Inquinamento acustico: quali soluzioni?

inquinamento acustico da traffico

Ultimamente si sente sempre parlare di inquinamento, ma riferito più che altro a quello ambientale. E’ vero che questo è preoccupante perché può portare a diverse conseguenze alla Terra e alla nostra salute, ma non va dimenticato che c’è un altro tipo di inquinamento che, seppur più moderatamente, può comportare diversi problemi alla nostra salute, quello acustico.

La legge italiana prevede diversi livelli di rumore, misurati in decibel, a seconda dell’attività, ma diciamo che i livelli considerati pericolosi per le nostre orecchie vanno dagli 80 decibel in su. Per capirci, basti pensare che il rumore di un elettrodomestico medio è intorno ai 40 decibel, quello di una conversazione intorno ai 60 e quella del traffico cittadino sugli 80. Poi però ci sono diverse attività che alzano di molto questo livello, come il rumore dei treni, intorno ai 110-120 decibel, o quello di uno sparo con 140, fino ai 300 dell’esplosione di un vulcano.

Ecosia, il motore di ricerca ecologico

Navigare nella rete e nello stesso tempo proteggere le foreste pluviali? Da oggi si può grazie ad Ecosia, il motore di ricerca ecologico, sostenuto da Yahoo, WWF e Bing.  Quasi l’80% dei profitti ricavati grazie alle nostre ricerche su Ecosia finanzieranno infatti un progetto del WWF in Amazzonia. Le stime parlano di una media di due metri quadri di foresta pluviale messi in salvo per ogni singola ricerca.

Un motore di ricerca ecologico non solo per la quasi totale destinazione dei proventi alla lotta contro la deforestazione, ma anche per l’alimentazione ad energia verde dei server.

Le stelle marine e altri echinodermi assorbono il 2% dell’inquinamento

stella marina

Se qualcuno pensa che la natura possa assorbire le emissioni di carbonio rilasciate ogni anno dalle attività umane soltanto per una piccola percentuale dei 5,5 miliardi di tonnellate di emissioni totali, ora potrebbe ricredersi. Tra i vari “mezzi” attraverso i quali la nostra Terra ci salva dall’anidride carbonica che noi emettiamo (alberi, oceani, ecc.), sembra che gli echinodermi, come le stelle marine, ricci di mare e i gigli di mare, siano depositi di carbonio tra i più grandi in assoluto. Essi riescono a stoccare l’incredibile cifra di circa 100 milioni di tonnellate, o in termini percentuali, quasi il 2% delle emissioni umane.

Questa cifra è inferiore a quella che gli organismi come il plancton, capaci di immagazzinare il carbonio che si deposita sul fondo del mare, riescono ad immagazzinare. Possono sembrare esserini piccoli ed insignificanti, ma queste unità semplici riescono ad immagazzinare da sole da 0,4 ad 1,8 miliardi di tonnellate all’anno, a seconda dei diversi studi.

L’orso polare “cacciato” dal suo habitat

orso polare bagnato

Uno studio a lungo termine, che mostra i cambiamenti negli habitat degli orsi polari in risposta ai cambiamenti delle condizioni del ghiaccio marino nella parte meridionale del Mare di Beaufort, in Alaska, ha mostrato che l’orso polare è stato letteralmente “sfrattato” dalla sua terra a causa dei mutamenti climatici.

Karyn Rode, un biologo che studia gli orsi polari con la US Fish and Wildlife Service ad Anchorage, in Alaska, afferma che i dati raccolti tra il 1979 e il 2005 mostrano che gli orsi polari sono stati avvistati sempre più spesso sulla terra e in mare aperto, e sempre meno frequentemente sul ghiaccio durante l’autunno. Questo significa che c’è una maggiore possibilità di interazione con gli umani. Il documento è stato pubblicato nel numero di dicembre di Arctic, la rivista dell’Istituto Artico del Nord America.

