Notizie dal futuro: plastica “verde” biodegradabile dalle piante

Più di 20 milioni di tonnellate di plastica sono accumulate nelle sole discariche degli USA ogni anno. Miliardi in tutto il mondo. Ma le cose possono cambiare, basterebbe realizzare della plastica verde biodegradabile che non lascia tracce e che contribuirebbe a sgombrare non poche discarische dai rifiuti.

E’ quello che stanno cercando di fare i ricercatori dell’Università del Missouri che in un recente studio hanno evidenziato come la plastica a base di petrolio potrebbe presto essere sostituita da un materiale plastico non inquinante, rinnovabile, ottenuto da particolari piante. Lo scopo è quello di ridurre l’impronta ecologica dell’uomo e la dipendenza dal petrolio estero, ma questa nuova alternativa verde può anche fornire un’ulteriore fonte di guadagno dal raccolto per gli agricoltori.

Le staminali no, le torture alle scimmie si, gli orrori della scienza

Questo è davvero troppo. Conferenze stampa, comunicati, discussioni, querele. Per difendere embrioni che verranno buttati via, la vita. Che potrebbero invece essere utili per salvarne milioni di vite. Per la Chiesa, per i moralisti (falsi, tra l’altro) tutto è peccato. Persino la masturbazione, perchè spreca gli spermatozoi, la vita. Ebbene, ma Dio non ha creato certo le scimmie perchè venissero torturate dagli uomini per curare le malattie che l’uomo stesso ha creato con la sua forza distruttrice. Non è vita, non sono esseri viventi anche questi? Più di una cellula o dello sperma?

Quello che avviene nei laboratori sperimentali è vergognoso. Sono crimini orrendi contro creature indifese. E la maggior parte delle volte si tratta di esperimenti inutili, perchè l’uomo non ha le stesse reazioni dei primati ai farmaci e alle terapie, e quindi una sperimentazione sull’uomo è comunque necessaria prima di accertare la validità del farmaco. A che serve allora torturare prima le scimmie? Giudicate voi da queste immagini, registrare a Covance, negli Stati Uniti, da un infiltrato della Peta Tv, che si è fatto assumere come tecnico dalla società per poi registrare dall’interno questi orrori e documentare quello che accade alle cavie.

Scienziati italiani simulano il primo “motore a batteri”

Sentir parlare di batteri nella produzione di energia non appare più tanto strano: celle combustibili alimentate da batteri e biocombustibili ottenuti da svariati microrganismi non sono più una novità. Oggi parliamo di un’altra applicazione dei batteri in campo energetico: il motore batterico. Si tratta di un motore, a cui vengono applicate le nanotecnologie più avanzate, in grado di produrre energia attraverso l’attività di piccoli batteri. L’idea non è nuova e la sua fattibilità era stata già dimostrata da alcuni ricercatori giapponesi nel 2006, ma a sperimentare e simulare il funzionamento del motore a batteri sono stati alcuni scienziati italiani. Luca Angelani, Roberto di Leonardo e Giancarlo Ruocco, ricercatori dell’Istituto nazionale per la fisica della materia (Infm) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), sono riusciti ad individuare un metodo per sfruttare il movimento dei batteri.

La scoperta, batteri presenti nel ghiaccio registrano i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici in corso hanno una portata vastissima e interessano una varietà e una pluralità di fenomeni inimmaginabili, essendo legati consequenzialmente a tutto quello che sta accadendo sulla Terra, disastri geologici, estinzione di numerose specie animali e vegetali, tornado, cicloni, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari.
Ebbene cosa hanno a che fare mutamenti così importanti e di proporzioni così enormi con i microorganismi più piccoli ed all’apparenza non determinanti per l’equilibrio terrestre come i batteri?

Pare che siano proprio questi piccolissimi organismi viventi a fungere da registratore dei cambiamenti climatici, fornendo alla scienza un’idea più precisa delle conseguenze dell’aumento delle temperature. E’ quanto ha scoperto in un recente studio il professor YAO Tandong insieme ad un team di ricercatori della ITP (Tibetan Plateau Research), della Xiamen University e della Chinese Academy of Sciences.

Più biocarburante da piante geneticamente modificate

Le piante geneticamente modificate per facilitare la ripartizione del materiale legnoso, potrebbero essere la soluzione per ottenere etanolo in maniera più ecologica e meno costosa. A dirlo sono i ricercatori della Penn State, in un recente studio pubblicato da ScienceDaily.
La lignina, componente principale del materiale vegetale del legno, protegge la cellulosa e fornisce alla pianta una sorta di impianto esterno capace di resistere a forti raffiche di vento e all’attacco dei microbi. Tuttavia, questa barriera protettiva rende difficile l’accesso alla cellulosa. Come ha spiegato lo stesso autore dello studio John Carlson, professore di genetica molecolare alla Penn State:

C’è un sacco di energia, bloccata all’interno del legno, nella cellulosa. Purtroppo separare questa energia dal legno per produrre l’etanolo è un processo costoso che richiede elevate quantità di calore e di sostanze chimiche. Inoltre, gli enzimi fungini che attaccano la lignina non sono ancora ampiamente disponibili, perchè attualmente in fase di sviluppo, e non sono molto efficienti nella scomposizione della lignina.

