L’industria del sacchetto di plastica investe 50 milioni di dollari in quelli riciclabili

L’American Chemistry Council (ACC) ha posto come obiettivo che i sacchetti di plastica del futuro dovranno essere prodotti con il 40% del materiale potenzialmente riciclabile entro il 2015. Per quella data si prevede di ridurre i rifiuti per un ammontare di circa 300 milioni di dollari (circa 220 milioni di euro) all’anno. L’obiettivo richiederà due punti primari, i quali dovranno soddisfare le seguenti condizioni:

1. Il processo di produzione dovrà essere rivisto, e per questo l’industria del sacchetto di plastica sta cercando di investire 50 milioni di dollari per questo scopo;

2. L’industria ha bisogno di raccogliere più sacchetti di plastica per fornire l’ulteriore contenuto riciclato, anche se i numeri specifici non sono stati menzionati.

Impariamo a riciclare l’umido

La civiltà del consumismo è anche la civiltà dello spreco. E probabilmente non c’è un simbolo migliore dello spreco dei rifiuti “umidi“. Chiamati così perché si tratta di composti organici, l’umido è una delle raccolte differenziate più snobbate in quanto, mentre ad esempio il vetro o la plastica sono più facili da individuare, e nella coscienza civile stanno cominciando a finire automaticamente nei cestini della raccolta differenziata, per quanto riguarda questa categoria, siamo sempre abituati a gettarla nell’immondizia indifferenziata.

Nell’umido rientrano tutti i composti organici, quindi bucce di frutta, avanzi del pranzo (ed in questi giorni chissà quanti ce ne saranno), ma non necessariamente si tratta di avanzi alimentari, dato che vi può rientrare ad esempio anche la pelle degli abiti, i fondi di caffè ed anche foglie e rami tagliati dal proprio giardino. Forse non ne siamo consapevoli, ma i rifiuti organici sono da soli un terzo di tutta l’immondizia che produciamo oggi, ed è questo il motivo principale per cui essi vanno riciclati.

Alluminio, come e perché riciclarlo

Non si sa come mai ma l’alluminio è uno dei materiali meno riciclati in assoluto. Eppure questo è strano, dato che è uno dei più utili, visto che con esso si possono costruire un gran numero di oggetti. Potenziale immondizia d’alluminio ci passa tra le mani tutti i giorni senza accorgercene, e con un pò più di attenzione potremmo dare una mano in più all’ambiente.

Un esempio? Il più classico sono le lattine delle varie bevande, ma sono di alluminio anche i fogli che avvolgono la cioccolata, il coperchio del vasetto di yogurt, le bombolette spray e le vaschette per alimenti, oltre ad una enorme quantità di oggetti, compresi quelli in ferro. Tutti però, per essere gettati nel cassonetto della differenziata dell’alluminio, devono riportare il simbolo “AL”, altrimenti potrebbe trattarsi di qualcosa che assomiglia all’alluminio, ma non lo è.

Impariamo a riciclare la plastica

Bottiglie, confezioni per alimenti, pacchi e pacchetti. Quanta plastica transiterà sotto le nostre mani in questi giorni di festa, e quanta anche nei mesi successivi. La plastica è uno dei materiali più pericolosi al mondo perchè, per quanto utile, è molto inquinante. Proviene dal petrolio, e come tutte le cose che provengono dal petrolio ci mettono secoli per biodegradarsi (dai 100 ai 1000 anni) e danneggiano l’ambiente in maniera impressionante.

Anche per questo materiale, e forse in special modo per questo, il consiglio di Ecologiae è di riciclarlo, e adesso chiariremo anche come farlo. Infatti vanno specificati alcuni punti. Il materiale riciclabile, quello che può essere inserito nel cassonetto della raccolta differenziata con la scritta “plastica”, è quello che arreca le sigle PE, PET e PVC. In questi rientrano contenitori di liquidi o cibi solidi, flaconi di detersivi, shampoo, fino alle buste della spesa e centinaia di altre cose. Da evitare assolutamente è l’inserimento di quei contenitori edulcorati, quelli che ad esempio contenevano vernici o materiali tossici che possono rimanere attaccati alla plastica, piatti e bicchieri, custodie per cd e anche video e audiocassette, perchè contengono il nastro che non è di plastica.

Riciclaggio del vetro, poche regole, molti guadagni

Siccome il Natale è diventata la festa più consumistica di tutte, proviamo a far diventare questa giornata (o meglio questo periodo) di sprechi, un pò più ecologica. Per farlo le regole sono molto semplici, e al primo posto c’è la raccolta differenziata, dato che è il periodo in cui si mangia di più (per chi può ancora permetterselo).

