
Dall’Açai al goji e al cacao grezzo di spirulina, i supercibi sono sbocciati in un settore che è previsto in continua crescita, fino ad un fatturato da 10 miliardi di dollari entro il 2011, secondo il blog Small Footprint Family. In un primo momento si potrebbe obiettare che si tratta di “ingredienti di lusso”, ma il vero problema non è tanto il costo di ingredienti “rari”, ma piuttosto considerare i combustibili fossili utilizzati per far volare questi sapori, spesso tropicali, fino alla nostra porta di casa.
L’impronta ecologica dei supercibi pare essere decisamente superinquinante. Un supercibo è in realtà solo la terminologia elaborata per gli alimenti considerati densamente nutrienti, con antiossidanti, vitamine, ecc molto più che nella maggior parte dei cibi comuni. Ma spesso questi alimenti provengono da luoghi esotici, non vicini nè all’Italia, nè ai grandi consumatori come gli Stati Uniti. Ad esempio, le bacche di Goji sono prodotte in Cina e Tibet, Açai, Maca camu camu, Chia e Lucuma vengono dal Sud America, nonifruit e durian provengono dal Sudest asiatico, mesquite e spirulina dal Messico, e clorella dal Giappone. Questi alimenti usano tonnellate di risorse per percorrere tutta la strada fin nei nostri supermercati.