Ecobioball, la palla da golf che si biodegrada e rilascia cibo per i pesci

ecobioball

I nostri mari e gli oceani sono gravemente contaminati, in particolare dai rifiuti di plastica. Essi vanno ad incidere pesantemente sullo stato di salute di animali e piante acquatiche. In un vecchio articolo apparso su Treehugger, intitolato The Great Pacific Garbage Patch: Out of Sight, Out of Mind (Il grande cumulo di immondizia nel Pacifico, lontano dagli occhi, lontano dal cuore), si legge

la distesa galleggiante di rifiuti e detriti nell’Oceano Pacifico è ora su una superficie grande il doppio degli Stati Uniti continentali. Si ritiene che pesi quasi 100 tonnellate di detriti questa vasta “zuppa di plastica”, la quale si estende per 500 miglia nautiche al largo della costa californiana, oltre le Hawaii e quasi fino al Giappone.

Tra il 40 e il 60% dei rifiuti raccolti sulle spiagge è di plastica, secondo il libro “Plastiche Ecologiche” di E.S. Stevens. Il cestino ha spesso viaggiato per chilometri prima di essere “risciacquato” a riva da qualche parte. Ma tutte queste cose sono probabilmente note alla maggior parte del pubblico. Quello che però nessuno pensa è che una grossa parte di questo inquinamento plastificato si potrebbe evitare stando attenti alla propria attrezzatura quando si gioca a golf: una grossa parte dell’inquinamento di oceani, laghi e fiumi proviene dalle palline lanciate da qualche appassionato.

Le barriere stradali sono brutte ma riducono l’inquinamento atmosferico e acustico

barriere stradali

Le barriere autostradali, che all’apparenza non sono bellissime, sono destinate a bloccare il suono e la vista del traffico ai quartieri adiacenti. Esse possono fare qualcosa anche in termini di carico di inquinamento atmosferico. In uno studio del NOAA e della US Environmental Protection Agency, i ricercatori hanno analizzato innocui “traccianti” per misurare il movimento potenziale delle sostanze inquinanti come il monossido di carbonio, i metalli pesanti e i composti organici volatili come il benzene.

I risultati hanno mostrato una riduzione significativa del tasso di inquinamento nei quartieri vicini grazie alle barriere. Esse sono state originariamente progettate per “alleviare” il rumore autostradale, ma anche per evitare l’inquinamento visivo per i residenti nelle vicinanze. Alcuni le hanno anche abbellite, piantandoci delle viti e altre piante per “ammorbidire” gli effetti estetici.

Le 10 specie più in pericolo per il WWF

panda giganti

Qualche giorno fa abbiamo riportato l’appello del WWF per salvare la tigre. Nonostante la sua immagine così forte, in realtà per l’associazione animalista si tratta della specie più fragile di tutte. Così fragile da rischiare di sparire per sempre. Ma purtroppo non è l’unica.

Con l’inizio del nuovo anno il WWF ha voluto stilare una specie di triste classifica delle 10 specie più a rischio nel 2010. E se il primo posto della tigre vi ha sorpreso, rimarrete a bocca aperta anche in altri casi. La posizione più bassa spetta al panda gigante. L’animale, che è il simbolo vivente degli animali a rischio estinzione, è presente nella lista praticamente da sempre. Quest’anno però lascia i primi posti perché, grazie all’azione di molti, ha ricominciato a riprodursi. Ad oggi si contano circa 1.600 esemplari in tutto il mondo. Non sono tantissimi, ma la situazione è migliore di qualche decennio fa.

Riscaldamento globale: centinaia di milioni di profughi nel 2050

rifugiati

Dalla conferenza sul clima di Copenaghen è uscita una specie di accordo che non risolveva nulla, ma aveva come intenzione almeno quella di limitare i danni e cercare di far arrivare lo stato di salute della Terra il più sano possibile al 2050. Secondo gli ultimi dati dell’Onu, questo pare non sarà possibile.

