La BP vieta la pubblicazione di foto di animali uccisi dal petrolio

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Quando si dice “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Secondo quanto riportato da Mother Jones e dal Daily News, la compagnia petrolifera britannica BP, responsabile del disastro del Golfo del Messico, pare aver vietato agli addetti ai lavori che tentano di risolvere il problema della marea nera di condividere le foto degli animali morti (uccisi dal petrolio) che finiscono a riva sui social network, o di passarle ai giornali.

Questo controllo, che assomiglia molto ad una censura, sembra serva ai responsabili per tentare di alleggerire la propria posizione di fronte all’opinione pubblica. E guardando immagini come queste si capisce il perché di tale scelta. Ma siccome siamo in America, un provvedimento così arcaico e inadeguato non poteva passare inosservato. Un giornalista del Daily News infatti si è accorto del divieto, ed ha immediatamente accusato la BP di aver preso questa decisione perché non voleva far vedere il disastro, nella sua abnormità, al presidente Obama.

Marea nera, BP passa al piano D mentre gli uccelli continuano a morire (fotogallery)

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I primi tre tentativi di tappare la falla nel Golfo del Messico sono falliti miseramente. Per questo, viste le prime buone notizie che arrivano dal cosiddetto “piano D”, la BP ci pensa bene prima di cantar vittoria. L’operazione è stata soprannominata “cut and cup”, cioè taglia e tappa, e consiste nel tagliare la sommità del tubo da cui fuoriescono ogni giorno tra i 15 e i 19 mila barili di petrolio, per poi attaccare (in modo più stabile rispetto al tentativo precedente) un tubo che permetta di convogliare il flusso nel serbatoio di una petroliera. In questo modo la falla diventerebbe più facilmente gestibile e si potrebbe tappare con una nuova cupola sistemata con più calma.

Fino a questo momento, dicono gli ingegneri della BP, si è riuscito a recuperare l’equivalente di mille barili, poco rispetto alla quantità persa, ma un buon inizio, anche se per avere un’idea più completa bisognerà aspettare 48 ore. Nel frattempo però monta la furia di Obama.

Ecomafia, un business che non conosce crisi: in Italia 78 reati al giorno

punta-perotti-Bari-demolizioneOggi è l’Ecomafia day, la giornata promossa da Legambiente per accendere i riflettori sulla criminalità ambientale in Italia. Ecocrimini che si consumano quotidianamente nel nostro Paese ad una velocità inarrestabile e con una frequenza impressionante: secondo il rapporto diffuso proprio oggi a Roma dalla nota associazione ambientalista sul nostro territorio si contano 78 reati al giorno, più di tre all’ora. Rifiuti, cemento depotenziato, reati contro la fauna e contro l’ambiente marino. Per un giro d’affari, fatturato in nero, stimato in 20,5 miliardi di euro.

Il triste primato va alla Campania, la regione dove si verificano più infrazioni, 4874 pari al 17% del totale. Segue il Lazio che soprattutto nell’area del sud Pontino, a causa delle infiltrazioni di clan, commette un gran numero di infrazioni nel mercato del cemento. A ruota Calabria, Puglia e Sicilia. In Calabria sono numerosi gli edifici costruiti con cemento depotenziato, tra i quali si annoverano anche scuole, strade, ospedali. Al nord, anche quest’anno, è la Liguria la regione con il più alto numero di eco-reati: 1231.

Marea nera, foto e testimonianze dal luogo del disastro

uccelli marea neraMarea nera. Qualcuno dice che sia il disastro ecologico peggiore di tutti i tempi. Fallisce ogni tentativo di arrestare la perdita.
I danni per l’ambiente si stimano essere ancora più devastanti della Exxon Valdez, di cui pure vi avevamo documentato gli effetti a lungo termine a dir poco impressionanti.

Il New York Times ha raccolto le testimonianze e le foto di gruppi di cittadini che vivono questa tragedia, la contaminazione delle loro coste, la morte di migliaia di pesci ed uccelli, e osservano con i loro occhi l’inarrestabile flusso di greggio che fuoriesce dalla falla. Immagini che fanno orrore davanti allo schermo di un pc, non osiamo immaginare l’effetto che sortiscono su chi assiste dal vivo a questo terribile reality.

