Summit sulla biodiversità di Nagoya, il discorso di apertura di Djoghlaf Ahmed

Si sono aperti ieri a Nagoya, in Giappone, i lavori di COP10, il summit dedicato alla biodiversità che si protrarrà fino al 29 ottobre prossimo e che vede partecipi 193 Paesi uniti per studiare strategie comuni volte a tutelare la diversità biologica. Programmi condivisi nell’ottica del rispetto degli obiettivi firmati dagli Stati membri della Convenzione (Cbd) siglata diciassette anni fa, ed incentrati su tre punti cardine della conservazione della biodiversità, dell’uso sostenibile delle risorse e della divisione equa dei benefici derivanti dalle risorse genetiche.

Djoghlaf Ahmed, segretario esecutivo della convenzione sulla diversità biologica, nel corso della sessione di apertura della decima Conferenza delle Parti ha spiegato che le nazioni riunite a Nagoya rappresentano la famiglia dei popoli del mondo e che quella in corso è la più grande conferenza sulla biodiversità della storia della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica.

Biodiversità, approvata strategia nazionale

Il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, rende noto che il piano di sviluppo per la tutela della biodiversità è stato approvato nella Conferenza permanente Stato, Regioni e Province Autonome, divenendo operativo. Il ministro ha dichiarato che la strategia nazionale è un valido

Strumento per affrontare le sfide globali post 2010 per la conservazione della biodiversità.

Il documento sarà presentato nella decima Conferenza della Parti della Convenzione Internazionale sulla Biodiversità che si terrà alla fine del mese di ottobre a Nagoya, in Giappone. La strategia si inserisce in un lungo iter di procedure e impegni presi per salvaguardare e tutelare la biodiversità, a partire dal 1992 con la ratifica della Convenzione sulla Diversità Biologica di Rio de Janeiro. Sono tre le tematiche principali su cui è articolato il teso: la biodiversità e i servizi ecosistemici, la biodiversità e i cambiamenti climatici, la biodiversità e le politiche economiche.

Biodiversità, una spesa di oltre 50 miliardi di euro all’anno

Questo è il costo che noi europei paghiamo ogni anno per la perdita di specie animali e vegetali, estinte a causa dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Il monito arriva dall’Europa dopo l’esito del vertice di Copenaghen dello scorso dicembre e rilancia la biodiversità e la difesa del patrimonio ambientale perché, come ha dichiarato il tedesco Jo Leinen,Presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento

Se non fermiamo la perdita di biodiversità rischiamo di mordere la mano che ci nutre. L’ Europa deve guidare la lotta per la protezione della biodiversità alla conferenza Onu di Nagoya.

Acidificazione degli oceani mette a rischio i molluschi

L’acidificazione degli oceani potrebbe causare un declino su scala globale dei molluschi. A supporlo un recente studio effettuato da due scienzati della Stony Brook University, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, PNAS.
Stando a quanto affermano i due studiosi, a causa dei livelli crescenti di anidride carbonica (CO2), potrebbe verificarsi una diminuzione globale di vongole, capesante e altri frutti di mare, andando ad interferire con lo sviluppo delle larve dei crostacei.

Il professor Christopher J. Gobler e Stefano C. Talmage della School of Marine and Atmospheric Sciences della Stony Brook hanno condotto degli esperimenti per valutare l’impatto, presente, passato, e futuro, dell’acidificazione degli oceani sulle larve di due crostacei: il mollusco duro (Quahog del Nord), e il canestrello dell’Atlantico. La capacità di entrambi di produrre gusci dipende in parte dal pH delle acque oceaniche. Studi precedenti hanno mostrato che gli incrementi nei livelli di CO2 nell’atmosfera possono abbassare il livello di pH degli oceani, rendendolo più acido.

Biodiversità: a salvarla potrebbe essere la matematica

Un modello matematico che fornisce una base più efficace per la conservazione della biodiversità in strutture già esistenti è stato sviluppato da un ricercatore dell’Università Ebraica di Gerusalemme. La complessità dei sistemi ecologici, espressi nella grande variazione della morfologia, fisiologia e del comportamento degli individui di diverse specie, stessa specie, o anche dello stesso individuo in ambienti diversi, rendono la comprensione dei meccanismi che riguardano la diversità delle comunità ecologiche estremamente difficile.

Di conseguenza, la maggior parte delle teorie sulla biodiversità sono limitate ad un singolo meccanismo, o si affidano ad ipotesi molto semplificate e a volte irrealistiche. Così, dopo più di un secolo di intensa ricerca sulla diversità delle specie, il mondo non ha ancora una solida base teorica che può efficacemente guidare i decisori politici. Almeno fino ad oggi.

Rinoceronti, bracconaggio +2000% in tre anni

I rinoceronti sono da anni tra le specie più in pericolo di estinzione al mondo, ma grazie alla nuova apparecchiatura ad alta tecnologia utilizzata dai bracconieri, dagli elicotteri con visione notturna a pistole ai dardi con silenziatore, il fenomeno del bracconaggio è salito alle stelle dal 2008. Il 2010 è stato l’anno peggiore. La criminalità organizzata si dà da fare per soddisfare la domanda dai mercati asiatici, dove le corna possono essere vendute per 30.000 dollari a libbra, e ogni corno ha un peso compreso tra 6,3-8,1 libbre (2-3 kg). Ovviamente questo si aggiunge ad una già grave crisi per i rinoceronti africani.

Secondo Live Science, la caccia di frodo in Africa equivale a perdere un rinoceronte ogni 2 giorni. Il rinoceronte bianco, che è uno dei più a rischio, conta solo 17.500 individui, mentre il rinoceronte nero, considerato in “pericolo critico” ne conta solo 4.000 allo stato brado.

