Inquinamento ed efficienza energetica, la UE denuncia l’Italia

Ormai sembra sia stata avviata una guerra tra la commissione ambiente dell’Unione Europea e l’Italia. Per sintetizzare la situazione in una frase, basta dire che l’Italia non ha seguito nessuna delle direttive comunitarie nel rispetto dell’ambiente.

Due procedure d’infrazione sono state avviate nei giorni scorsi, ed una terza potrebbe essere aperta se, entro due mesi, il nostro Paese non dovesse adeguarsi alle direttive. Ciò significa altre multe salate, oltre a quelle che già paghiamo, a causa dell’inefficienza della macchina burocratica italica.

Acqua del rubinetto all’arsenico in cinque Regioni italiane

Bere l’acqua del rubinetto ha i suoi vantaggi sotto forma di benefici ambientali, non c’è dubbio, per via della riduzione della mole di rifiuti di plastica prodotti dalle bottiglie e del taglio delle emissioni dovuto al trasporto su strada delle acque minerali, ed in termini di sicurezza alimentare per quanto riguarda la qualità e la quantità dei controlli.

Eppure qualcosa non torna nella recente indagine della commissione sanitaria di Bruxelles: in cinque Regioni italiane l’acqua che esce dal rubinetto è contaminata, al punto da esporre al rischio di cancro la popolazione.
Sul banco degli imputati l’arsenico che supera in molti casi (e in molte case) la soglia consentita dall’Unione Europea.
Attualmente i limiti fissati dall’UE sono di 10 microgrammi per litro. Tuttavia recenti studi attestano che qualora la soglia superi i 20 mg/l non ci sarebbero pericoli per l’incolumità del consumatore, tanto che il Ministero della Salute italiano aveva addirittura chiesto di innalzare il limite a 50 mg/l. Diverso il parere dell’UE che afferma che oltre i 20 microgrammi il rischio di cancro aumenta a dismisura, esponendo i cittadini ad un pericolo troppo alto.

Onu: “riscaldamento globale inarrestabile”, climatologi “ci stiamo raffreddando”. Chi ha ragione?

Due notizie contrastanti, che avranno come conseguenza quella di aumentare lo sconcerto e la confusione nella popolazione mondiale, giungono oggi nel campo dei cambiamenti climatici. Da una parte c’è l’Onu, che con il suo gruppo di scienziati spiega che, nonostante gli sforzi delle nazioni Occidentali per ridurre le emissioni, le temperature cresceranno e supereranno i due gradi di media, considerati il punto di non ritorno.

Dall’altra c’è Roberto Madrigali, climatologo, che come molti suoi colleghi sostiene che la Terra stia attraversando un fenomeno opposto: ci stiamo avvicinando ad una nuova Era Glaciale. Nella confusione generale, cerchiamo di fare chiarezza.

Le tigri potrebbero estinguersi in 12 anni

Dalla conferenza sulle tigri in Russia cominciano ad arrivare le prime cattive notizie. La più pesante è che le tigri, almeno quelle selvagge, potrebbero estinguersi in poco più di un decennio. Al momento ci sono solo 3.200 tigri allo stato selvatico, ed almeno mille sono state uccise negli ultimi dieci anni dal bracconaggio. Molte di più sono minacciate dalla perdita di habitat causata dallo sviluppo umano. Se questa traiettoria continuasse, una delle specie più amate del pianeta potrebbe scomparire per sempre.

Il loro habitat è stato distrutto dal taglio delle foreste e dalla costruzione, mentre le tigri si sono rivelate un prezioso trofeo per i bracconieri che ne bramano le pelli e parti del corpo, apprezzate anche nella medicina tradizionale cinese. E dire che l’anno prossimo, nel calendario cinese, è proprio l’anno della tigre.

Conferenza di Cancun, Ue: “serve compromesso o non esiste piano B”

Il segretario esecutivo della Convenzione Onu sul clima (Unfccc) Christiana Figueres è stata molto chiara:

Cancun sarà un successo se le parti faranno un compromesso.

