Artico, una pesca sostenibile è possibile

pesca sostenibile articoIl riscaldamento globale ha aperto nuove aree, prima pressocchè inaccessibili, alla pesca. Lo sciogliersi progressivo della calotta polare ha infatti per la prima volta messo a disposizione dell’uomo risorse ittiche inimmaginabili.
A dire il vero, non si conosce ancora molto degli ecosistemi di queste zone, proprio perchè sono stati sotto il ghiaccio fino a poco tempo fa.

Ecco perchè è necessario indagare in profondità la vita che popola questi abissi per non sconvolgere gli ambienti incontaminati dell’Artico e praticare attività di pesca sostenibili. Un obiettivo che per Gary Locke, Segretario del Commercio americano, è più che perseguibile. Qualche giorno fa Locke ha infatti approvato un piano per vietare l’espansione della pesca commerciale nelle acque artiche federali fino a che i ricercatori non abbiano finito di raccogliere informazioni sufficienti sui pesci e l’ambiente marino artico, proprio per cercare di prevenire gli effetti nefasti delle attività commerciali sull’ecosistema.

Candele profumate, il modo migliore per rendere inquinante un incontro romantico

candela paraffina

Accendere candele di cera contenenti paraffina, il tipo più comune utilizzato per infondere alle stanze un’atmosfera romantica, calore, luce, e centinaia di fragranze diverse, è in reltà una sconosciuta fonte di esposizione all’inquinamento. Diversi studi hanno compreso che alcuni noti agenti cancerogeni umani sono presenti in queste candele, come già tempo fa aveva denunciato la trasmissione televisiva Striscia La Notizia.

Alti livelli in ambienti chiusi possono ridurre la ventilazione e la quantità d’ossigeno, come indicato in uno studio presentato in occasione della 238a Assemblea nazionale della American Chemical Society (ACS) tenutasi a Washington, Stati Uniti.

Casa dolce casa…inquinante

inquinamento domestico

Si dice che non c’è nessun luogo come casa propria. Ma alcune relazioni di scienziati americani su alcune case nelle aree residenziali della California potrebbero sconvolgere questo caposaldo. La tipica casa americana, probabilmente come nel resto del mondo Occidentale, è probabilmente una sottostimata fonte di inquinamento delle acque, secondo un nuovo studio segnalato al 238esimo Incontro Nazionale della American Chemical Society.

Secondo gli studiosi Lorence Oki, Darren Haver e colleghi, la spiegazione è che il rilascio delle acque provenienti dalla pioggia e dall’irrigazione di prati e giardini, si snoda nelle fognature comunali sottostanti. A queste si aggiungono le acque reflue dei lavaggi dei fertilizzanti, pesticidi e altri contaminanti scaricati, tutti materiali che infine ritornano a galla nei fiumi, laghi e altri corsi d’acqua.

Dove finisce la plastica? In mare, naturalmente…

plastica in mare

Se solo ci fermassimo a pensare un istante a quanti oggetti abbiamo a portata di mano, nella stanza, nella casa in cui ci troviamo, realizzati con la plastica, e facciamo una rapida proporzione con il numero della popolazione umana ci renderemo ben presto conto che si tratta di cifre enormi. Ma dove va a finire tutta la plastica usata e non riciclata? E che posto occupa questo materiale nella lista degli inquinanti?

Presto detto. A rispondere ai nostri quesiti ci hanno pensato i ricercatori del College di Farmacia dell’università Nihon a Chiba, con uno studio coordinato da Katsuhiko Saido e presentato in questi giorni nel corso del 238/imo Meeting and Exposition della American Chemical Society a Washington. Secondo i dati raccolti dagli studiosi, la plastica che finisce sulle spiagge, a causa dell’inciviltà di alcuni (molti) turisti, o per mano di smaltitori illegali di rifiuti, è tutt’altro che indistruttibile e non biodegradabile.

Gli psicologi ci salveranno dal riscaldamento globale

psicologi

Non sono convinto che la situazione sia così brutta come gli esperti dicono…E’ colpa di tutti gli altri…Anche se faccio qualcosa, non farà alcuna differenza.

Questo è solo un estratto del lungo elenco dei motivi per cui la gente non fa nulla per combattere il riscaldamento globale. Questo mese, l’American Psychological Association (APA) Task Force ha pubblicato un rapporto che evidenzia queste e altre barriere psicologiche, ma spiega anche il modo di convincere ad agire per il bene del nostro Pianeta.

Esistono infatti dei “trucchi” che possono essere introdotti dalle aziende o associazioni per favorire un comportamento eco-friendly. Lo psicologo Mark Van Vugt della Libera Università di Amsterdam, nei Paesi Bassi, descrive gli elementi della natura umana che ci spingono ad agire altruisticamente. Tra i diversi gruppi di persone che possono avere interessi e motivazioni ben distinti, alcuni messaggi cercano di modificarne i comportamenti, i quali però devono essere adattati agli interessi dei singoli gruppi.

