Ecco come reagirà l’Artico al cambiamento delle temperature

permafrost artico

Con il riscaldamento dell’Artico, il permafrost si degrada, potenzialmente portando a conseguenze di un aumento del deflusso delle acque sotterranee nella terra gelata, in cui era rimasta bloccata, sciogliendo tale ostacolo e facendo riprendere il flusso interrotto. Per studiare come i sistemi idrici sotterranei si evolveranno in seguito all’aumento delle temperature in superficie, V. F. Bense, ricercatore della School of Environmental Sciences, University of East Anglia, Norwich, UK, e colleghi, hanno sviluppato un modello per simulare una falda acquifera idealmente coperta da uno strato di permafrost.

Avviando la simulazione, sono stati presi in considerazione tre scenari possibili, a partire da tre temperature di superficie iniziale (-2, -1,5, e -1 gradi centigradi, o 28,4, 29,3 e 30,2 gradi Fahrenheit), corrispondenti a diversi spessori del permafrost. In ogni caso, i ricercatori sono arrivati ad osservare come, in seguito all’aumento della temperatura media della superficie stagionale di 3 gradi C (5,4 ° F) in più di 100 anni, la regione artica è in grado di reagire. I 3 gradi sono una media dei modelli di previsione per l’aumento della temperatura nell’Artico nel prossimo secolo, ed una stima tra le più ottimistiche per il resto del mondo.

Il Brasile decide di ridurre le proprie emissioni del 39% entro il 2020

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Rafforzare gli impegni assunti nel COP15 all’inizio di questo mese. E’ questo ciò che il Presidente brasiliano Lula ha deciso tramite un decreto legge che richiede alla sua nazione di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 39% entro il 2020. Nonostante l’azione coraggiosa fatta dal Brasile per ridurre le emissioni, che è tra le più ambiziose, tre importanti disposizioni del progetto di legge non hanno fatto piacere ai gruppi ambientalisti. Ma a differenza dei risultati del COP15, la nuova legge brasiliana offre un esempio da seguire per le altre nazioni.

Il disegno di legge, che è stato approvato dal Senato, conteneva regole rigorose in materia di industrie per garantire la riduzione delle emissioni entro l’obiettivo, ivi compreso l’obbligo che i combustibili fossili fossero gradualmente abbandonati, sostituiti da altre fonti di energia. Nel firmare il disegno di legge in legge, Lula ha posto il veto su tre delle disposizioni più avanzate al suo interno, una delle quali era la graduale eliminazione dei combustibili fossili.

La deforestazione in Amazzonia continua a ritmi elevatissimi

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Durante il COP15 di Copenaghen, all’inizio di questo mese, il Brasile si è distinto tra le nazioni in via di sviluppo per il suo coraggioso impegno nel ridurre le emissioni di carbonio e ridurre la deforestazione della foresta Amazzonica, ed è stato forse il più deluso dai risultati. L’anno scorso, il Brasile si era impegnato a ridurre la deforestazione dell’80% entro il 2020, e sembrava che fosse sulla buona strada per realizzare tale obiettivo: il tasso di deforestazione era sceso al 64% rispetto al 2005.

Lo scorso novembre, tuttavia, mentre il mondo si preparava alla conferenza di Copenaghen, e mentre il Brasile si preparava a fare la sua parte per trovare una soluzione ai cambiamenti climatici, 75 chilometri quadrati di foresta amazzonica sono stati distrutti.

Eco-turisti o super-inquinatori?

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I circa 40.000 “eco-turisti” che visitano il Polo Sud ogni anno causano enormi emissioni di gas ad effetto serra. I visitatori del massiccio coperto di neve non mettono in pericolo solo la regione antartica con le loro azioni, ma anche il resto del mondo.

Il ricercatore olandese Machiel Lamers ha esaminato l’aumento dell’impatto del turismo in Antartide e in che modo tale impatto potrebbe essere frenato. Il turismo è una delle industrie principali in Antartide. Qui in soli 20 anni si è passati da poche centinaia di turisti a più di 40.000 curiosi all’anno.

Nucleare, una maxi stangata per le tasche degli italiani

nucleareNucleare italiano. Tema scottante degli ultimi mesi. Dopo le prime polemiche che hanno diviso il Paese è seguito un periodo di disinteresse e relativo silenzio sulla riconversione all’atomo in Italia. Nelle ultime settimane si è tornato a parlarne perchè sono trapelate indiscrezioni sulle regioni che dovrebbero ospitare o che comunque sono ritenute più idonee per la costruzione delle centrali. Si parlava di una lista di siti papabili inviata dall’Enel al governo. Ma la notizia è stata smentita. Nel frattempo, il decreto legislativo sul nucleare previsto dalle Legge Sviluppo è stato approvato qualche giorno fa dal Consiglio dei ministri.

Le regioni che ospiteranno le centrali avranno milioni e milioni di euro come risarcimento e per i comuni saranno previsti sgravi fiscali. Si parla anche di ulteriori compensazioni economiche e di un alleggerimento sulla bolletta per gli italiani, ma c’è chi non è affatto convinto che le cose andranno così.

