La Germania dà il buon esempio: obiettivo di riduzione delle emissioni del 40% al 2020

eolico in germania

Alcune nazioni stanno già facendo retromarcia sulle politiche riguardanti i gas ad effetto serra e sugli impegni di riduzione a seguito del congresso di Copenaghen, ma non la Germania. Secondo la Reuters, il sesto più grande emettitore mondiale di carbonio ha intenzione di mantenere il suo obiettivo di riduzione delle emissioni del 40% entro il 2020, indipendentemente da ciò che faranno le altre nazioni.

Inizialmente la Germania aveva un obiettivo del 30% entro il 2020, ma lo ha elevato, sperando che insieme all’impegno dell’Unione Europea del 20% minimo, che potrebbe aumentare al 30% se le altre nazioni offriranno tagli sostanziali, potrebbe aumentare le probabilità di ottenere un forte accordo globale nei prossimi colloqui sul clima, nonostante i precedenti sforzi non abbiano prodotto alcun risultato concreto.

Il Brasile decide di ridurre le proprie emissioni del 39% entro il 2020

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Rafforzare gli impegni assunti nel COP15 all’inizio di questo mese. E’ questo ciò che il Presidente brasiliano Lula ha deciso tramite un decreto legge che richiede alla sua nazione di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 39% entro il 2020. Nonostante l’azione coraggiosa fatta dal Brasile per ridurre le emissioni, che è tra le più ambiziose, tre importanti disposizioni del progetto di legge non hanno fatto piacere ai gruppi ambientalisti. Ma a differenza dei risultati del COP15, la nuova legge brasiliana offre un esempio da seguire per le altre nazioni.

Il disegno di legge, che è stato approvato dal Senato, conteneva regole rigorose in materia di industrie per garantire la riduzione delle emissioni entro l’obiettivo, ivi compreso l’obbligo che i combustibili fossili fossero gradualmente abbandonati, sostituiti da altre fonti di energia. Nel firmare il disegno di legge in legge, Lula ha posto il veto su tre delle disposizioni più avanzate al suo interno, una delle quali era la graduale eliminazione dei combustibili fossili.

Come investire il Fondo per i Paesi poveri: recupero energetico dai rifiuti

energia dai rifiuti

Ecco l’opportunità di spendere un po’ dei 100 miliardi di dollari che il Segretario di Stato Hillary Clinton ha promesso a Copenaghen per ridurre i gas ad effetto serra nelle nazioni in via di sviluppo, favorendo lo sviluppo delle infrastrutture energetiche rinnovabili e risolvere la dipendenza dai combustibili fossili.

A quanto pare una città cinese su quattro e sette contee su 10 sono prive di impianti di trattamento delle acque reflue, secondo il People’s Daily. Mentre ci sono molti modi per trattare i liquami o i rifiuti urbani, uno dei più recenti è l’uso dei rifiuti solidi urbani per produrre l’energia rinnovabile.

Meccanismi di recupero Co2 esclusi dal ciclo di riduzione delle emissioni

recupero emissioni

Stop ai furbetti. La cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) non verranno aggiunti alla lista di tecnologie su cui i Paesi industriali potranno investire per compensare le loro emissioni. A deciderlo è stato l’Onu, dopo che alcuni Paesi hanno espresso riserve durante i colloqui sul clima di Copenaghen.

I negoziatori hanno discusso se accettare o meno la cattura di CO2 da impianti industriali e lo stoccaggio sotto terra come mezzo per contribuire alla riduzione delle emissioni. Ma rinviata ogni decisione in attesa del prossimo anno, questa è stata negata, in quanto nessun consenso è stato raggiunto. Alcuni Paesi hanno proposto di aggiungere il CCS al meccanismo di sviluppo pulito delle Nazioni Unite (CDM), che consente alle imprese dei Paesi ricchi di soddisfare una parte dei loro obblighi climatici investendo in riduzioni delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo.

Summit di Copenaghen: riassunto del decimo giorno

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Più ci avviciniamo alla fine e più difficile sembra che si trovi un accordo vincolante per ridurre le emissioni e risolvere gli altri problemi ambientali. Mentre il presidente della Commissione Europea sul clima Josè Barroso ha spiegato che di solito questi accordi si trovano all’ultimo minuto, e dunque non bisogna disperare finché il vertice non è concluso, a porre un grosso ostacolo ai negoziati ci si mette oggi la Cina.

Il colosso asiatico, che nei giorni scorsi aveva fatto da mediatore tra Paesi poveri e ricchi, ha reso noto di avere ben poche speranze che si possa trovare un accordo, e così l’unico risultato utile che si può ottenere al momento è

una breve dichiarazione politica di qualche tipo.

Di certo non quello che gli attivisti e gli scienziati si aspettavano alla vigilia. Una “dichiarazione politica” si potrebbe tradurre in una semplice promessa, ciò che i politici sono molto bravi a fare, di ridurre “un giorno” le emissioni. Questo significherebbe doversi aggiornare tra un anno al prossimo COP16 nel tentativo di trovare una soluzione condivisa, dopo aver cercato la soluzione in patria, ma questa pare essere davvero un’àncora di salvezza per un vertice che sta letteralmente affondando.