Cosa s’intende per compromesso lo decideranno le parti in causa, ma una cosa è certa, come ha ribadito la commissaria dell’Ue al clima Connie Hedegaard:

la lotta ai cambiamenti climatici è a forte rischio perché non esiste un piano B.

Tigri, al via oggi in Russia l’International Forum on Tiger Conservation (fotogallery)

Il 2010 è l’anno della tigre. O almeno di quello che ne ne rimane. Della tigre, maestoso animale simbolo di possenza e fierezza allo stato brado, resta un’orma sempre più ristretta e limitata a poche aree della Terra. La sopravvivenza della popolazione è messa a repentaglio dalla perdita di habitat e dal fenomeno del bracconaggio che non conosce purtroppo decremento, persino nelle riserve, a dispetto delle numerose iniziative messe in atto da associazioni governative e non. Sarebbero circa 3.600, stando alle stime disponibili, gli esemplari di tigre che vivono ancora allo stato selvatico. Rispetto al secolo scorso il calo registrato è esorbitante: circa 100.000 tigri in meno.

Oggi in Russia si apre l’International Forum on Tiger Conservation, il Forum Internazionale sulla Conservazione delle Tigri, che vede riuniti fino al 24 novembre i leader delle 13 nazioni che ospitano la specie, per discutere dei provvedimenti atti a garantirne la sopravvivenza.
A partecipare non saranno rappresentanti che hanno poca influenza e nessun potere decisionale, come spesso accade in questi summit, bensì personalità influenti della politica dei Paesi aderenti. In primis Putin per la Russia.
Putin che nel 2008 ha ricevuto un cucciolo di tigre, una femmina, come regalo di compleanno, di nome Mashenka che ora si trova in uno zoo, dopo aver trascorso i primi tre giorni di vita in una cesta di vimini a casa del premier russo. Ma sono le tigri selvatiche che si vogliono tutelare, la loro libertà è il vero patrimonio.

Natale 2010, che pesci pigliare

Cari amici di Ecologiae ben trovati al nostro consueto appuntamento del fine settimana con la cucina sostenibile. Il Natale si avvicina e se state già pensando al menu delle feste, potrebbe esservi utile sapere quali sono le specie di pesci che è bene non comprare perché sono in pericolo in quanto sovrasfruttate piuttosto che troppo distanti dalle nostre tavole, e quali invece acquistare senza problemi.

Utile, a questo proposito, la guida del WWF Che pesci pigliare, di facile e rapida consultazione per un consumo consapevole dei prodotti di mare. Anche quest’anno, ci arriva gentile conferma dalla stessa associazione, non ci sono variazioni sostanziali nella lista. I criteri di selezione tengono conto della provenienza delle zone di pesca, e dunque del costo energetico, dello stato degli stock naturali ovvero della disponibilità della specie, dell’impatto sul territorio di origine e delle caratteristiche del prelievo (attrezzi e tecniche di pesca).

Tonno rosso, la Ue decide di non tutelarlo più

Nonostante sia una delle specie in via di estinzione più chiacchierate degli ultimi tempi, tanto di diventare uno dei simboli delle specie a rischio come gli orsi polari o i panda, come riportato dall’Associated Press, la pressione proveniente da alcuni Paesi come Francia, Spagna e altre nazioni del Mediterraneo ha costretto l’Unione Europea ad abbandonare i piani per ridurre notevolmente le quote di pesca annue di tonno rosso.

Ai tassi attuali, dove i numeri reali sui livelli di cattura di questi pesci sono di gran lunga superiori a quelli ufficiali, il tonno rosso potrebbe rischiare l’estinzione ancor prima di quanto si possa immaginare: entro il 2012. Dopo una trattativa estenuante, le 27 nazioni dell’UE hanno abbandonato il piano, in discussione da anni, in cui si discuteva di tagliare le quote di pesca in base ai pareri scientifici. Giovedi scorso la scure definitiva: i delegati hanno annunciato che prenderanno in considerazione solo gli interessi dei pescatori di tonno.