Legambiente ripulisce la costa, partita l’operazione “Spiagge Pulite”

spiagge pulite legambiente

E’ partita proprio durante lo scorso week-end, e durerà ancora alcune settimane, l’operazione Spiagge Pulite, un’iniziativa per rendere le spiagge italiane (e non solo) più vivibili e decorose, visto che durante l’inverno vengono utilizzate come una discarica. Partecipano all’operazione le associazioni ambientaliste e di volontariato di 22 Paesi, tra cui l’Italia, attraverso Legambiente, la quale ha già “reclutato” 800 giovani volontari.

L’operazione a livello internazionale prende il nome di Clean Up the Med 2010, e comprende i Paesi del Mediterraneo ed anche alcuni molto poveri come il Congo, la Costa d’Avorio e il Togo dove, oltre a ripulire le spiagge e le zone vicine ai fiumi, saranno previste delle attività educative da rivolgere alla popolazione locale.

Rinoceronte nero: dalla quasi estinzione alla ripopolazione

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Dopo decenni di bracconaggio nella seconda parte del 20° secolo, il destino dei rinoceronti neri del Serengeti (Africa Orientale) sembrava molto cupo. Fino agli anni ’90, i rinoceronti di quasi tutta la regione erano stati spazzati via e solo due femmine erano rimaste allo stato selvatico. Ma, nella speranza di conservare questo animale cacciato illegalmente per le ambite corna, gli ambientalisti hanno offerto un’ancora di salvezza trasferendo sette esemplari in una riserva naturale in Sud Africa nel 1964. E ora, a 46 anni di distanza, i discendenti di questi rinoceronti hanno iniziato un viaggio storico per tornare nel Serengeti, in uno degli sforzi più “ambiziosi” di delocalizzazione mai intrapreso.

Secondo un rapporto del Telegraph, cinque rinoceronti sono stati trasportati da un’area protetta in Sudafrica verso la loro casa natale in Tanzania, nel Serengeti National Reserve attraverso gli aeromobili. Nel corso dei prossimi due anni, altri 27 rinoceronti seguiranno lo stesso percorso.

Marea nera: fallisce anche top kill

marea nera

Non ne va bene una, ed il disastro continua. I portavoce della BP cercano ancora una volta di cavarsela dicendo:

Top Kill ha fallito, passiamo al piano D.

Ma ormai nessuno più se la sente di dargli fiducia. Dopo il siringone e la cupola, nemmeno quest’altra operazione ha retto la pressione del petrolio, probabilmente peggiorando ancor di più la situazione, visto che erano stati iniettati 35 mila barili di fango e sostanze chimiche addensanti per ostruire il passaggio, ma ora queste ce le ritroviamo in mare, insieme alle altre migliaia di barili di petrolio che continuano inesorabili ad uscire.

Foche canadesi, previsto un nuovo massacro

cucciolo foca grigiaE’ solo un’ipotesi, ma é talmente raccapricciante da aver sollevato le immediate proteste di media ed ambientalisti canadesi. Siamo nell”isola di Sable, una tra le riserve naturali più ricche e suggestive del Canada tanto che le autorità vorrebbero farne un parco nazionale.
C’è in previsione il massacro di 220 mila esemplari di foche, sulla costa Est del Canada, al largo del porto di Halifax. E se si pensa che in totale la colonia é composta da 300 mila foche grigie, non si può che convenire che si tratti di vero e proprio genocidio.

Un omicidio di massa premeditato per rispondere alle lamentele e alle difficoltà economiche dei pescatori della zona. Da anni lamentano che le foche facciano incetta di merluzzi per cibarsi e che nelle reti da pesca ci sia un bottino troppo magro.

Dall’America arriva l’acchiappa-inquinamento domestico

inquinamento domestico

Abbiamo più volte parlato dell’inquinamento domestico, e di come questo possa essere molto più pericoloso di quello esterno. Dai prodotti per la pulizia della casa ai cosmetici, passando per gli elettrodomestici, sono tantissime le sostanze a cui siamo esposti tutti i giorni senza saperlo, e secondo il biologo Matthew Waltezke, esse sono del 50% superiori rispetto all’aria aperta di una città già di per sé inquinata come New York.

