L’isola di New Moore, contesa tra India e Bangladesh, è stata sommersa dal mare

new moore island sommersa dal marePer quasi 30 anni, l’India e il Bangladesh hanno litigato per aggiudicarsi il controllo di una piccola isola rocciosa, New Moore, situata nella Baia del Bengala. Ora, l’innalzamento del livello del mare ha risolto la controversia: l’isola è scomparsa, assorbita dalle acque.

L’isola New Moore, nel Sunderbans, è stata infatti completamente sommersa, ha annunciato l’oceanografo Sugata Hazra, docente alla Jadavpur University di Calcutta. La sua scomparsa è stata confermata da immagini satellitari.

“Quello che questi due Paesi non sono riusciti a fare in anni di trattative, è stato risolto repentinamente dal riscaldamento globale”, ha proseguito Hazra.

Gli scienziati della Scuola di studi oceanografici dell’università indiana hanno notato un allarmante incremento del tasso con il quale i livelli del mare sono aumentati negli ultimi dieci anni nella Baia del Bengala.

Il rilascio di Co2 dal suolo aumenta con l’alta temperatura

respirazione del suolo CO2Venti anni di studi sul campo sono serviti ad un gruppo di scienzati per dimostrare che, con la Terra più calda, le piante ed i microbi presenti nel suolo hanno rilasciato una maggior quantità di anidride carbonica. Dal 1989 ad oggi, si stima che il suolo abbia aumentato ogni anno dell’1% la quantità di Co2 liberata. I dati sono riportati in un’analisi su studi precedenti pubblicata dalla rivista Nature.

Gli scienziati hanno anche calcolato che la quantità totale di anidride carbonica derivante dal suolo è oggi di circa il 10-15 per cento superiore a quella delle misurazioni precedenti. Questo numero – circa 98 miliardi di tonnellate l’anno- aiuterà gli scienziati a costruire un modello d’insieme di come il carbonio, nelle sue molteplici forme, compia il suo ciclo sulla terra.

Shampoo anti-Co2, aminosiliconi del balsamo purificano aria

amino silicone anti-co2Si tratta di parenti degli ingredienti che si usano comunemente in shampoo e balsamo, nuovi composti che, a detta degli scienzati, sembrerebbero essere i prodotti a lungo agognati per combattere il riscaldamento globale. Se ne è parlato al 239esimo National Meeting of the American Chemical Society (ACS), che si sta svolgendo in questi giorni a San Francisco.

Il chimico Robert Perry (nella foto in homepage) insieme ad un’équipe di colleghi dell’ACS avrebbe individuato degli amino siliconi in grado di catturare l’anidride carbonica. Secondo Perry, questo nuovo materiale ha la potenzialità di rimuovere il 90 per cento di CO2 dei gas di combustione.

Il satellite dimostra come l’inquinamento cinese viene sparso in tutto il mondo

inquinamento cinese

La crescita economica in gran parte dell’Asia è dotata di un effetto collaterale preoccupante: le sostanze inquinanti provenienti dalla regione sono “spruzzate” fino alla stratosfera durante la stagione dei monsoni. La nuova scoperta, effettuata in uno studio condotto dagli scienziati del National Center for Atmospheric Research, fornisce ulteriori prove della natura globale dell’inquinamento atmosferico e dei suoi effetti ben al di sopra della superficie terrestre.

Lo studio è stato pubblicato su Science Express. Per mezzo di osservazioni satellitari e modelli di computer, il gruppo di ricerca ha stabilito che gli schemi di circolazione estiva associati con il monsone asiatico rapidamente trasportano verso l’alto l’aria inquinata dalla superficie della Terra. Tali movimenti verticali creano un percorso di carbonio nero, anidride solforosa, ossidi di azoto e altri inquinanti che salgono nella stratosfera, a circa 20-25 miglia (30-40 km) sopra la superficie della Terra.

La deforestazione cala, ma ancora molto resta da fare

deforestazione

Nella giornata di ieri la Fao (Food and Agricolture Organization) ha presentato al mondo il suo rapporto sullo stato di salute delle foreste, il quale a primo impatto sembra incoraggiante. Pare infatti che nel periodo che va dal 2000 al 2010 il tasso di deforestazione sia calato per la prima volta nella storia. Si è infatti passati da un taglio di 16 milioni di ettari all’anno negli anni ’90, a “solo”, si fa per dire, 13 milioni all’anno negli ultimi 10 anni.

