Un altro motivo per abbandonare il petrolio: riduce le riserve d’acqua

L’estrazione e la raffinazione del petrolio è un processo che costa acqua. Ogni Paese che estrae l’oro nero è costretto a sprecare miliardi di litri di un bene ancora più prezioso. Le compagnie petrolifere della contea di Kern, in California, hanno calcolato che servono otto barili di acqua per produrre un barile di petrolio. Anche un bambino della scuola elementare arriva a capire che non ci andiamo a guadagnare molto.

Sempre le stesse compagnie hanno consumato l’83% della distribuzione delle risorse idriche del distretto lo scorso anno, e poi ci sorprendiamo che il bene comune per eccellenza arrivi a costare così tanto. Un paradosso se consideriamo che i nuovi dati provenienti da High Country News spiegano che la California sta diventando un posto sempre più soggetto a siccità, in cui alle compagnie petrolifere è stato permesso di aspirare la maggior parte delle fonti d’acqua restituendo acque reflue inquinate. Secondo il network, le acque reflue minacciano l’agricoltura dal momento che questo liquido inquinato finisce nel sistema delle acque sotterranee.

L’inquinamento ha raggiunto anche la cima dell’Everest

Se siete amanti della montagna e volete cimentarvi in una escursione sulla cima più alta del mondo, fate molta attenzione a non bere l’acqua che trovate sul vostro cammino. Pericolosi livelli di arsenico e cadmio sono stati trovati nei campioni di neve sul monte Everest, uno dei posti che, a guardarlo, sembra talmente selvaggio ed incontaminato che verrebbe da pensare che è impossibile che possa essere inquinato.

Entrambi i metalli pesanti sono stati trovati in livelli più elevati di quelli che la US Environmental Protection Agency ritiene accettabili, ha affermato Samantha Langley-Turnbaugh della University of Southern Maine di Gorham. La Langley-Turnbaugh e Bill Yeo hanno scalato la maggior parte del pendio dell’Everest nel 2006, prendendo campioni di terreno e di neve ogni 300 metri tra 5.334 e 7.772 metri di altezza. Tutti i campioni di neve avevano alti livelli di arsenico e cadmio, e tutti i campioni di terreno avevano alti livelli di arsenico.

Cambiamento climatico altera il sapore del tè di Assam, la denuncia dei coltivatori

Il clima è per natura mutevole, non è certo una novità degli ultimi anni. Oggi piuttosto a cambiare è la percezione dei disastri climatici, trasmessi in mondovisione, terribilmente vicini, ci toccano le alluvioni, basti citare la recente tragedia avvenuta in Veneto, ci tocca la scomparsa di animali anche sconosciuti ai più prima che corressero il rischio di estinguersi, tutto perché questi temi sono ipertrattati. Come è giusto che sia, perché se l’uomo ha delle responsabilità in quanto sta accadendo è bene che non metta la testa sotto la sabbia e se ne assuma il peso e gli oneri.
E certo non si può negare che, malgrado le precipitazioni siano particolarmente abbondanti negli ultimi anni, il dissesto idrogeologico è provocato da una cattiva gestione del territorio che reca lo zampino umano. La cementificazione selvaggia del nostro Paese è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere ma troppi interessi non frenano la corsa insensata al mattone a discapito della riqualificazione energetica degli edifici esistenti.

Tornando ai cambiamenti climatici, dicevamo che ci toccano da vicino, intaccando spesso anche quei sapori e quei colori a cui eravamo abituati. Basti pensare alla recente diatriba che si è aperta nel mondo scientifico sulla perdita o meno di colore delle foglie degli alberi attribuito dagli esperti allo smog ed alle temperature più alte. Oggi ci arriva notizia che il riscaldamento globale sta colpendo un’altra delle piccole cose a noi vicine: la bevanda che riscalda i freddi pomeriggi e/o fa parte della prima colazione di molti. Parliamo del , nello specifico la varietà di Assam.