Già oggi infatti sono tanti i segnali che qualcosa sta cambiando: mutamenti climatici estremi (proprio due settimane fa siamo passati in Italia in 24 ore dalla neve a +20/25 gradi), uragani e tempeste sempre più frequenti, desertificazione e innalzamento del livello dei mari. Ma a breve potranno esserci segnali ancora peggiori. Tutto questo aggravato da un fenomeno che già oggi è molto preoccupante: la migrazione di massa.

Una casa da sogno “mangiata” dal riscaldamento globale (gallery)

casa a picco 1

Questa bella casa su una scogliera con panorama mozzafiato che si affaccia sul mare può sembrare la casa dei sogni per molte persone. Purtroppo per i proprietari, è diventata la casa degli incubi. Tre di queste abitazioni sono già state demolite per ragioni di sicurezza perché la terra sta mancando proprio sotto i loro piedi (pardon, fondamenta), e questa inquadrata sarà la prossima a fare una brutta fine. Il motivo? La terra si sta sgretolando e la casa rischia di cadere, facendo un volo di 60 metri. La colpa di tutto questo ovviamente va al riscaldamento globale.

L’artista Kane Cunningham ha pagato 3.000 sterline per documentare la condanna a morte del bungalow, e per fare un film sulla sua lenta morte. Ha spiegato:

E’ il luogo perfetto per installazioni specifiche – un duro monito ai sogni perduti, il disastro finanziario e la minaccia del livello del mare. Tutte incapsulate nella recessione e nel riscaldamento globale.

L’artista utilizza il piccolo bungalow come studio, e dipinge anche il paesaggio che da esso osserva. Cunningham intende riprendere il luogo con le telecamere, così da poter documentare l’intero evento. Cercherà inoltre di smontare la casa e fare scultura di alcuni dei materiali. Questi potranno anche cadere in mare con la casa. Il suo lavoro è sempre stato di “comprendere il contesto sociale e politico del paesaggio”.

Washington DC introduce una nuova tassa sulle buste di plastica, ma con finalità ecologiche

tasse busta plastica

Dal prossimo anno in Europa saranno vietate le buste di plastica per la spesa, le cosiddette “shopper”. Negli Stati Uniti non vige ancora il divieto, ma hanno trovato un modo migliore per risolvere il problema: incidere su quello a cui gli americani tengono di più, il portafoglio.

Il governo della città di Washington DC, all’inizio di questo mese, imporrà una tassa di 5 centesimi per i sacchetti di plastica ai clienti dei supermercati. I funzionari della città prevedono di utilizzare il fatturato aumentando la lotta contro l’inquinamento di un fiume locale. Secondo i produttori dei sacchetti di plastica, che ovviamente non sono soddisfatti della nuova imposta, la decisione costerà alle famiglie di Washington “5 milioni di dollari nel 2010”. O, in altre parole, i residenti avranno 100 milioni di opportunità di scegliere un’alternativa eco-friendly ai sacchetti di plastica l’anno prossimo.

E’ la tigre l’animale a maggior rischio estinzione nel 2010

tigre amur

Gli scienziati e gli ambientalisti devono intensificare i loro sforzi quest’anno per salvare una delle più potenti creature della Terra, purtroppo però in pericolo di estinzione: la tigre. I biologi hanno messo la Panthera tigris al primo posto in un elenco dei 10 animali che più di altri rischiano l’estinzione, non tra decine o centinaia di anni, ma già nel 2010.

Quest’anno è stato proclamato l’Anno Internazionale della Biodiversità dalle Nazioni Unite, e così abbiamo creato una lista di 10 animali in pericolo, di fondamentale importanza che riteniamo possano richiedere un particolare controllo nei prossimi 12 mesi

ha dichiarato Diane Walkington, responsabile del programma specie per il WWF nel Regno Unito. Gli animali nella lista WWF comprendono anche quelli presenti da sempre, come l’orso polare e il panda gigante.