Il calo di 3 milioni di ettari non è di certo poco, ma pensare che ancora ogni anno sparisca una quantità di alberi talmente vasta quanto l’intero territorio della Grecia rimane un dato preoccupante. Secondo l’organizzazione internazionale, a rimarcare più di tutti questo scempio è l’America del Sud, dove avviene un terzo di questo taglio, seguita dall’Africa e dall’Oceania, dove però l’uomo c’entra marginalmente. In queste terre infatti sono circa 10 anni che la Natura sembra essersi ribellata e ha inviato una siccità ininterrotta che ha inaridito il terreno e favorito gli incendi, responsabili di gran parte di questo tasso di deforestazione.

L’esposizione ai gas del diesel fa male ai bambini sin dalla gravidanza

camion diesel

Ridurre le emissioni di carbonio è estremamente importante, ma non deve far dimenticare altri importanti obiettivi come, primo fra tutti, il miglioramento della qualità dell’aria. Un nuovo studio intitolato “L’esposizione in utero ad una bassa concentrazione di gas di scarico diesel interessa l’attività locomotoria spontanea ed il sistema monoaminergico nei topi maschi” pubblicato in Particle and Fibre Toxicology ha studiato l’impatto dell’inquinamento diesel sulla salute sui topi. I ricercatori hanno osservato alcuni effetti preoccupanti (insieme a quelli che già conoscevamo, come i problemi respiratori e cardiovascolari).

Dallo studio si legge che:

E’ stato riportato che l’esposizione neonatale e tra gli adulti ai danni dello scarico diesel, induce alterazioni comportamentali nel sistema nervoso centrale. Recentemente, ci siamo concentrati sugli effetti dell’esposizione prenatale ai gas di scarico diesel sul sistema nervoso centrale. In questo studio, abbiamo esaminato gli effetti dell’esposizione prenatale alla bassa concentrazione dello scarico dei motori diesel sul comportamento e il sistema monoaminergico neuronale.

Hanno dunque esaminato casualmente dei maschi neonati le cui madri erano state esposte ad uno scarico di motori diesel o aria filtrata durante la gravidanza, e fatto osservazioni a intervalli di 10 minuti per la durata di 3 giorni.

Cambiamenti climatici, dagli Usa nuovi modelli di previsione

modelli di previsione dei cambiamenti climaticiLa National Science Foundation (NSF) e gli U.S. Departments of Energy and Agriculture, hanno annunciato il 22 marzo scorso il lancio di un programma di ricerca congiunto per la produzione di modelli ad alta risoluzione per la previsione dei cambiamenti climatici e dei relativi impatti che ne derivano. Un progetto ambizioso, finanziato dalle agenzie con circa 50 milioni di dollari.

Il programma in questione, denominato Decadal and Regional Climate Prediction Using Earth System Models (EaSM), è progettato per generare modelli che, in modo molto più efficace rispetto ai modelli esistenti, possono aiutare a sviluppare strategie di adattamento per affrontare il cambiamento climatico. Questi modelli saranno sviluppati attraverso l’analisi e l’attuazione di proposte che provverranno da più agenzie per lo studio dei cambiamenti climatici.

Città del Messico torna a respirare

città del messicoLa buona notizia: Città del Messico torna a respirare. E se ce l’ha fatta la megalopoli più inquinata al mondo, ci sono buone speranze anche per tutte le altre. Abbiamo documentato spesso, con notizie e approfondimenti, il grave inquinamento atmosferico della metropoli centroamericana. E oggi, fortunatamente, siamo qui a rendere noto un cambio di tendenza più che positivo.

Sono passati solo pochi anni da quando il Forbes posizionò Città del Messico al quinto posto tra le megalopoli più sporche del mondo, e al primo posto per quanto riguarda invece il solo Nord-America. I dati diffusi in quell’occasione fecero rabbrividire: l’aria in città era irrespirabile per l’85% dell’anno con livelli di gas d’ozono superiori agli standard per circa 300 giorni.