Riscaldamento globale, le immagini della NASA valgono più di mille parole

Il mondo si sta riscaldando. Se la causa sia l’attività umana o la naturale variabilità poco importa, la colonnina di mercurio nel termometro del mondo è salita costantemente a partire dall’inizio della rivoluzione industriale. Secondo un’analisi della temperatura condotta dagli scienziati del NASA’s Goddard Institute for Space Studies (GISS), la temperatura media globale sulla Terra è aumentata di circa 0,8 gradi Celsius dal 1880. Due terzi del riscaldamento si sono verificati dal 1975 ad oggi ad un tasso di circa 0,15-0,20° C per decennio.

I grafici mostrano anomalie di temperatura, o variazioni, per gli anni 2000-2009 e 1970-1979. Le mappe non rappresentano la temperatura assoluta, ma quanto più calda o più fredda era una regione rispetto alla norma registrata negli anni 1951-1980. Tale termine è stato scelto soprattutto perché il National Weather Service utilizza un periodo di tre decenni per definire la temperatura “normale” o media.

Biodiversità, i rischi della perdita di habitat e dell’estinzione delle specie

Un recente studio realizzato dalla ricercatrice francese Hélène Morlon, della University of Oregon, e pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Ecology Letters, ha indagato il rapporto esistente tra la perdita di habitat, l’estinzione delle specie e la biodiversità.

La ricerca ha effettuato una sorta di panoramica evolutiva delle piante legnose in quattro climi simili in tutto il mondo e ha dato agli scienziati una nuova prospettiva sulla diversità genetica e sulle minacce rappresentate sia dalle estinzioni delle specie che dalla perdita di habitat.

Le compagnie assicurative confermano: 2010, anno con più disastri naturali della storia

Inondazioni catastrofiche in Pakistan, incendi in Russia, uragani in Messico: l’anno che tra poche ore finirà, il 2010, è stato un anno “eccezionale” per le calamità atmosferiche, ha affermato la compagnia di assicurazioni tedesca Munich Re.

Quest’anno è stato davvero un anno di condizioni ambientali record. I primi nove mesi dell’anno hanno visto il maggior numero di eventi meteorologici da quando la Munich Re ha iniziato la tenuta della contabilità

ha spiegato Peter Hoeppe, esperto del reparto ricerca sui georischi della Munich Re.

NASA, consumo risorse vegetali della Terra in crescente aumento

La popolazione mondiale continua a crescere ed emergono nuovi Paesi nel panorama dello sviluppo economico. Diretta conseguenza di un’umanità sempre più vorace è un consumo di risorse in costante, crescente ed inarrestabile aumento. A dirlo è la NASA, spiegando in un recente studio che il tasso di consumo delle risorse vegetali è in crescita sia nel suo complesso sia su base pro capite. Oltre che per il cibo, ad essere consumate sono le piante necessarie per la carta, per gli indumenti, per gli alimenti per il bestiame, per la legna da ardere, per i biocarburanti e per i materiali da costruzione e gli imballaggi.

Un gruppo di ricerca della NASA guidato da Marc Imhoff del NASA’s Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, ha quantificato il consumo globale di piante nel 2004. Il gruppo ha inoltre rilevato che nel 1995 l’uomo aveva consumato il 20 per cento di tutto il materiale vegetale prodotto in quell’anno.

Ecco come l’Asia inquina la California: le immagini satellitari

Ci eravamo già occupati tempo fa di una teoria secondo la quale l’inquinamento su una regione geografica non necessariamente era stato prodotto in quella zona stessa. Anzi, una grossa fetta di inquinamento prodotto veniva trasportata dai venti in altre aree “innocenti”.

Ora arrivano delle immagini satellitari molto interessanti in cui si nota come circa un terzo del piombo recentemente raccolto in due siti nella San Francisco Bay proveniva dall’Asia. In uno studio, primo nel suo genere, gli scienziati dello US Department of Energy’s Lawrence Berkeley National Laboratory e del California Air Resources Board hanno registrato variazioni della quantità di piombo trasportate attraverso il Pacifico. Hanno usato la firma isotopica delle particelle di piombo che ha permesso loro di risalire ad alcune delle origini che conducono al carbone e a minerali metallici che si trovano solo in Asia.

Riscaldamento globale, scienziato tenta di fermarlo con uno zoo preistorico

Alcune persone costruiscono delle mangiatoie per uccelli nel loro cortile di casa, altre coltivano piante e fiori per attirare gli insetti e gli animali. Sergey Zimov ha deciso di fare qualcosa in più: ricreare un habitat risalente a 10.000 anni fa. Negli ultimi 20 anni ha allevato cavalli selvaggi, buoi muschiati, renne, ed ha anche in programma di aggiungere tigri siberiane e lupi per creare un ecosistema perso dopo l’ultima glaciazione.