Stabilito il tempo che rimane ai panda: 2 o 3 generazioni e poi spariranno del tutto

panda appena nati

Ieri ci siamo occupati di un animale molto importante per la natura e la catena alimentare, il leone, che rischia di sparire dall’Africa. Ma se il re della savana ha ancora a disposizione qualche decennio per tentare di sopravvivere, c’è un altro animale molto più indifeso che rischia di sparire molto prima: il panda.

Scelto non a caso come simbolo del WWF, in quanto animale in via d’estinzione già da qualche decina d’anni, ora il tipico animale cinese ha letteralmente i giorni contati. Abbiamo tutti sentito che il panda gigante ha diversi problemi quando si tratta di riproduzione. Dopo diversi tentativi effettuati negli zoo e nei parchi nazionali di tutto il mondo, si è riuscito a capire che anche nelle migliori circostanze, questi pachidermi si riproducono molto lentamente. Sotto accusa è il fatto che ciò avviene contro natura, cioè in maniera obbligata dall’uomo e non in modo naturale nel suo habitat. Anche perché con la distruzione del suo territorio, il panda in Cina si ritrova diversi ostacoli sul cammino (per lo più  strade e autostrade), e perciò fa molta fatica a trovare il compagno/a, minacciando di ridurre il numero di esemplari in maniera molto grave.

Leoni a rischio estinzione, se ne contano 100 in meno all’anno solo in Kenya

leoni

Il Kenya lancia l’allarme: l’animale simbolo del Paese, il leone, sta scomparendo. Pian piano, a causa della “minaccia umana”, il re della foresta potrebbe essere detronizzato, tanto che, se si continuasse con questo ritmo, tra 20 anni questi bellissimi felini sarà possibile vederli sono negli zoo.

Ad affermarlo è Paul Udoto, portavoce dell’associazione Kenya Wildlife Service, che ha affermato che ogni anno si contano 100 esemplari in meno nell’intero Paese, uno di quelli che ospita il maggior numero di leoni. In particolare 7 anni fa si potevano contare 2.749 esemplari, mentre quest’anno a malapena si arriva a duemila. La causa di tutto questo? Ovvia: l’uomo.

La Cina fissa al 2050 il limite per il taglio delle emissioni

emissioni cinesi

Finalmente anche la Cina ha deciso di aderire seriamente al taglio delle emissioni, e non soltanto a parole come ha fatto fino a questo momento. Il problema è che inizierà le operazioni per diminuire le proprie emissioni di carbonio entro il 2050. A stabilirlo è stato il maggiore consigliere sul cambiamento climatico cinese, Su Wei, uno dei politici più influenti, intervistato sabato scorso dal Financial Times. E’ una data molto remota, ma almeno si tratta della prima volta che la nazione ha fisstato un periodo di tempo.

In Cina le emissioni non continueranno ad aumentare dopo il 2050

ha detto Wei, direttore generale dell’Istituto nazionale per lo sviluppo e la riforma del dipartimento della Commissione sui cambiamenti climatici. La Cina attualmente è in concorrenza con gli Stati Uniti per il posto in cima alla classifica mondiale sulle nazioni che sono le maggiori produttrici di emissioni di gas a effetto serra, e per questo la sua posizione al riguardo sarà al centro dell’attenzione ancor prima dell’inizio dei negoziati sul clima che si terranno a dicembre a Copenaghen (Danimarca).

Emissioni: 20 mila morti all’anno causate dall’inquinamento

emissioni auto

Più di 20.000 vite all’anno potrebbero essere salvate se le grandi regioni industriali tagliassero le loro emissioni di gas di solo un quinto. E il mondo intero ne trarrebbe vantaggio: molte vittime dell’inquinamento da ozono devono la loro morte all’inquinamento “straniero”.

Anche se un alto contenuto di ozono nell’atmosfera è di vitale importanza per la nostra sopravvivenza, la protezione dalle radiazioni UV dannose, a livello del suolo, è molto dannosa ed è stata legata a problemi respiratori, attacchi di cuore e perfino al cancro. Per esaminare il suo effetto sulla salute umana, Susan Anenberg della University of North Carolina, a Chapel Hill, e i suoi colleghi hanno utilizzato simulazioni al computer per stimare la quantità di ozono che ogni persona respira in Nord America, nell’Unione Europea, e nel Sud-Est asiatico, e per capire cosa accadrebbe se ogni regione riducesse le sue emissioni di un quinto.

Record di caldo nel mese di luglio: diminuiscono i ghiacci ed aumenta il livello del mare

sun-traffic

Un nuovo record legato ai mutamenti climatici va registrato oggi, anche se ne avremmo fatto volentieri a meno: gli oceani della Terra sono stati i più caldi della storia durante lo scorso mese di luglio. Ad affermarlo è stato uno studio del National Oceanic Atmospheric Administration.