Ma oggi una soluzione c’è, almeno negli States, ed è l’home biology consultant, o consulente biologico per la casa. Questo lavoro che proprio Waltezke si è inventato, si occupa di controllare, con dispositivi all’apparenza fantascientifici che ricordano i film degli acchiappafantasmi, tutti gli agenti inquinanti presenti nella casa, dalle radiazioni agli agenti chimici.

Marea nera: top kill funziona (per ora)

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Il flusso di petrolio è rallentato, ma i tecnici non esultano ancora. Troppe delusioni e troppe figuracce si sono susseguite nei giorni scorsi per cantar vittoria troppo presto. L’unica buona notizia in una marea (è proprio il caso di dirlo) di cattive novità è che tutto sta procedendo come previsto, una situazione mai verificatasi dal 20 aprile scorso, quando l’incendio sulla piattaforma Deepwater Horizon provocò il disastro che tutti oggi conosciamo.

Secondo i calcoli degli ingegneri che hanno realizzato il mega sifone per tappare la falla, una prima colata di fango e materiali addensanti avrebbe dovuto ridurre lo spazio di fuoriuscita del petrolio. In questo modo la pressione dovrebbe ridursi sempre più, fino ad arrivare a pressione zero. Raggiunto questo obiettivo, scatterebbe la seconda fase dell’operazione, in cui il fango verrebbe sostituito da cemento che fungerebbe da tappo per bloccare definitivamente la fuoriuscita.

Un altro uccello dichiarato estinto

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Il suo nome è Alaotra Grebe, e vive normalmente in Madagascar. O forse sarebbe meglio dire viveva. Infatti questo uccello simile all’oca, avvistato l’ultima volta nel lontano 1985, è stato dichiarato estinto nell’ultimo aggiornamento della Lista Rossa IUCN riguardante le specie minacciate e in pericolo di estinzione.

Il suo nome scientifico era Tachybaptus rufolavatus, ma in Italia era conosciuto come “tuffetto del Delacour“, ed era un uccello di medie dimensioni che si ritiene avesse ali talmente piccole da non permettergli di volare per lunghe distanze, ed era quindi limitato al suo habitat principale del Lago di Alaotra e zone circostanti, nell’isola africana del Madagascar.

Marea nera: “top kill” potrebbe essere la soluzione finale

responsabile bp

In questo periodo di tentativi, anche dei più strambi, per chiudere la falla nel Golfo del Messico, la BP ha proposto l’operazione denominata “top kill” come quella che potrebbe essere la soluzione finale. L’idea riprende un po’ quella iniziale dell’ormai famoso “siringone“, il tubo posto a 1.500 metri di profondità, il quale convogliava il petrolio fuoriuscito dalla falla in una petroliera. Il mega-sifone verrebbe usato, in questa operazione, in modo contrario, e cioè anziché aspirare, spingerebbe tonnellate di cemento e fango per tappare il buco.

L’idea sembra buona, e secondo i vertici societari dovrebbe avere il 60-70% di probabilità di riuscita. Il problema ora è un altro. Infatti, se l’operazione dovesse fallire, c’è il rischio che il getto di fango potrebbe danneggiare ulteriormente la falla, allargandola e facendo aumentare la quantità di petrolio che verrebbe disperso in mare.

Obama fa marcia indietro e rilancia le trivellazioni

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Nonostante il disastro dei giorni scorsi della fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma della BP, e nonostante il presidente degli Stati Uniti Barack Obama stesse riacquistando un po’ di popolarità tra gli ambientalisti, con la proposta di una nuova stretta sulle trivellazioni, ancora una volta ha avuto la capacità di rovinare tutto.

Il presidente dice no alla trivellazione petrolifera in mare aperto a meno che non possa garantire che tutto questo non accada mai più. Ma chi farà i controlli? Le stesse persone che hanno accertato che sulla Deepwater Horizon le cose andavano male, ma hanno lasciato ugualmente correre? In secondo luogo, il siringone che la BP spacciava come la soluzione al problema, risucchia solo un quarto del petrolio che era previsto, anche peggio rispetto alle stime di due giorni fa.