Ma i fuochi d’artificio sono ecologici?

fuochi d'artificio

Sono da poco terminati i festeggiamenti per capodanno, quando milioni di tonnellate di fuochi d’artificio sono state sparate in segno di augurio. Ma probabilmente per l’ambiente non c’è molto da festeggiare. Julie Heckman, direttore esecutivo della American Pyrotechnics Association, stima che 18.000 fuochi d’artificio vengono sparati, in tutti gli Stati Uniti, nel solo giorno del 4 luglio. Il totale per Capodanno è probabilmente simile, con l’unica differenza che questo non avviene più solo negli Usa, ma in tutto il mondo.

Secondo il Consiglio nazionale per la sicurezza dei fuochi d’artificio, gli Stati Uniti hanno consumato circa 123 milioni di chilogrammi di fuochi d’artificio nel 2006, di cui solo 9,5% erano “legali”. I restanti botti sono venduti in bancarelle lungo la strada ed utilizzati per celebrare eventi privati. I fuochi d’artificio sono azionati da polvere nera (polvere da sparo aka). Questa sostanza è costituita da un ossidante (nitrato di potassio), un combustibile (carbone), e un acceleratore (zolfo). Per ogni 270 grammi di polvere nera usata, 132 grammi di biossido di carbonio vengono creati. Il resto si trasforma in solfuro di potassio ed azoto. A differenza della benzina, la polvere nera contiene già un ossidante in modo che i risultati della combustione siano meno CO2 rispetto al peso iniziale della sostanza.

Ecco come reagirà l’Artico al cambiamento delle temperature

permafrost artico

Con il riscaldamento dell’Artico, il permafrost si degrada, potenzialmente portando a conseguenze di un aumento del deflusso delle acque sotterranee nella terra gelata, in cui era rimasta bloccata, sciogliendo tale ostacolo e facendo riprendere il flusso interrotto. Per studiare come i sistemi idrici sotterranei si evolveranno in seguito all’aumento delle temperature in superficie, V. F. Bense, ricercatore della School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, UK, e colleghi, hanno sviluppato un modello per simulare una falda acquifera idealmente coperta da uno strato di permafrost.

Avviando la simulazione, sono stati presi in considerazione tre scenari possibili, a partire da tre temperature di superficie iniziale (-2, -1,5, e -1 gradi centigradi, o 28,4, 29,3 e 30,2 gradi Fahrenheit), corrispondenti a diversi spessori del permafrost. In ogni caso, i ricercatori sono arrivati ad osservare come, in seguito all’aumento della temperatura media della superficie stagionale di 3 gradi C (5,4 ° F) in più di 100 anni, la regione artica è in grado di reagire. I 3 gradi sono una media dei modelli di previsione per l’aumento della temperatura nell’Artico nel prossimo secolo, ed una stima tra le più ottimistiche per il resto del mondo.

2010, anno Internazionale della biodiversità

biodiversitàBiodiversità vuol dire vita, equilibrio, sopravvivenza. L’estinzione di numerose specie negli ultimi anni e la minaccia progressiva e continua di centinaia di altri organismi viventi mette a rischio gli ecosistemi di tutto il Pianeta. Per chi fosse poco attento e scarsamente interessato alle esigenze e alle tematiche della flora e della fauna terrestre, questo non significa soltanto la scomparsa di qualche animaletto inutile all’uomo, bensì implica profonde ripercussioni sull’umanità intera.

Anche il più piccolo ed apparentemente insignificante essere vivente, anche un microbo, ha impatto sulle nostre vite. La scomparsa dei grandi mammiferi, l’estinzione di molte specie di piante ed uccelli, la morte di barriere coralline e pesci, la morìa che colpisce le api, tutto questo e altro ancora incidono eccome sul nostro futuro. Quindi, animalisti o meno, c’è poco da gioire quando ci liberiamo anche del più fastidioso insetto perchè si è estinto.