Il Governo porta l’Italia indietro di 30 anni: approvati i criteri per il nucleare

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Le aree in cui verranno costruiti i 4 o 5 impianti nucleari in Italia con ogni probabilità si conoscono già, ma non verranno resi noti prima delle elezioni regionali. E’ quanto si apprende dalla delibera di questa notte, in cui il Governo ha stabilito i criteri in base ai quali verranno costruite le centrali italiane.

Una decisione che riporta l’Italia molto indietro, a prima di Cernobyl e a prima di un referendum contro il nucleare, a cui l’Esecutivo non dà peso. Dopotutto non è un caso che abbiano deciso di secretare tutto fino alle elezioni: se avessero reso noto prima i siti, sicuramente in quelle Regioni le elezioni sarebbero state perse al 100%. Dopo il salto i criteri del più grande scandalo della storia italiana.

I ghiacciai in Tibet si stanno sciogliendo e potrebbe sparirne una grossa parte entro il 2050

ricercatori in Tibet

Della fuliggine nera depositata sui ghiacciai del Tibet ha contribuito in modo significativo alla ritirata di una delle più grandi masse di ghiaccio polare al mondo, secondo la nuova ricerca dagli scienziati della NASA e dell’Accademia Cinese delle Scienze. La fuliggine assorbe la radiazione solare in entrata ed è in grado di velocizzare la fusione glaciale, quando si deposita sulla neve in quantità sufficienti.

Le temperature sull’altopiano tibetano, a volte chiamato “terzo polo della Terra”, si sono scaldate di 0,3 ° C per decennio negli ultimi 30 anni, circa il doppio del tasso dell’aumento della temperatura globale. La ricerca sul campo suggerisce che l’influenza del riscaldamento dei ghiacciai del Tibet potrebbe rivaleggiare con quella dei gas ad effetto serra.

I ghiacciai del Tibet si stanno ritirando ad un ritmo allarmante. La fuliggine nera è probabilmente responsabile della metà dei scioglimento dei ghiacci, ed i gas ad effetto serra sono responsabili per il resto

ha detto James Hansen, coautore dello studio e direttore del NASA’s Goddard Institute for Space Studies (GISS), a New York City.

Gli americani non credono al “climagate” e spingono per una legislazione più verde

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Una buona notizia arriva dall’America, dove le lobby inquinanti avevano sguinzagliato uno stuolo di pseudo-scienziati negazionisti per far fallire le trattative sulla riduzione delle emissioni in patria e a Copenaghen. Un nuovo sondaggio ha dimostrato che gli americani credono ancora che il riscaldamento globale sia realtà, e la maggioranza ancora vuole la riforma sull’energia pulita.

Anche a fronte di tutte le rumorose e ridicole accuse scatenate dalle e-mail rubate, le quali smentivano un consenso scientifico formatosi nel corso di decenni di ricerca meticolosa, gli americani sono ancora abbastanza intelligenti per vedere la verità. Un nuovo sondaggio offre a questi ed altri risultati incoraggianti, e ripristina una certa fiducia nel buon risultato a Copenaghen.

La Banca Mondiale anticipa tutti e parte con il primo progetto verde in Africa e Medioriente

centrale solare

Mentre i grandi della Terra litigano sull’entità della cifra da stanziare per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare i cambiamenti climatici, la Banca Mondiale ha annunciato che 5,5 miliardi di dollari saranno investiti in progetti di energia solare concentrata in cinque paesi del Medio Oriente e Nord-Africa (Algeria, Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia), che ha un senso molto più che investire in progetti di energia solare nella nuvolosa Germania, o nei Paesi del Nord che di sole ne hanno ben poco.

Il  Clean Technology Fund della Banca Mondiale ha già stanziato 750 milioni di dollari, e questo finanziamento servirà per “mobilitare un ulteriore 4,85 miliardi di dollari provenienti da altre fonti”. In una dichiarazione alla stampa, il rappresentante della Banca mondiale ha spiegato:

La proposta della diffusione su scala dei gigawatt di 11 centrali elettriche di scala commerciale nell’arco di tre-cinque anni potrebbe fornire la massa critica di investimenti necessari per attrarre un significativo interesse del settore privato, far beneficiare le economie di scala per ridurre i costi, con il risultato dell’apprendimento in condizioni operative diverse, e gestione dei rischi.

Nucleare in Italia, i Verdi diffondono la lista dei probabili siti e annunciano battaglia

centrali nucleari ItaliaIl possibile quanto surreale ritorno al nucleare italiano torna a far discutere proprio in questi giorni in cui l’attenzione mondiale è concentrata verso ben altri temi, quelli trattati al summit di Copenhagen, il punto di convergenza attuale degli sforzi dei Paesi più industrializzati della terra per ridurre le emissioni e puntare alle energie pulite. Si torna a parlarne perchè probabilmente si sa qualcosa in più sui siti destinati alla costruzione delle centrali.

Dopo il no agguerrito e preventivo delle regioni italiane, immediata reazione all’annuncio dell’accordo italo-francese sul nucleare, è passato qualche mese di silenzio, dove non sono mancate le polemiche più o meno sottovoce e l’esternazione dei mille dubbi che il governo non ha mai chiarito su quanto deve ancora accadere. Qualche notizia, finalmente, però sembra essere finalmente trapelata.