Fecondazione dell’oceano, più che benefici un mare di danni

Non c’è dubbio che la geoingegneria stia prendendo piede e stimolando il dibattito negli ultimi tempi, ma forse potrebbe rivedere alcuni dei suoi principi. Una recente ricerca effettuata dall’Università di Santa Cruz (California), e pubblicata su Proceedings of National Academy of Sciences, dimostra che le alghe producono tossine che normalmente si pensa siano limitate alle acque costiere, ma possono essere stimolate fino a crescere rapidamente in mare aperto nel processo di “fecondazione dell’oceano” con il ferro.

Secondo quanto si legge su Science:

Le fioriture di diatomee del genere Pseudo-nitzchia producono una neurotossina chiamata acido domoico, e sono all’ordine del giorno nelle acque costiere. Durante le grandi fioriture, la tossina algale entra nella catena alimentare, forzando la chiusura di alcune attività di pesca (come quella dei molluschi e sardine) e avvelenando i mammiferi marini e gli uccelli che si nutrono di pesce contaminato. Ma fino ad ora, la proliferazione di queste alghe in mare aperto ha attratto poco l’attenzione dei ricercatori.

Tartarughe: uccisi migliaia di esemplari in Madagascar nonostante i divieti

In Madagascar la tartaruga verde marina in via di estinzione è protetta dalla legge. Un nuovo studio, tuttavia, ha scoperto che la pesca artigianale nelle regioni più remote potrebbe essere responsabile della morte di ben 16.000 tartarughe ogni anno.

Il divieto di caccia evidentemente non funziona, ed è giunto il momento, dicono i ricercatori, di studiare piani per la conservazione alternativi. Lo studio è importante non solo per le conclusioni a cui arriva, ma anche perché, per raccogliere i dati in questi insediamenti costieri a distanza, i ricercatori hanno impiegato i residenti, coinvolgendoli nel lavoro di tutela della tartaruga. I partecipanti erano tenuti a fare un conteggio delle catture giornaliere ed a scattare una fotografia di ciascuna tartaruga.

Terzigno, inquinamento falda non legato a discarica Sari

Torniamo a Napoli per degli aggiornamenti sul fronte inquinamento. Sono stati resi pubblici i risultati delle analisi effettuate su tre pozzi spia della discarica Sari dai tecnici dell’ARPAC, l’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania. Dati, quelli raccolti il 30-31 ottobre ed il primo novembre, alla presenza dei tecnici dei comuni di Terzigno, Boscoreale, Boscotrecase e Trecase, che escludono l’avvenuta contaminazione della falda imputabile alla cava.

Lo comunicano in una nota il direttore generale dell’Arpac prof. Gennaro Volpicelli ed il direttore tecnico dott.ssa Marinella Vito, spiegando che

Le analisi effettuate hanno riguardato i seguenti parametri: inquinanti inorganici, metalli pesanti, BTEX, alifatici clorurati cancerogeni, alifatici clorurati non cancerogeni, alifatici alogenati cancerogeni, cloro benzeni, IPA, Idrocarburi, PCB, ammine aromatiche e fitofarmaci.

Inquinamento, Londra spruzza spray anti PM10

Un importante messaggio ci arriva da Oltremanica. Mentre l’Italia è costretta a pagare multe salatissime per aver sforato in quasi tutte le grandi città il limite di PM10 consentito dall’Unione Europea, Londra ha trovato una soluzione al costo di appena 300 mila sterline (poco più di 350 mila euro): uno spray anti-PM10.

Si tratta di una soluzione spruzzata sulla pavimentazione delle due principali arterie cittadine a base di calcio acetato di magnesio in grado di attrarre a sé le sostanze inquinanti (il PM10 è prodotto dai gas di scarico, dai pneumatici e dai freni delle auto), non permettendogli di sollevarsi in aria dove possono diventare pericolose per la salute.