La temperatura superficiale del mare è stata la più calda registrata per il mese di luglio, superando il precedente record stabilito nel 1998 in base ad un’analisi del NOAA’s National Climatic Data Center in Asheville, NC. La temperatura combinata tra la superficie terrestre media e gli oceani del mese di luglio 2009 è classificata al quinto posto tra i più caldi del mondo, secondo una rilevazione che ha avuto inizio nel 1880.

Riscaldamento globale: anche gli uccelli si stanno rimpicciolendo

aquila in gabbia

Tempo fa ci siamo occupati di un fenomeno strano che stava accadendo in Scozia. Una specie tipica di pecora si stava rimpicciolendo a causa del riscaldamento globale. Sembrava dovesse essere un accadimento speciale, ed invece secondo alcuni ornitologi, pare essere un evento piuttosto diffuso, anche tra gli uccelli.

Esistono infatti alcune specie di volatili, a diverse latitudini, specialmente più verso Nord, che lentamente e progressivamente stanno diventando sempre più piccoli. E’ noto infatti che gli uccelli che vivono vicino all’Equatore sono più piccoli rispetto a quelli che vivono nei territori freddi alle estremità del mondo. Questo è un adattamento evolutivo in quanto un animale piccolo disperde il calore molto più velocemente rispetto ad uno più grande.

Il riscaldamento globale sta mutando l’inverno nel Mar Baltico

sole sul mar baltico

Il clima durante l’inverno nel Mar Baltico è cambiato spesso negli ultimi 500 anni rispetto a quanto si potesse pensare prima. Una ricerca dell’Università di Göteborg dimostra che questa parte del mondo ha vissuto periodi di inverni sia miti che rigidi, e le transizioni tra questi tipi di clima sembra essere stata brusca.

Alcuni dei più completi dati al mondo sul clima, le temperature dell’aria e la copertura di ghiaccio nella zona del Mar Baltico nel corso degli ultimi 500 anni si possono trovare presso l’Università di Göteborg del Dipartimento di Scienze della Terra. Qui i ricercatori, guidati da Christin Eriksson, hanno utilizzato nuovi metodi statistici per studiare questa serie di dati e per esaminare le variazioni climatiche nel nord Europa dal 1500, concentrandosi in particolare sul clima invernale.

La mosca tsè tsè invade l’Africa a causa del riscaldamento globale

mosca tsè tsè

La mosca tsè tsè è una della specie di insetti più pericolose al mondo. Da secoli esse vivono in Africa, nelle zone molto calde, come la savana, ma a causa del riscaldamento globale stanno cominciando a “migrare” verso le città. Fino a questo momento infatti le già travagliate cittadine dei Paesi del Terzo Mondo finivano con il vedersela, oltre che con la povertà e la guerra, anche con le zanzare ed altri tipi di insetti che trasportavano malattie come la malaria. Ma mai fino ad oggi hanno dovuto combattere con la mosca tsè tsè.

Questi ditteri africani trasportano il virus responsabile della tripanosomiasi, la cosiddetta “malattia del sonno“, una condizione che attacca il sistema nervoso e, se non curata, porta al coma e alla morte. Secondo l’Oms tale malattia colpisce ogni anno dalle 50 alle 70 mila persone, ma a breve potrebbe aumentare a dismisura il suo contagio, in quanto la mosca che la trasmette sta cominciando a popolare le città.

L’altezza delle montagne? Colpa dei cambiamenti climatici

himalaya

Dalle vette più alte del Himalaya alle piatte colline italiane, l’altezza delle montagne della Terra può essere controllata dai cambiamenti climatici che hanno effetto sui ghiacciai molto di più rispetto al sollevamento tettonico della superficie terrestre, come ci facevano studiare a scuola.

Le montagne provengono dalla collisione di due o più placche tettoniche, un incrocio di pezzi di crosta terrestre che sono costantemente in movimento, spinti dal flusso del mantello sottostante. Quando si scontrano le placche, la crosta è schiacciata, si ispessisce e cresce in altezza. Ma mentre alcune catene montuose più vicine all’equatore, come le Alpi e l’Himalaya, hanno la caratteristica di essere alte alcuni chilometri e aguzze, altre presenti a latitudini più elevate, come in Canada e Norvegia, sono più brevi e piatte come altopiani.

Gli scienziati hanno a lungo attribuito queste differenze alle diverse piastre tettoniche. Le montagne più elevate si pensava fossero state create da una più intensa azione tettonica. Ma il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, utilizza immagini radar della superficie della Terra (presa durante una missione dello Space Shuttle della NASA diversi anni fa) e modelli di computer per dimostrare che questo non è sempre così. Anzi, è l’azione glaciale, disciplinata dal clima, la responsabile dell’altezza in molte catene montuose della Terra.