Quanta CO2 sarà emessa durante il congresso di Copenaghen?

inquinamento aereo copenaghen

Ci sono due possibili risposte a questa domanda. In primo luogo bisogna capire quale sarà l’impronta di carbonio per quanto riguarda le grandi quantità di fogli e carta in generale; e poi bisogna considerare quanta emissione di biossido di carbonio è giustificata.

Sulla prima questione, possiamo solo fare congetture in larga misura al momento, perché la cifra ufficiale sull’impronta non dovrebbe essere rilasciata prima dell’11 dicembre. Tuttavia, la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che è la convocazione COP15, ha già cercato di stimare le emissioni probabili. Si calcola che 41.000 tonnellate di biossido di carbonio saranno emesse

per l’intera conferenza incluso il viaggio per e da Copenaghen.

Solo il 10% di questa cifra sarà il risultato di emissioni locali, quindi possiamo concludere che gran parte di questo è dovuto ai voli di tutti i delegati che arrivano da tutto il mondo. E fin qui ci può stare. L’UNFCCC aggiunge, però, che l’obiettivo è quello di rendere il congresso ad emissioni zero, sostenendo un progetto “ambizioso sul clima in Bangladesh”, che vedrà le vecchie fabbriche altamente inquinanti a Dacca, sostituite con 20 nuove con forni efficienti, le quali andranno a compensare la CO2 prodotta nella capitale danese.

Gli alberi diventano “obesi” per assorbire l’inquinamento

betulle

Fino a poco tempo fa si pensava, e qualcuno lo pensa ancora oggi, che aumentando le emissioni, il mondo è destinato a collassare in maniera direttamente proporzionale. Se da un lato è vero che un eccesso di inquinamento può distruggere il mondo, dall’altro la Natura ancora una volta ci sorprende, e ribalta la nostra visione limitata del mondo.

Non è vero infatti che questo avviene in maniera proporzionale. Alcuni ricercatori americani dell’Università del Wisconsin-Madison hanno notato che alcune specie di alberi, ed in particolare le betulle, negli ultimi anni hanno cominciato ad aumentare la quantità di CO2 assorbita. E proprio come avviene a noi umani quando aumentiamo il cibo ingurgitato, stanno ingrassando.

L’incremento di Co2 non è responsabile della perdita della biodiversità

biodiversità vegetale

L’aumento dei livelli di biossido di carbonio può surriscaldare il pianeta e causare altri problemi ambientali, ma si teme che l’aumento dei livelli di CO2 potrebbe ridurre direttamente la biodiversità vegetale, secondo un nuovo studio condotto da Peter Reich, scienziato dell’Università del Minnesota. In realtà, l’aumento di CO2 può realmente aiutare a contrastare la perdita di diversità di un altro problema ambientale: la pioggia globale di azoto da fertilizzanti e fumi di scarico.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ha coinvolto un osservazione di 10 anni di 48 appezzamenti piantati con 16 diverse specie di piante, i quali sono stati testati utilizzando ambienti con livelli elevati di azoto e anidride carbonica. I ricercatori hanno misurato il numero di specie osservate in ogni terreno, l’impianto di biomassa sia sopra che sotto terra, così come i fattori legati al suolo, acqua e luce, che possano incidere sulla crescita delle piante.

Il riscaldamento globale è già realtà in Kuwait

kuwait bay

Dal 1985, la temperatura dell’acqua di mare nella Kuwait Bay, nel nord del Golfo Persico, è aumentata in media di 0,6 ° C per decennio. Questo è circa tre volte più veloce del tasso globale medio riferito dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Le differenze sono dovute agli effetti regionali e locali. L’aumento delle temperature sta avendo effetti profondi sui principali habitat e sulla produzione di energia elettrica nel Golfo Persico.

Il ricercatore Dr Thamer Al-Rashidi del National Oceanography Centre di Southampton ha spiegato:

Poiché le acque della baia del Kuwait sono ben mescolate dalle maree, le misurazioni della temperatura della superficie del mare può essere utilizzata per valutare l’andamento della temperatura nel corso del tempo, nella baia nel suo complesso.