Il WWF dimostra come la salute delle foreste è legata alla salute umana

deforestazione

Il degrado ambientale sta causando gravi ripercussioni sulla salute dell’uomo, ma la tutela degli habitat naturali può invertire questo fenomeno e fornire ad essa dei benefici. A spiegare tutto ciò è un nuovo rapporto del WWF, che tramite Chris Elliot, direttore esecutivo del WWF, spiega che

La nostra ricerca conferma ciò che noi sappiamo istintivamente: la salute umana è indissolubilmente legata alla salute del pianeta.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che tra il 23 e il 25% del carico delle malattie globali potrebbe essere evitato con una migliore gestione delle condizioni ambientali. Il rapporto, pubblicato in occasione della prima Giornata mondiale sulle foreste del 21 marzo scorso, individua nella deforestazione la causa principale dell’impatto sulla salute umana.

8 modi “creativi” per salvare il pianeta dal riscaldamento globale

Global Warming

In questi anni vi abbiamo riferito delle varie trovate degli scienziati per tentare di arginare il fenomeno del riscaldamento globale. Alcune sono basate su dati scientifici, altre assomigliano più ad un film di fantascienza che alla realtà. Se il modo migliore è quello più noto, e cioè ridurre i consumi e puntare sulle energie rinnovabili, qualche inventore cerca (e a volte trova) il modo per far da solo.

Così il sito Mother Nature Network ha creato una sorta di elenco in cui sono presenti tutte queste idee, che anche se possono sembrare strambe, hanno il loro perché, e forse, se fossero attuate, potrebbero anche essere davvero efficaci. Le trovate dopo il salto.

Riscaldamento globale: i rifugiati climatici continuano ad aumentare

rifugiati climatici

Il cambiamento climatico e il degrado ambientale sono suscettibili di provocare l’aumento della migrazione dall’Africa sub-sahariana, con effetti potenzialmente devastanti per le centinaia di milioni di persone, soprattutto povere, che lì vivono. A spiegare questo scenario apocalittico è il rapporto pubblicato sull’International Journal of Global Warming.

I cambiamenti ambientali sono particolarmente pronunciati nell’Africa sub-sahariana (ASS), spiegano Ulrike Grote dell’Institute for Environmental Economics and World Trade, presso l’Università Leibniz di Hannover, e Koko Warner della United Nations University Institute of Environmental and Human Change di Bonn, Germania. Oggi, il degrado è un problema serio per 32 Paesi dell’Africa, e oltre trecento milioni di persone che già affrontano la scarsità d’acqua.

Gli africani si sentono i colpevoli del riscaldamento climatico

donna africana

Può sembrare assurdo, ma secondo una recente indagine, la maggior parte degli africani pensa che sia “colpa loro” se è in corso un cambiamento climatico, citando i danni che hanno fatto per l’ambiente nella loro patria. In realtà l’intera Africa è responsabile solo di circa il 4% delle emissioni globali di gas ad effetto serra, il che rende gli africani i meno responsabili del riscaldamento globale nel mondo.

Il BBC World Service la e il British Council hanno recentemente pubblicato la loro indagine, che si ritiene essere la più ampia mai condotta sul tema. Dalla relazione della BBC si legge:

Più di 1000 cittadini in 10 Paesi hanno preso parte alle discussioni per accertare ciò che gli africani realmente conoscono e capiscono sul clima. Il rapporto ha scoperto un senso quasi universale di ciò che la gente chiama “tempo” che sta cambiando e che incide sulla loro vita. Ma la maggior parte degli intervistati non ha collegato queste modifiche con le cause a livello mondiale come le emissioni di biossido di carbonio. Invece le persone tendono ad incolpare sé stesse o i loro vicini per il degrado ambientale e alcune vedono le modifiche come una forma di punizione divina.

Nuova strategia per salvare le tartarughe dagli ami per palangari

tartaruga caretta carettaLa popolazione delle tartarughe marine (Caretta caretta) è in declino in tutto il mondo, e in particolare nel Mar Mediterraneo, dove oltre 20.000 esemplari vengono catturati accidentalmente ogni anno. Trovare una soluzione per arrivare ad una pesca responsabile e sostenibile è stato uno dei principali obiettivi di un recente studio spagnolo, pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Applied Ichthyology.

I ricercatori dell’Istituto Spagnolo di Oceanografia (IEO) a Malaga, l’Università di Malaga (UMA) e la Sea Classroom, sempre a Malaga, hanno testato nuovi metodi utilizzando diversi tipi di esche, senza tralasciare l’impatto di questi cambiamenti sui rendimenti della pesca.