Fiumi a rischio inquinamento e sfruttamento intensivo

I fiumi sono a rischio e soffrono, è questo l’allarme lanciato da un gruppo di ricercatori del City College di New York. La salute dei fiumi è minacciata dall’inquinamento e dal fatto che sono sfruttati intensamente. L’80% della popolazione mondiale vive presso corsi d’acqua di piccola o grande ampiezza e li ha trasformati in base alle sue esigenze: dighe, pompe per l’agricoltura, inquinamento delle acque e inserimento di specie invasive per ripopolare la fauna acquatica.

L’acqua dei fiumi è la nostra risorsa più preziosa, indispensabile per la vita di esseri umani, di animali e di piante, dell’intero ecosistema terrestre, ricordano gli studiosi americani, ma il loro stato di salute è minacciato dall’uomo, dai circa 5 miliardi di persone che sfruttano le loro acque, mettendo a rischio il 65% degli habitat fluviali del mondo e la sopravvivenza di migliaia di specie animali ed acquatiche.

Una pianta su 5 è a rischio estinzione

Nell’anno della biodiversità, l’analisi globale del rischio di estinzione per le piante del mondo, condotta dal Royal Botanic Gardens, Kew, il Natural History Museum di Londra e l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ha rivelato che le piante del mondo sono in via di estinzione come i mammiferi, e forse anche peggio.

Pare infatti che una pianta su cinque rischi di scomparire per sempre. Lo studio è un punto di riferimento importante per la conservazione delle piante ed è la prima volta che la minaccia concreta viene stimata sulle 380 mila specie di piante note. I risultati saranno presentati ai governi che si riuniranno a Nagoya, in Giappone, a metà ottobre per stabilire nuovi obiettivi nel vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità.

Baby megattera, una nascita in diretta in Madagascar

Sotto gli occhi stupiti di un gruppo di turisti in vacanza all’isola dei pirati, nel largo di Sainte Marie, in Madagascar è nato un piccolo di megattera. La nascita ha lasciato tutti col fiato sospeso e ha dato testimonianza, l’unica documentata, di una nascita in diretta di un balenottero.

A filmare il lieto evento è stata una ricercatrice venezuelana, Maria Faria, biologa esperta nelle specie marine a rischio estinzione che ora ha dato il nome al piccolo di balena, Marie. La biologa era in Madagascar per verificare le condizioni delle balene al largo della costa orientale dell’Africa, come ecovolontaria dell’Associazione CétaMada, per la protezione dei mammiferi marini nel Madagascar.

Caccia, via ufficiale alla stagione venatoria 2010-2011, tra nuove norme, proteste e divieti arbitrari

Domenica 19 settembre 2010: si apre in via ufficiale la stagione venatoria 2010-2011. Torna la caccia, e tornano i cacciatori e i cacciati, aleggia il rischio di incidenti, infuriano le polemiche, le associazioni animaliste scendono in piazza con manifestazioni di protesta e lo scenario si ripete, come ogni anno, senza colpi di scena se non gli spari stessi che riecheggiano nei boschi, fuori e dentro i confini del lecito che quest’anno appaiono più confusi del solito.

Qualche novità qui e là, a gettare ancora maggiore confusione nel caos legislativo sulla materia, che ha diviso il Parlamento e spaccato in due l’opinione pubblica. I cacciatori potranno aprire il fuoco sugli animali ed ucciderli per il gusto di farlo per tre giorni alla settimana fino al 31 gennaio prossimo, esclusi il martedì ed il venerdì, perché si sa, dare alle vittime la possibilità di stramazzare al suolo a giorni alterni è cosa buona e giusta.

Inquinamento luminoso, “spegnete quelle luci!” gridarono gli uccelli

In un mondo sempre più urbanizzato, le luci, che in molti luoghi sono sempre accese, rappresenterebbero un potenziale fattore di rischio per l’accoppiamento di alcune specie di uccelli.
E’ quanto afferma un recente studio effettuato dall’équipe di ricercatori del Max Planck Institute for Ornithology, in Germania, coordinato da Bart Kempenaers e pubblicato dalla rivista di divulgazione scientifica Current Biology.

Come hanno spiegato gli stessi autori, rispetto agli effetti negativi degli agenti chimici ed alle conseguenze rumorose dell’inquinamento acustico, i danni dell’inquinamento luminoso sono più impercettibili e forse non hanno ricevuto l’attenzione che meritano.

I nostri risultati mostrano chiaramente che l’inquinamento luminoso influenza i tempi di comportamento riproduttivo, con conseguenze ancora non determinate per le popolazioni di uccelli.

Un terzo delle tartarughe d’acqua dolce rischia l’estinzione

Conservation International ha rilasciato un nuovo rapporto che definisce un futuro tetro per le tartarughe d’acqua dolce del mondo: almeno un terzo delle 280 specie conosciute attualmente rischia l’estinzione. I problemi alla base di questa tragedia non sono solo i soliti (caccia e la perdita di habitat), ma a queste si aggiunge anche un commercio per questi animali domestici che va al di fuori di ogni regola. Ma c’è anche una buona notizia: il rapido declino può ancora essere invertito se si prendono provvedimenti.

Come molte altre specie minacciate in Asia, molte tartarughe ora in via di estinzione sono valutate per le loro presunte proprietà medicinali. Il mercato che riguarda queste specie è di fatto cresciuto così tanto che alcune aziende agricole sono state create per contribuire a soddisfare la domanda dell’industria farmaceutica. Ma i numeri continuano a scendere per i problemi prima esposti.