Ieri vi abbiamo parlato del riciclo della carta, ora vediamo come e perchè si deve riciclare il vetro. Una cosa che in pochi sanno è che, accanto alle bottiglie, flaconi e vasetti di vetro, ci sono tante cose che sono fatte di quel materiale, ma che non si possono riciclare, e per questo non vanno inserite nella cosiddetta “campana”. Stiamo parlando ad esempio dei vetri delle finestre, dei piatti e dei bicchieri, di tutti quegli oggetti che possono essere scambiati con il vetro, ma che in realtà sono porcellana, oppure i barattoli che prima contenevano vernice, in quanto edulcorati e non più utilizzabili.

Natale 2008, le regole contro lo spreco di carta

Tra pochi giorni ci saranno milioni di cenoni di Natale e milioni di regali da scartare. Purtroppo però c’è la prospettiva anche di milioni di tonnellate di immondizia. Se però stiamo un pò attenti, ci rendiamo conto che potremmo evitare molta di questa spazzatura, e anzi potremmo anche riciclarla.

Secondo il Comieco (Consorzio nazionale per il recupero ed il riciclo degli imballaggi a base cellulosica), se tutti gli italiani evitassero di gettare nell’indifferenziata la carta utilizzata in questo giorno di festa, potremmo risparmiare all’ambiente lo smaltimento di 10 mila tonnellate di immondizia tra carta e cartone, praticamente quanto produce la sola Lombardia in una settimana. Se non ci credete, ecco l’esempio.

In Giappone un paese a “rifiuti zero”

Un paese a rifiuti zero. Ripensando a questa estate e all’emergenza rifiuti che ha colpito alcune città italiane ed in particolare Napoli, sembra impossibile. Eppure esiste davvero. Si chiama Kamikatsu ed è un cittadina di 2.000 abitanti situata sulle colline orientali del Giappone. Qui il sindaco, Kasamatsu Kasuichi, ha deciso di dichiarare guerra ai rifiuti rivoluzionando il tradizionale metodo di raccolta dell’immondizia. Nessun cassonetto dei rifiuti per le strade del paese e nessun inceneritore, tutto, invece, viene riciclato e compostato dai cittadini di Kamikatsu che hanno imparato anche a utilizzare al meglio gli scarti alimentari. I residenti del piccolo paese giapponese si occupano personalmente di differenziare i rifiuti, separando, come prima cosa, quelli organici da quelli non organici.

Green Design Festival, Atene ci prova

Atene ci prova. Forse consapevole del suo essere tra le capitali più inquinate d’Europa, fa un salto avanti ed edifica un Eco Museo nella piazza centrale, costruisce giardini verticali lungo le pareti dei palazzi e si ripensa in tema ecologista.

Diffondere nei cittadini una cultura del verde, o almeno crearne la consapevolezza, è lo scopo dell’Athens Green Design Festival, il primo tentativo greco di parlare di Design e di sostenibilità. Attraverso l’uso di installazioni, idee creative, nuove tecnologie e riuso di materiali, il festival mira a presentare idee e soluzioni per tingere di verde la vita quotidiana di una popolazione che di attenzione all’ecologia oggi ne ha ben poca.

Made in Italy e certificati i primi assorbenti biodegradabili e compostabili

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L’ICEA – Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale ha rilasciato alla ditta Corman di Lacchiarella (MI) il certificato di garanzia per la realizzazione di assorbenti e salvaslip ecologici. I due prodotti sono realizzati in cotone biologico, con una piccola percentuale di mater-bio. Le due linee di assorbenti sono quindi un biopolimero, totalmente biodegradabili e compostabili.

La certificazione garantisce la qualità dei prodotti in risposta a due problemi: da un lato gli assorbenti sono prodotti in cotone bio e sono ipoallergenici, ideali per tutte le donne che manifestano problemi con gli ordinari prodotti per l’igiene femminile a base di plastica e cellulosa. A ciò si somma poi il nuovo valore aggiunto dell‘essere i primi completamente biodegradabili e compostabili, minimizzando l’impatto in fase di smaltimento post-consumo.