E’ toccato ai Verdi alzare la voce e illuminare noi ignari cittadini sulle possibili aree di costruzione delle centrali nucleari, intercettate all’interno di un dossier inviato dall’Enel al governo.

Italia: temperature più alte di 1,3 gradi in un secolo

caldo italia

Una risposta agli scettici e a coloro che dicono che il riscaldamento globale non esiste arriva dal Cnr di Bologna, il quale ha raccolto i dati climatici e tutte le variabili degli ultimi 100 anni, ed ha lanciato l’allarme: il riscaldamento globale esiste, ed è anche molto più serio del previsto.

A questo punto in molti potrebbero pensare che tanto chi paga sono solo i Paesi più sfortunati, come le Maldive, che si trovano al livello del mare, o i Paesi africani. Ed invece no, perché anche l’Italia sta pagando seriamente questo cambiamento delle temperature. Si spera, durante i negoziati di Copenaghen, di trovare un accordo per stabilizzare l’incremento delle temperature entro il 2100 al massimo a 2 gradi centigradi. Sembrano tanti, ma non lo sono. Basti pensare infatti che il nostro Paese oggi registra 1,3 gradi Celsius in più in media rispetto a 100 anni fa.

Summit di Copenhagen, il Papa lancia un appello per salvare il clima

papa-benedetto-xvi appello climaAnche il Papa ha voluto partecipare agli appelli che provengono da ogni parte del mondo, rivolto ai rappresentanti dei Paesi che parteciperanno al Summit di Copenhagen. Un messaggio di speranza che Papa Benedetto XVI ha lanciato ieri al termine dell’Angelus in piazza San Pietro. Il Vaticano ha dimostrato sempre una grande sensibilità verso i temi ambientali e il riscaldamento globale, optando tra l’altro per i tetti solari per i palazzi vaticani in vista di una riconversione energetica che puntasse alle risorse rinnovabili e all’energia pulita.

L’attenzione dell’opinione pubblica mondiale si concentra ora proprio sul vertice e sulle  misure che verranno prese per diminuire l’effetto dei cambiamenti climatici e correre ai ripari. La partecipazione di Obama alla chiusura dei lavori è un segnale positivo che fa sperare in scelte e cambiamenti radicali che impegnino fino in fondo soprattutto i Paesi che più inquinano e quelli che sono appena entrati nella schiera di Paesi più industrializzati. Pensiamo alla rapida espansione industriale dell’India, per citare solo un esempio.

Tra 90 anni San Francisco non esisterà più. Almeno in superficie

schwarzenegger california

Altro che riscaldamento globale. Qui si parla di una vera e propria catastrofe. Dopo osservazioni, raccolte di dati, esperimenti e controesperimenti, ormai non ci sono più dubbi. E’ talmente sicuro che la California sarà una delle regioni più colpite al mondo dai cambiamenti climatici che il suo governatore, Arnold Schwarzenegger, è stato costretto ad andare in televisione ed annunciare al suo popolo cosa gli scienziati gli hanno appena riferito: buona parte della città di San Francisco, ma gran parte della west coast in generale, entro la fine del secolo sarà sommersa.

Già da tempo ci si aspetta la rottura della faglia di San Andrea, la quale potrebbe far staccare un pezzo della California dal resto degli Stati Uniti, o peggio ancora potrebbe farla affondare, ma a tutto questo si aggiunge lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello degli oceani, l’eccessiva pressione di strade e abitazioni su un territorio troppo fragile per sostenerle e lo stravolgimento delle temperature. Tutti fattori che fanno pensare che tutta la zona costiera di una delle città più belle del mondo potrebbe trovarsi un metro e mezzo sott’acqua entro il 2099.

L’Indonesia converte 27 stazioni di rifornimento in aree verdi

stazione di servizio giakarta

In tutto il mondo, le auto e le infrastrutture a loro dedicate hanno coperto la maggior parte dello spazio aperto con l’asfalto. Ma con la chiusura del mese scorso del primo dei 27 distributori di benzina, la città di Giakarta, in Indonesia, ha iniziato la bonifica di alcuni terreni per il pubblico impiego.

La Jakarta Parks e la Cemetery Agency chiuderanno più di due dozzine di stazioni di servizio entro la fine del
l’anno, convertendole in 10.505 metri quadrati di spazio verde per fare un po’ respirare la capitale indonesiana. Le aree verdi a Giakarta sono andate riducendosi per decenni, dal 35% dell’intera città nel 1965 ad appena il 9,3% di oggi.

Un obiettivo del 30% è stato fissato dalle leggi di pianificazione, che hanno anche designato la custodia delle 27 stazioni di rifornimento riconvertite in aree verdi. Il piano per convertire le stazioni dismesse è stato respinto dal consiglio comunale lo scorso anno sotto la pressione politica da parte dei proprietari delle compagnie del gas, ma i funzionari neo-eletti hanno approvato l’idea questa volta.