Lula annuncia il taglio di emissioni del Brasile e avvia una nuova politica per salvare l’Amazzonia

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Il presidente brasiliano Lula ha promesso nella giornata di ieri che il suo Paese avrebbe ridotto le sue emissioni di CO2 dal 36,1% al 38,9% entro il 2020, assicurandosi così un posto come protagonista tra i leader al COP15. Con il suo modo di fare piuttosto “colorito”, ha sostanzialmente evitato un’attenta e pacata discussione politica, adottata da molti suoi colleghi, quando si parla di soluzioni al cambiamento climatico, colpendo con un tono serio e forte sulla questione che lo ha reso popolare tra gli ambientalisti.

Ha parlato in difesa della foresta pluviale della propria nazione, l’Amazzonia, perché vuol tutelare la sua funzione vitale per l’ecosistema globale, prendendo iniziative per rapidamente porre fine alla deforestazione. Finalmente un’iniziativa politica decisa in materia ecologista. Peccato però che i comportamenti politici visti a Copenaghen non vadano nella stessa direzione, e per ora abbia annunciato un’amnistia per coloro che non rispettano la legge.

Summit di Copenaghen: riassunto del sesto giorno

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Come si temeva, la notizia di oggi è il gran numero di arresti dovuto alla confusione dei no global, e specialmente dei black bloc, che mescolati tra la folla pacifica, hanno approfittato per distruggere tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Tra auto incendiate e vetrine rotte, il bilancio finale è di due feriti (uno tra i poliziotti) e oltre 900 arresti, anche se poi in nottata sono stati quasi tutti liberati. Ma nonostante i media di tutto il mondo si siano soffermati solo su quest’aspetto, la sesta giornata del summit di Copenaghen non è stata solo questo.

Dal punto di vista scientifico, c’è stato un intervento molto importante di Rank Raes, capo dell’Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea, il quale ha ammesso che va bene fissare un limite a 2 gradi per l’innalzamento delle temperature, ma vista la lentezza della politica, sembra proprio che questo sia più che ottimistico:

Sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i 2 gradi sono un traguardo che non è più alla nostra portata. Dirlo è un atto di onestà. Così come è un atto di onestà aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi.

350.org organizza fiaccolate durante la conferenza di Copenaghen. Siete tutti invitati

manifestazione 350.org

Mancano poche settimane al congresso di Copenaghen, ed è ormai chiaro che tutti noi abbiamo la necessità di mantenerci uniti e far sentire la nostra voce ai leaders che si inconteranno, per fargli capire che ora è il momento di agire realmente sui cambiamenti climatici.

350.org sta organizzando veglie a lume di candela da effettuare durante i negoziati sul clima, a partire dal giorno prima in cui i capi di Stato e di Governo si riuniranno nella Conference Hall. 350.org chiede alla gente di scegliere un luogo simbolo nella loro città, e raccogliere famiglia, amici e vicini di casa per inviare un messaggio.

Inondazioni e uragani: ecco cosa accadrà al mondo senza l’intervento per ridurre le emissioni

uragano

L’Onu ha da qualche anno avviato un progetto, denominato Ipcc Project, per rilevare la situazione dei cambiamenti climatici, monitorarla in tempo reale, e predire cosa potrebbe accadere in caso di disastro naturale. La task force, dopo diversi anni di studi, ha concluso che la situazione è molto preoccupante, ma siamo ancora in grado di arginarla. Anche l’Ipcc è d’accordo sulla soglia dei due gradi di riscaldamento delle temperature medie globali, il che significa che il mondo deve assolutamente frenare o, meglio ancora, diminuire le sue emissioni.

Se queste continueranno ad aumentare, non si potrà tornare indietro, e la Terra rischierebbe una vera e propria rivoluzione. La prima e più diretta conseguenza sarà il famoso scioglimento dei ghiacciai, il quale porterebbe, entro il 2050, ad un innalzamento di mezzo metro delle acque. Cosa significa? Può sembrar poco, ma città intere come New York, Miami, Shangai o Calcutta verrebbero letteralmente spazzate via.

Australia: il Parlamento si blocca sulla riforma ecologica. Quando questo accadrà in Italia?

parlamento australiano

Il Governo laburista australiano vuole, prima del congresso di Copenaghen, approvare una nuova legge che applichi un regime di scambio di emissioni, approvato dal Parlamento. I partiti liberale e nazionale dell’opposizione sono in fermento, e non credono che il Governo sia in grado di attuare una svolta simile.

Sanno infatti che gli australiani vogliono qualche azione sul cambiamento climatico. Il leader dell’opposizione, Malcolm Turnbull, ha anche dichiarato pubblicamente (e forse profeticamente),

Io non guiderò un partito che non è impegnato ad intervenire in modo efficace sul cambiamento climatico come lo sono io.