Raccolta differenziata: il riciclaggio dell’alluminio

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Lo sapevate che con 37 lattine è possibile fare una caffettiera e che tutte le caffettiere prodotte in Italia (7.000.000 di unità) sono in alluminio riciclato? E che con 3 lattine si produce un paio di occhiali? Ed ancora che con 800 lattine si può costruire una bicicletta completa di accessori? L’alluminio è quindi un materiale che si presta a una vastità di applicazioni e possibilità di riutilizzo, grazie alle sue proprietà: leggerezza (un terzo dell’acciaio), durata: l’ossido superficiale è una barriera alla corrosione atmosferica; lavorabilità: può essere modellato con tutte le comuni tecniche di lavorazione, più facilmente della maggior parte degli altri metalli; versatilità: possibilità di formare molte leghe, rigide o elastiche; riciclabilità con un costo energetico contenuto.

Il riciclaggio dell’alluminio proveniente da raccolta differenziata dei rifiuti urbani riguarda in particolare gli imballaggi: lattine per bevande, scatole per alimenti, bombole aerosol, chiusure per bottiglie e vasi, tubetti, vaschette, fogli sottili, involucri… A livello nazionale, esistono opportuni Consorzi di filiera, nati con il Decreto Ronchi, che si occupano del recupero di differenti frazioni merceologiche. Per l’alluminio, tale entità è il CIAl (Consorzio Imballaggi Alluminio), che ha tra i propri compiti quello di garantire il recupero degli imballaggi in Alluminio provenienti dalla raccolta differenziata fatta dai Comuni. I risultati ottenuti in termini di raccolta differenziata, riciclo e recupero, sono particolarmente positivi e hanno reso l’Italia un esempio per tutta l’Europa.

Dove sono i raccoglitori di pile esauste? Batterie scariche e pirati della spazzatura

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L’UE produce più di un milione di tonnellate di batterie all’anno, molte delle quali contengono sostanze chimiche pericolose come il piombo e il cadmio. Solo la metà delle batterie acquistate dai consumatori finisce nel circuito dei rifiuti, ed è stato eliminato, quindi, in inceneritore o in discarica. Forse perché alcuni neanche sanno dell’esistenza delle discariche di raccolta delle batterie, o purtroppo alcuni paesi, specialmente al Sud, non sono neanche provvisti… Le batterie scariche devono essere gettate negli appositi raccoglitori che dovrebbero x legge essere situati in ogni comune e citta’ e posizionati in luoghi accessibili e facilmente identificabili. Se nel posto in cui viviamo non esistono, è bene presentarsi in circoscrizione e denunciare l’omessa posizionatura dei raccoglitori di pile esauste per la raccolta differenziata.

A favore o contro la bioplastica?

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La plastica tradizionale, o sintetica, è normalmente prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio verso il grande settore della petrolchimica. Gli oggetti in plastica tradizionale sono riassorbiti dalla natura dopo lunghi periodi di tempo: una busta di plastica lasciata galleggiare nel mare resiste all’attacco di qualsiasi batterio per secoli, una bottiglia di plastica necessita di 400 anni per decomporsi. A questo impatto ambientale si aggiunge il costo sociale del trattamento dei rifiuti in plastica.

La bioplastica, viceversa, si dissolve senza lasciare residui inquinanti, in base alla composizione chimica possono necessitare da pochi giorni a 4-5 anni. È un’alternativa a riciclaggio e reimpiego: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica data la loro rapida biodegradabilità. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, etc, verrebbero caricati “quotidianamente” insieme a tutti gli altri). Essendo prodotti degradabili al 100% non lasciano traccia nell’ambiente. Per un gran numero di motivi – non da ultimo a causa del prezzo costantemente alto del petrolio – si giudicano positive le prospettive future degli imballaggi prodotti da materie prime rinnovabili. L’industria fa inoltre affidamento sul sostegno della politica per andare avanti con lo sviluppo di questa tecnologia avveniristica.

Come sarà la Terra fra cento anni? Ce lo spiega Legambiente

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Visti i buoni risultati che si stanno ottenendo con le iniziative di Legambiente, del WWF e di altre associazioni ambientaliste, la stessa Legambiente ha fatto una previsione in cui descrive come vede la Terra tra cento anni.
Il dossier, che si intitola “La Terra nel 2108” è un pò ottimistico, ma forse tiene conto del fatto che se non si prendono in considerazione i consigli degli ambientalisti, e non si cerca di rispettare un pò di più l’ambiente, si rischia che l’anno 2108 la Terra non lo vedrà mai.

La ricerca, presentata durante l’Earth Day da Pietro Cambi, prevede l’utilizzo di tecnologie super avanzate legate soprattutto al risparmio energetico e alle risorse rinnovabili, e gli animali, salvi dall’estinzione, che vivranno in armonia con l’uomo.