Global warming

di Redazione 7

Global warming

Il termine derivato dalla letteratura scientifica inglese significa letteralmente riscaldamento globale ma si traduce in italiano in surriscaldamento globale. L’espressione riscaldamento globale, nella letteratura scientifica nazionale, si riferisce al lessico climatologico e designa tutte le fasi di innalzamento della temperatura media terrestre imputabili ad eventi naturali, che appartengono ai normali corsi e ricorsi della storia climatica del pianeta.

Il termine  global warming fa riferimento alla teoria che vede nel fattore antropico la causa dell’innalzamento della temperatura media dell’atmosfera attualmente in corso e lo sfociare di questa in entità in esiti imprevedibili. Esso consta nell’incremento della temperatura superficiale globale del pianeta di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100-150 anni.

Secondo gli scienziati delle Nazioni Unite (riuniti nel comitato IPCC Intergovernmental Panel On Climate Change tale riscaldamento in atto oggi e da 150 anni non è giustificabile ascrivendolo alle normali fluttuazioni del clima ma soltanto a mezzo dell’individuazione dell’aumento di CO2 come la causa prima.

La concentrazione di anidride carbonica, che funge come gas serra in quanto permeabile ai raggi luminosi e poco permeabile agli infrarossi, agisce impedendo al calore emanato dalla crosta terrestre e dalle masse oceaniche, di essere ri-disperso nello spazio, e ha subito negli ultimi anni un incremento del 10%. In due secoli il valore della concentrazione è passato da 280 ppm a 380 ppm, il valore più alto da 650.000 anni a questa parte. Tale incremento è legato all’uso di idrocarburi come combustibili fossili. Idrocarburi derivanti dalle biomasse vegetali che nel carbonifero avevano fissato la CO2 presente nell’atmosfera stoccandola in forma di tessuti vegetali divenuti poi petrolio o carbone.

Con la rivoluzione industriale si è iniziato a ricorrere largamente all’uso di tali combustibili fossili restituendo la CO2 stoccata milioni di anni fa dalle piante al ritmo medio di circa 27 miliardi di tonnellate all’anno. Laddove prima della rivoluzione industriale il bilancio annuale del carbonio era in pari (tanta CO2 veniva liberata nell’atmosfera dalla combustione e dalla respirazione cellulare, quanta ne veniva fissata dalla fotosintesi) oggi la biomassa vegetale (piante, alghe,fitoplancton) riesce a stoccare solo la metà delle aumentate emissioni annuali di anidride carbonica. Il fenomeno è aggravato, oltre che dall’incremento costante della produzione di gas serra, anche dall’aumento delle emissioni di metano in atmosfera dovute all’incremento dell’allevamento bovino e della risicultura. Peggiora il tutto la riduzione delle voci sottrattive del bilancio di carbonio ovvero la diminuzione, altrettanto costante, di biomassa vegetale (in particolare si ricorda l’annoso problema della deforestazione amazzonica che accelera lo squilibrio nel ciclo del carbonio).

Sebbene la grande maggioranza dei ricercatori sia in accordo con le conclusioni principali dell’IPCC, il dibattito scientifico è ancora in atto e negli ultimi anni numerosi studi pubblicati su riviste scientifiche stanno contraddicendo le conclusioni dell’IPCC criticandone i metodi di acquisizione, elaborazione e modellizzazione dei dati. Molti sono i ricercatori scettici circa il ruolo antropico nell’attuale riscaldamento e molte sono le tesi contrarie o le spiegazioni alternative a quella data nelle argomentazioni a favore della teoria del Global warming.

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