto in pile si possono staccare dal capo d’abbigliamento fino a 2.000 fibre di poliestere e acrilico, tossici e dannosi per gli ecosistemi e l’ambiente marino.
Animali a rischio estinzione, negli oceani la situazione è disperata
L’International Programme on the State of the Ocean (Ipso) ha appena ultimato la sua ricerca, e prima di pubblicarla (la presentazione avverrà presso il palazzo dell’Onu tra pochi giorni), ha voluto rilasciare un’anticipazione a tutti i media internazionali. Lo studio, che si è concentrato sullo stato delle specie marine, in particolare negli oceani, ha rilevato che la situazione è peggiore di quanto era stato previsto negli ultimi anni. Nell’intervista, rilasciata alla BBC ma che ha immediatamente fatto il giro del mondo, Alex Rogers, coordinatore dei ricercatori, ha definito i risultati “traumatici”.
Fertilizzanti e plastica minacciano il Pianeta
Fertilizzanti e plastica minacciano gli oceani, mettendo a rischio la catena alimentare e la salute del Pianeta. Si tratta di due dei maggiori pericoli di cui l’umanità dovrà occuparsi, cercando di limitarne l’impatto e di scovare soluzioni valide per arginarne le conseguenze. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia ONU per l’Ambiente, UNEP Year Book 2011: Emerging Issues in our Global Environment, un’analisi che ha portato alla luce l’annoso problema dell’inquinamento da fosforo e da plastica negli oceani.
Il fosforo è usato nella produzione di fertilizzanti, utilizzati in misura massiccia per garantire una produzione agricola atta a soddisfare le esigenze nutrizionali di una popolazione mondiale in costante crescita. Negli ultimi 50 anni le concentrazioni di fosforo nelle acque sono cresciute di almeno il 75 per cento.
Oceani, realizzata la prima mappa della biodiversità marina
La rivista internazionale Nature ha pubblicato la prima mappa della biodiversità marina del CoML, il progetto Census of Marine Life, che impegna oltre 300 ricercatori provenienti da 80 nazioni. Il primo rapporto sullo studio delle forme di vita negli oceani, che va avanti da dieci anni, è atteso, molto atteso, per il prossimo ottobre a Londra.
I risultati del progetto CoML hanno finora portato al censimento di oltre 17.000 specie marine e alla scoperta di nuovi organismi, individuati negli hotpots, ossia i punti ricchi di biodiversità.
Fitoplancton eucariotico svolge ruolo decisivo nella fissazione del carbonio negli oceani
Gli scienziati dell’Università di Warwick e del National Oceanography Centre di Southampton hanno aperto la “scatola nera” del fitoplancton eucariotico e hanno scoperto che esso è responsabile della fissazione del 50% del carbonio degli oceani immagazzinato dal fitoplancton.
La fissazione del carbonio da parte del fitoplancton negli oceani svolge un ruolo chiave nel ciclo globale del carbonio, ma non è ancora del tutto chiaro. Finora i ricercatori ritenevano che fossero i cianobatteri a svolgere un ruolo fondamentale nel processo che vedeva coinvolti fitoplancton e carbonio. Ma ora gli scienziati dell’Università di Warwick e del National Oceanography Centre di Southampton hanno aperto la “scatola nera” del fitoplancton eucariotico e hanno scoperto che in realtà esso incide sulla metà della fissazione del carbonio degli oceani da fitoplancton.
Record di caldo nel mese di luglio: diminuiscono i ghiacci ed aumenta il livello del mare
Un nuovo record legato ai mutamenti climatici va registrato oggi, anche se ne avremmo fatto volentieri a meno: gli oceani della Terra sono stati i più caldi della storia durante lo scorso mese di luglio. Ad affermarlo è stato uno studio del National Oceanic Atmospheric Administration.
La temperatura superficiale del mare è stata la più calda registrata per il mese di luglio, superando il precedente record stabilito nel 1998 in base ad un’analisi del NOAA’s National Climatic Data Center in Asheville, NC. La temperatura combinata tra la superficie terrestre media e gli oceani del mese di luglio 2009 è classificata al quinto posto tra i più caldi del mondo, secondo una rilevazione che ha avuto inizio nel 1880.
L’impatto dell’uomo sugli oceani
Le attività umane danneggiano gli oceani in diversi modi, incidendo profondamente sugli equilibri degli ecosistemi, della flora e della fauna marina.
Secondo lo studio del professor Mike Kingsford dell’ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies che lavora alla James Cook University e del suo collega, Dr Andrew Brierley della St Andrews University, in Scozia:
Le emissioni di carbonio di cui è responsabile l’uomo stanno alterando i processi biologici marini sia quelli su piccola scala sia i meccanismi più vasti e complessi, con il risultato di minacciare la sicurezza alimentare e provocare profondi mutamenti e danni irreversibili.
Calce nel mare per diminuire la CO2 nell’atmosfera
Se finora il mondo non si è completamente “cotto” a causa dell’effetto serra provocato dall’inquinamento, non è perché l’uomo ha rilasciato poche emissioni, ma perché la natura, ancora una volta, ci ha salvati. Circa la metà delle emissioni di CO2 globali vengono recuperate dagli oceani ed assorbite nell’acqua, mentre un’altra grossa fetta viene assorbita dagli alberi.
Ma c’è sempre l’altro lato della medaglia. Infatti gli oceani, assorbendo CO2, aumentano la propria acidificazione, con conseguente danno ai propri ecosistemi. Dunque come fare per risolvere il problema delle emissioni e salvare al tempo stesso gli oceani? La soluzione arriva da Manchester e si chiama “Cquestrate“, e si basa sullo sversamento in acqua di 10 km cubici di calce.
Ecco le 10 tecnologie che cambieranno il nostro futuro: parte terza
Nella classifica delle tecnologie che cambieranno il nostro futuro non poteva mancare la presenza dell’Oceano. Vediamo come queste immense distese di acqua, ancora inutilizzate in gran parte, potrebbero tornarci utili.