Turnbull è ben consapevole che l’azione sul cambiamento climatico è una parte significativa della ragione per cui l’Australia ha votato il primo ministro Kevin Rudd e il suo partito due anni fa. Eppure molti esponenti dell’opposizione sono ardenti scettici del riscaldamento globale. Ma se votassero contro il progetto di legge del governo, esso potrebbe utilizzare questo come pretesto per sospendere il Parlamento e indire una nuova elezione nazionale. Pare però che il popolo australiano sia ancora schierato con il Governo.

La Prestigiacomo chiude l’accordo con 28 grandi aziende per inquinare di meno

stefania prestigiacomo sorridente

Dopo due anni di silenzio più o meno totale, la Ministra dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha deciso di darsi da fare, e prendere in mano una situazione che le stava definitivamente sfuggendo. Vedendo che in quasi tutti gli altri Paesi del mondo la politica, ed i vari suoi colleghi ministri, si stavano dando da fare per ridurre le emissioni e per raggiungere i vari obiettivi ambientali, ha tentato la via della politica, inutilmente.

I richiami al Governo non sono serviti a nulla. Si sa che Berlusconi e colleghi dall’orecchio dell’ambiente non ci sentono, e siccome sono impegnati in ben altre faccende, la Prestigiacomo si è finalmente decisa a cambiare tattica e ad impegnarsi in prima persona. Da qualche mese sta girando l’Italia per chiudere accordi con le varie imprese su una diminuzione delle emissioni. In pratica se la politica non ci dà una mano, facciamo da soli. E’ questo il pensiero che sta alla base dell’accordo. Un accordo che, al momento, ha già coinvolto 28 tra le più grandi aziende del Paese, e che ha ottenuto anche la “benedizione” del presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia.

I leader africani hanno deciso l’entità del rimborso da chiedere ai Paesi ricchi

meeting leader africani

I leader africani si sono accordati martedì scorso su quanto denaro chiederanno ai Paesi ricchi per compensare l’impatto dei cambiamenti climatici sul Continente, ma hanno mantenuto la cifra segreta in vista dei colloqui del prossimo mese di Copenaghen.

Il vertice delle Nazioni Unite in Danimarca cercherà di accordarsi sulle modalità per contrastare i cambiamenti climatici e di elaborare un accordo post-protocollo del trattato di Kyoto per ridurre le emissioni.

Abbiamo fissato un minimo oltre il quale non si andrà. Ma io non sono in grado di dirvi quello che il valore minimo sarà

ha affermato il Primo Ministro etiopico Meles Zenawi, che rappresenterà l’Africa ai colloqui.

Congresso di Copenaghen: Game Over, Obama e Hu Jintao decidono di non decidere

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Il congresso di Copenaghen rischia di diventare una creatura morta ancor prima di nascere. Un incontro che avrebbe dovuto far decidere ai politici di 192 Paesi di porre un freno alle emissioni e di invertire la tendenza del riscaldamento globale è stato definitivamente affossato questa notte a Singapore.

Nella città asiatica in questi giorni si sta tenendo un vertice Asia-Pacifico in cui si prendono importanti decisioni economiche, ma tra tutte queste se n’è presa una, proprio mentre l’Occidente dormiva, destinata a far discutere: mancano 22 giorni al vertice danese, troppo poco per decidere, dunque a Copenaghen non si deciderà nulla. A metterlo per iscritto sono stati i due veri manovratori del trattato, Barack Obama e Hu Jintao, i quali con un vero e proprio colpo di spugna hanno tagliato fuori l’Europa, che si stava impegnando a fondo per ridurre le emissioni, e hanno rimandato tutto a data da destinarsi.

Si è cominciato a sospettare qualcosa nella serata di ieri, quando il presidente danese Rasmussen, che dovrà presiedere l’incontro, è stato lettaralmente gettato giù dal letto ed è stato fatto partire col primo aereo per Singapore, convocato dalla coppia Obama-Jintao per discutere di cose importanti. Una volta arrivato, Rasmussen ha dovuto assistere ad una scena patetica, con i due capi di Stato che si stringevano la mano sorridenti e lui, a rappresentare l’Europa, ad ufficializzare la decisione che di fatto non toglie dal gioco soltanto due nazioni, ma affossa tutti gli sforzi mondiali.

WWF, ogni giorno di ritardo per salvare il clima ha conseguenze drammatiche

cambiamenti climaticiIl WWF lancia l’allarme: ogni giorno di ritardo per salvare il clima può compromettere irrimediabilmente la riuscita degli interventi contro i cambiamenti climatici e l’effetto serra, fino ad un punto di non ritorno. Ne ha parlato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, in occasione dell’ennesimo appello che WWF International ha rivolto ai Grandi che si riuniranno la settimana prossima a Barcellona, ultima tappa prima di Copenaghen:

Chiedersi se dovremmo siglare l’accordo sul clima adesso o in seguito è come discutere se sia il caso di levarsi dalla traiettoria di un camion che arriva a tutta velocità, o aspettare e vedere cosa succederà.