Un filtro multiuso per ripulire l’ambiente dal petrolio

Una nuova tecnologia di filtraggio, con potenziali applicazioni sia industriali che ambientali, è stata messa a punto da un team di ingegneri della University of Purdue.
Gli studiosi hanno infatti creato un nuovo tipo di membrana che separa i residui di petrolio dall’acqua e che potrebbe essere usato, se perfezionato, per molteplici scopi: come sistema di filtraggio nelle industrie, in natura per ripulire l’ambiente, in mare per depurare le acque dalle sostanze inquinanti.

I ricercatori hanno attaccato il nuovo materiale a un filtro di vetro, comunemente usato nelle ricerche di laboratorio.
La nuova tecnologia ha la peculiare caratteristica di durare più di quanto non facciano già i filtri convenzionali per la separazione di petrolio e acqua. Funziona attirando esclusivamente l’acqua e lasciando nel filtro il petrolio.

Da un fungo della Patagonia arriva il mico-diesel

Al fine di scongiurare il rischio di un’eventuale crisi globale dovuta alla scarsità di petrolio e per tutelare la salute del nostro Pianeta, cresce sempre di più l’attenzione alle fonti di energie alternative, con particolare riguardo alle nuove generazioni di carburanti. L’ultima scoperta in merito arriva dall’America dove un gruppo di scienziati della Montana State University (MSU) ha individuato un particolare fungo capace di produrre delle sostanze chimiche simili al tradizionale combustibile diesel. Si chiama Gliocladium roseum ed è un piccolo micete che cresce nella foresta pluviale della Patagonia, dove è stato scoperto.

Test sugli animali, torture in nome della scienza

Tutti gli essere viventi sono creature di Dio. Così può essere più o meno sintetizzato il diritto alla vita di animali, piante, umani così come è concepito dal Cristianesimo. Ebbene, in questa sede non vogliamo certo arrogarci di riuscire ad interpretare il divino volere meglio dei suoi rappresentanti sulla Terra, però è insito nella curiosità propria degli essere razionali porsi degli interrogativi. Del tipo: Dio sarabbe d’accordo che invece di utilizzare cellule staminali sterminassimo migliaia di scimmie, conigli, topi, gatti, cani, orsi, condannandoli a morire tra le sofferenze più atroci per dei test che nel 90% dei casi falliscono?

I test sugli animali, di questo parliamo oggi, delle torture ai danni di centinaia di cavie, rese cieche, fatte ammalare di Aids, delle malattie più rare, che su di essi, non essendo umani, hanno conseguenze ancora più terribili, moltiplicando il dolore ai limiti del sopportabile. Tutto in nome della ricerca scientifica.

Scoperto un batterio che vive senza luce solare. Sarà l’abitante ideale di Marte?

Una nuova specie batterica a tre chilometri di profondità nella superficie terrestre. E’ quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory. Si tratta di un batterio denominato Desulforudis audaxviator, scoperto a circa 2,8 chilometri di prodonfità nella miniera di Mponeng in Sud Africa. Il batterio è in grado di sopravvivere nella totale assenza di luce e di ossigeno ad una temperatura di quasi 60 gradi C, sfruttando l’energia sprigionata dall’idrogeno e dai solfati presenti nelle rocce a causa del decadimento radioattivo dell’uranio. Il Desulforudis audaxviator è, quindi, un organismo autotrofo capace, cioè, di sintetizzare le proprie molecole organiche a partire da sostanze inorganiche come il carbonio, l’acqua e l’azoto.

Ridurre l’accumulo di arsenico nelle piante: scoperta la proteina responsabile dell’assorbimento

L’arsenico è un elemento chimico molto tossico e canceroso, presente in natura nelle rocce e nel suolo. Sono numerosi i paesi che, in base ai dati dell’UNESCO, devono fare i conti con le alte concentrazioni di arsenico nel suolo e nelle falde acquifere e spesso anche le colture, e in particolare il riso, vengono contaminate dall’arsenico, costituendo un grave rischio per la salute dell’uomo. Ingerire alte quantità di arsenico, infatti, può causare, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità,  la cosiddetta arsenicosi, una malattia che genera, tra gli altri, disturbi della pelle, cancro ai reni e alla vescica. Per far fronte a questo grave problema che affligge milioni di persone nel mondo, negli anni numerosi scienziati si sono dati da fare per trovare soluzioni adeguate. Alcuni ricercatori dell’Università di Gothenburg in Svezia, ad esempio, sono riusciti a capire come funziona il meccanismo di trasferimento dell’arsenico nelle piante, identificando quali sono le proteine responsabili dell’assorbimento.