Lui e i suoi colleghi hanno utilizzato i dati sulla temperatura della superficie del mare (1985-2007) telerilevati da una serie di satelliti in orbita polare per valutare il riscaldamento in Kuwait Bay e nella regione del Golfo. I dati sono stati registrati con misurazioni dirette della temperatura della superficie del mare, e sono in accordo con le tendenze della temperatura dell’aria registrata presso l’aeroporto del Kuwait, per verificare le tendenze trovate nei dati satellitari.

Il riscaldamento globale si potrebbe risolvere con meno di 3 euro a testa

eurostar-trains

L’Environment Institute di Stoccolma, in collaborazione con Friends of the Earth, ha appena rilasciato una nuova relazione da cui risulta che l’Unione europea potrebbe raddoppiare il suo impegno attuale di riduzione delle emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 ad un costo giornaliero di meno di 3 euro a persona.

I trasporti e le scelte alimentari figurano come fattori principali nello studio che mira al taglio del 40% di emissioni: entro il 2020 il trasporto aereo potrebbe diminuire del 10%, e quello tramite le automobili private del 4%, mentre il viaggio in treno vedrebbe un aumento del 9%. Il consumo di carne scenderebbe del 60%. Estendendo questo percorso fino al 2050, scopriamo che i viaggi in auto private scenderebbero dal 75% circa del totale degli spostamenti di oggi a solo il 43% e i viaggi in treno prenderebbero il posto dell’80% dei voli attualmente in corso nell’arco di 1.000 km di distanza. Oltre a questi cambiamenti, ne accadrebbero anche altri nell’ambito della produzione energetica.

Uno scenario da Era Glaciale potrebbe accadere alla Terra nel giro di uno o due anni

terra era glaciale

Nel film The Day After Tomorrow, il mondo entra nella morsa di un nuovo periodo glaciale nel giro di poche settimane. Ora una nuova ricerca dimostra che questo scenario non può essere dopotutto così lontano dalla verità.

William Patterson, della University of Saskatchewan in Canada, e i suoi colleghi hanno dimostrato che fermare la circolazione della corrente del Nord Atlantico può forzare l’emisfero settentrionale ad entrare in una mini-era glaciale nel giro di pochi mesi. Un lavoro precedente ha indicato che questo processo potrebbe aver bisogno di decine di anni.

Circa 12.800 anni fa, l’emisfero Nord è stato colpito da una gelata, conosciuta dagli scienziati come il Dryas Recente, e soprannominato il “Big Freeze” (Grande Congelamento), che è durato circa 1.300 anni. Alcune prove geologiche mostrano che il Big Freeze è stato causato da un improvviso afflusso di acqua dolce, quando il Lago ghiacciato Agassiz nel Nord America ruppe gli argini e si riversò nel Nord Atlantico e nell’Oceano Artico. Questo impulso vasto, un volume d’acqua superiore a tutti i Grandi Laghi del Nord America, ha diluito la corrente del Nord Atlantico e l’ha portata ad una battuta d’arresto.

Un iceberg di mezzo chilometro ha quasi raggiunto la Nuova Zelanda

enorme iceberg

L’idea che tutti abbiamo della Nuova Zelanda è di un posto solare, “estivo”, con palme e spiagge che lo fanno sembrare alla stregua delle Maldive o degli altri Paesi tropicali. Ed invece il Paese oceanico si sta preparando per accogliere alcuni rari visitatori che lo stanno raggiungendo.

Più di 100 iceberg sono stati individuati al largo della costa dell’Isola Macquarie, territorio australiano a circa 900 miglia a sud-est della Tasmania, i quali si calcola possano essere a soli 200 chilometri dalla costa meridionale della Nuova Zelanda.

