Fukushima oggi, la vita e la morte in Giappone dopo il disastro nucleare

di Redazione 3

Tutto ha avuto inizio l’11 marzo del 2011 quando una violenta scossa di terremoto di magnitudo 8.9 ha fatto tremare le solide fondamenta del Giappone, a torto ritenute incrollabili dal mondo intero che ha assistito contemporaneamente a ben altro crollo, quello della fiducia  riposta dai cittadini nipponici nel proprio Governo, poco vigile sull’efficacia dei sistemi di sicurezza previsti per eventi naturali estremi dalle compagnie nucleari, nello specifico la Tepco. Un sisma potente, quello che ha colpito al cuore il Paese del Sol Levante, responsabile di numerosi crolli e morti ma quel che è peggio di un altrettanto e forse ancor più devastante tsunami, tsunami che a sua volta ha mandato in tilt la centrale nucleare di Fukushima, un disastro nucleare di livello 7 che non si vedeva dai tempi di Chernobyl e che ha tenuto il mondo intero con il fiato sospeso.

Anche in Italia si è temuto per l’arrivo di una nube radioattiva che fortunatamente non ha rappresentato un grave pericolo. Italia che ha assistito alla tragedia giapponese a pochi mesi dal referendum sul ritorno al nucleare, un dramma che ha fatto sembrare ancora più insensata ai cittadini la proposta di tornare all’atomo avanzata dal Governo italiano. Che lezione ci ha offerto il Giappone, oltre all’evidente rischio che si corre sfidando l’imprevedibilità della natura con impianti poco resistenti alla furia degli elementi? La ricostruzione, in primis… veloce al punto da sbalordire, per non dire umiliare, noi italiani, guardate L’Aquila oggi e capirete a cosa mi riferisco. E ancora, le teste che si lasciano cadere spontaneamente quando urge un cambiamento al Paese, un segnale forte di rinnovamento, umiltà ed ammissione di colpe senza eguali, vedi dimissioni del premier Naoto Kan.

La vita è rinata in Giappone con nuovo slancio ma qualcosa si è rotto per sempre ed anche agli occhi del mondo gli incrollabili giapponesi hanno mostrato le loro fragilità, ricorderete tutti le lacrime del presidente della Tepco, alle prese con una situazione ingestibile, più grande di quella che può affrontare qualsiasi uomo. Malgrado la celerità nella ricostruzione, al Giappone oggi si rimprovera di non aver gestito altrettanto adeguatamente l’emergenza sanitaria. Anche se un’estesa area intorno a Fukushima è stata evacuata e la vendita dei prodotti agricoli ivi prodotti bloccata, qualcosa è sfuggito ad un controllo a dire il vero poco accurato e non troppo serrato, così spinaci, tè, pesce, latte sono stati contaminati pensate anche a distanza di 140 km dal luogo del disastro. Oggi a Fukushima si lavora ancora incessantemente per gestire un’emergenza di cui non si vede la fine, malgrado non se ne parli quasi più la ferita è destinata a rimanere aperta ancora per molto con conseguenze a lungo termine in continua evoluzione, difficili da prevedere e da evitare completamente.

Il Giappone, infine, non è risultato abbastanza pronto a curare ben altre ferite, oltre a ricostruire le strade bisogna infatti curare le piaghe dell’anima. Pochi nel Paese gli esperti di disturbi da stress post-traumatico. C’è chi è oberato dai sensi di colpa perché è riuscito a salvarsi, chi è turbato da quanto ha vissuto, dalla devastazione e dalla precarietà della vita e non vuole più vivere. Le cifre sull’incremento di suicidi parlano tristemente chiaro: rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si registra un aumento del 18%. Non sempre chi si salva fisicamente da eventi naturali estremi e disastri nucleari è davvero in salvo, in agguato ci sono onde più alte di uno tsunami: le paure troppo grandi da sopportare, la depressione, il senso di smarrimento che deriva dal capire come siamo fragili e sperduti in balìa di forze così devastanti. Lo stesso Naoto Kan ha ammesso che il pensiero che una cosa simile fosse capitata a Tokyo, con l’impossibilità di evacuare tutti in tempo, e trasformando la metropoli in un deserto per sempre, è stato per lui intollerabile sin dai primi giorni dell’emergenza nucleare. E’ uno dei motivi che lo hanno spinto a dichiarare, appena qualche giorno fa, che l’energia nucleare è un’opzione decisamente troppo rischiosa per il Paese. Un’ammissione dura da fare per chi ha fondato principalmente sull’atomo la politica energetica di un’intera nazione e forse per questo  suona così vera da far impallidire anche molti fautori dell’energia nucleare sia in Giappone che nel resto del mondo.

 

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