L’Huffington Post scrive che lo scienziato russo vuole dimostrare che la reintroduzione degli animali, che un tempo vagavano liberi in Siberia, potrebbe contribuire a rallentare il riscaldamento globale.

Aree marine distrutte da incidenti navali, il ruolo delle fanerogame nel ripristino della vita

I risultati di un recente studio effettuato dal NOAA, ed ottenuti grazie ad un lavoro di monitoraggio durato cinque anni, hanno dimostrato che per accelerare i tempi di recupero delle aree marine, dopo i danni provocati da incidenti navali, è utile ripiantarvi le fanerogame.

Il dossier del National Marine Sanctuaries Conservation Series dal titolo N-Control Seagrass Restoration Monitoring Report Monitoring Events 2003-2008, presenta i risultati degli sforzi per riparare un’area di quasi 92,8 metri quadrati che è stata danneggiata il 29 Maggio del 2001, quando una barca a motore si arenò nelle acque basse  del Florida Keys National Marine Sanctuary.

Farfalle: -70% in Europa negli ultimi 20 anni

Le farfalle che svolazzano nei pascoli di tutta Europa sono in forte declino, il che indica, come accaduto in passato con le api, una catastrofica perdita di prati fioriti in molti Paesi. Delle popolazioni di 17 specie di farfalle diffuse nel Vecchio Continente, la maggior parte si sono perse in Gran Bretagna, dove la diminuzione ha superato il 70% negli ultimi 20 anni, secondo un nuovo studio della Butterfly Conservation Europe.

La drastica riduzione del numero di farfalle indica una perdita più ampia di biodiversità, con altri insetti, come bombi, sirfidi e ragni, ma anche molte piante e uccelli che stanno scomparendo insieme alla perdita dei pascoli tradizionali. Martin Warren, direttore esecutivo della Butterfly Conservation (UK), ha detto che i dati provenienti da 3.000 siti in 15 Paesi hanno mostrato un urgente bisogno di un finanziamento dell’UE per sostenere “L’agricoltura sostenibile ad alto valore naturalistico”.

Eutrofizzazione rende più tossici alcuni cianobatteri

L’eutrofizzazione del Mar Baltico, in combinazione con lo strato di ozono che si fa sempre più sottile, sta favorendo la proliferazione e l’aumento di tossicità di alcuni cianobatteri, come la Nodularia spumigena. A dirlo è un recente studio effettuato da ricercatori dell’Università di Göteborg, in Svezia.

“Ci sono diverse specie di cianobatteri, o alghe blu-verdi, che possono formare fioriture superficiali nel Mar Baltico”, spiega Malin Möhlin del Dipartimento di Ecologia marina dell’Università di Göteborg. “Quale specie finisce per dominare dipende in parte dal modo in cui l’organismo reagisce ad una maggiore quantità di raggi UV e ad una carenza di sostanze nutritive. Il Nodularia spumigena è più tossico quando c’è poco azoto nelle acque, ma sufficiente quantità di fosforo”.

Mutamenti climatici: le conseguenze sull’India

Volete conoscere gli effetti dei cambiamenti climatici sui villaggi dell’India? Basta chiedere ad Ajantha e Prabhati, due cittadine indiane che hanno parlato al Tribunale Nazionale del Popolo sulla crisi del clima, che si è tenuto a Delhi il mese scorso, dove le due donne hanno fornito le stime di quanto il litorale si sia spostato nell’entroterra e di come molte specie di pesci stanno scomparendo dalle acque locali. Un messaggio forte e chiaro a quanti negano l’esistenza dei cambiamenti climatici.

La riunione di Delhi è molto importante perché preparatrice agli incontri internazionali che si terranno il prossimo anno in Sudafrica per il COP17, per fare il punto della situazione nei Paesi in via di sviluppo. Lo Stato Occidentale indiano del Rajasthan registra un costante aumento della siccità ogni quattro anni, lasciando le persone che dipendono dall’agricoltura particolarmente vulnerabili.