Questa è solo la seconda volta in 78 anni che dei grandi iceberg antartici sono avvistati così vicini. L’unico precedente è stato alla fine del 2006, quando un iceberg è stato avvistato nella costa orientale della Nuova Zelanda. Secondo il National Institute of Water and Atmospheric Research (Niwa), il monitoraggio effettuato via satellite ha mostrato che l’iceberg più grande misuri circa 500 metri di larghezza, 50 metri di altezza ed abbia uno spessore totale di 350 metri.

La distruzione delle torbiere in Indonesia potrebbe affossare definitivamente tutti gli sforzi per ridurre le emissioni

torbiera indonesiana

Le torbiere, specialmente quelle nelle regioni tropicali, recuperano enormi quantità di carbonio organico. Le attività umane stanno avendo un notevole impatto su queste zone umide. Per esempio, i progetti di risanamento, in combinazione con gli effetti della siccità periodica, possono portare ad incendi su vasta scala, che liberano enormi quantità di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, contribuendo così al riscaldamento globale.

Utilizzando misurazioni laser, il professor Florian Siegert e il suo gruppo di ricerca presso la Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco di Baviera hanno valutato la quantità di torba bruciata in tali incendi con una precisione senza precedenti. I nuovi dati indicano che, nel 2006, gli incendi delle torbiere in Indonesia hanno rilasciato fino a circa 900 milioni di tonnellate di CO2. Questo è più che la quantità totale di CO2 emessa in tutta la Germania nello stesso anno, e rappresenta circa il 16% delle emissioni in tutto il mondo associate alla deforestazione.

Recupero CO2 possibile grazie all’agricoltura biologica

agricoltura biologica

Si può anche non essere dei fan del biologico, ma certo è che l’agricoltura può dare una grossa mano per combattere i cambiamenti climatici. I britannici della Soil Association sono stati un sostenitori instancabili dell’energia sostenibile, e così ora, per cercare di tirare l’acqua al proprio mulino, stanno sostenendo che la conversione del Regno Unito all’agricoltura biologica potrebbe comportare tagli massicci del carbonio atmosferico.

Appena prima del summmit di Copenaghen, l’organizzazione ha pubblicato una nuova relazione che descrive come l’agricoltura biologica sia “l’anello mancante” al COP15. La relazione sostiene che fino all’86% del potenziale agricolo possa mitigare il cambiamento climatico grazie al recupero del carbonio nel suolo. Le fattorie biologiche possono recuperare dal 20 al 28% in più di carbonio nel suolo, rispetto a quelle non-biologiche, e una conversione globale all’agricoltura biologica potrebbe erecuperare fino all’11% delle emissioni globali di gas a effetto serra.

Inondazioni e uragani: ecco cosa accadrà al mondo senza l’intervento per ridurre le emissioni

uragano

L’Onu ha da qualche anno avviato un progetto, denominato Ipcc Project, per rilevare la situazione dei cambiamenti climatici, monitorarla in tempo reale, e predire cosa potrebbe accadere in caso di disastro naturale. La task force, dopo diversi anni di studi, ha concluso che la situazione è molto preoccupante, ma siamo ancora in grado di arginarla. Anche l’Ipcc è d’accordo sulla soglia dei due gradi di riscaldamento delle temperature medie globali, il che significa che il mondo deve assolutamente frenare o, meglio ancora, diminuire le sue emissioni.

Se queste continueranno ad aumentare, non si potrà tornare indietro, e la Terra rischierebbe una vera e propria rivoluzione. La prima e più diretta conseguenza sarà il famoso scioglimento dei ghiacciai, il quale porterebbe, entro il 2050, ad un innalzamento di mezzo metro delle acque. Cosa significa? Può sembrar poco, ma città intere come New York, Miami, Shangai o Calcutta verrebbero letteralmente spazzate via.

La Cina fa un passo verso Copenaghen: proposto un taglio di emissioni del 40% entro il 2020

parlamento cinese

Altro che fallimento, il congresso di Copenaghen potrebbe essere anche meglio di quello che si aspettava. E’ molto probabile che non si troverà un accordo globale sul taglio delle emissioni, ma questo solo perché ogni Paese si è deciso a tagliare le proprie autonomamente. Resta da vedere se manterranno o no la promessa, ma intanto l’impegno messo nero su bianco è già un grossissimo passo in avanti.

A dare la scossa definitiva è il presidente cinese Hu Jintao, proprio colui che qualche settimana fa sembrava aver affossato le speranze di dialogo. Il presidente cinese aveva deciso di non legarsi agli obiettivi che verranno proposti a Copenaghen per poter avere carta bianca e agire autonomamente, secondo le capacità del suo Paese. Oggi arriva l’impegno ufficiale che può far esultare gli ambientalisti di tutto il mondo: -40% (che potrebbe arrivare fino al 45%) entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005.

Il riscaldamento globale colpisce le Dolomiti: le temperature di novembre sembrano quelle di agosto

dolomiti

Qualcuno ha ancora qualche dubbio sul riscaldamento globale? Se qualche coraggioso ha risposto di sì, lo invitiamo a farsi un giro sulle Dolomiti. Non è soltanto per mostrargli uno degli scenari più caratteristici ed affascinanti del nostro Paese, ma è anche per constatare con i propri occhi un fenomeno che definire preoccupante è dire poco.

Le autorità trentine lanciano l’allarme: le temperature registrate nei giorni scorsi sono uguali a quelle che “normalmente” si registrano nei mesi estivi. In questo periodo di solito le Dolomiti sono uno scenario da Bianco Natale. Gli impianti sciistici sono già in funzione, la neve ha già imbiancato tutte le dorsali ed i primi turisti cominciano la prima parte dell’esodo che vede un primo picco durante il ponte dell’8 dicembre, ed il secondo a Capodanno. Purtroppo quest’anno c’è il rischio che il primo pienone debba essere rimandato.

Anche il Kilimangiaro si sta velocemente sciogliendo

ghiacciaio del Kilimangiaro

Il ghiaccio e la neve che ricoprono il maestoso Kilimangiaro in Tanzania stanno scomparendo sotto i nostri occhi. Se persistono le condizioni attuali, dicono gli esperti dei cambiamenti climatici, i ghiacciai del Kilimangiaro, famosi in tutto il mondo, saranno dispersi entro i prossimi due decenni.

In un certo senso molto reale, questi ghiacciai sono stati decapitati dalla superficie verso il basso

ha spiegato Lonnie Thompson, professore di scienze della terra alla Ohio State University. Thompson è il co-autore di uno studio sul Kilimangiaro pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Gli autori dello studio danno la colpa dello scioglimento del ghiaccio agli aumenti delle temperature globali e alla diminuzione delle nevicate nella zona.

Precedenti studi sui ghiacciai del Kilimangiaro hanno usato fotografie aeree per misurare la velocità con cui il ghiaccio si stava ritirando. Per questa nuova indagine, gli scienziati hanno scalato la montagna e forato in profondità i ghiacciai per misurare il volume dei campi di ghiaccio sopra i 5.892 metri.

Gli Stati Uniti stanziano 275 milioni di dollari per salvare la foresta pluviale

foresta pluviale danneggiata in indonesia

Gli Stati Uniti hanno promesso 275 milioni dollari per la protezione della foresta pluviale giovedi scorso, in occasione di un evento organizzato dall’erede al trono della Gran Bretagna, il principe Carlo, a Londra. Il denaro complessivamente stanziato sarebbe di 1,2 miliardi di dollari di assistenza per i programmi internazionali, nell’ambito di un bilancio 2010 attualmente in attesa di approvazione del Congresso degli Stati Uniti.

Il principe Carlo si è battuto per la protezione delle foreste tropicali, come un modo per frenare il cambiamento climatico e per preservare la fauna selvatica, e vuole che i fondi colmino un vuoto di politica prima di un accordo delle Nazioni Unite sul clima che entrerà in vigore nel 2013.