Mare Monstrum 2011, i dieci nemici del mare italiano

di Redazione 5

Mare Monstrum 2011, il report annuale di Legambiente sullo stato di salute delle coste ci restituisce gli scatti amari dell’Italia peggiore, quella che cementifica selvaggiamente il litorale, sostituendo a spiagge libere e sconfinate paesaggi monotoni, porti turistici, campi da golf, parcheggi, ecomostri, erigendo muri divisori tra i lidi che oscurano la visuale e tolgono il respiro persino alla sabbia, deturpata e oltraggiata dagli scempi di un vero e proprio commercio degli elementi. Ma quali sono i dieci principali nemici che minano l’immagine, la conservazione e l’integrità paesaggistica del mare italiano?

Insidie più o meno nascoste che portano alla luce le responsabilità piuttosto evidenti delle istituzioni, Comuni che spesso incoraggiano l’abusivismo edilizio e lo sfruttamento non sostenibile delle risorse costiere. Una top ten degli scempi che ci restituisce un’immagine mostruosa delle nostre acque e delle nostre spiagge.

  1. Gli scarichi fognari non depurati.Il servizio di fognatura in Italia copre l’85% del territorio ma ad usufruire di sistemi di trattamento delle acque adeguati è appena il 70,4%. A soddisfare i requisiti europei fissati dalla direttiva 1991/271/CE per quanto concerne i limiti di concentrazione allo scarico è solo il 79% degli impianti di depurazione. Ma c’è di più: nel nostro Paese si contano almeno 143 città medio grandi che non si sono ancora dotate di un impianto fognario adeguato a soddisfare le esigenze territoriali. Molte non sono in grado di provvedere al trattamento secondario dei reflui, vale a dire all’abbattimento della sostanza organica. Come si può facilmente immaginare, queste lacune si traducono in un tasso di inquinamento organico delle acque elevato che va a gravare sui fiumi, sui laghi e trova il suo sbocco finale proprio nel mare.
  2. La cementificazione selvaggia delle spiagge.L’abusivismo edilizio che imperversa sui litorali: dalla muraglia cinese dei lidi, dei ristoranti e dei locali notturni alle ville private agli alberghi. Legambiente cita nel suo dossier due casi emblematici di questo scempio: il villaggio costiero abusivo sorto negli anni Settanta a  Torre Mileto (Fg), pensate un po’ ben 2.800 case erette direttamente sulla sabbia, senza fondamenta, senza allacci, costruzioni senza ragione di esistere che vanno ad occupare la superficie compresa tra il lago di Lesina ed il mare. Secondo scempio esemplare sorge a Vico Equense (Na): si tratta dell’ecomostro di Alimuri, lo spettro di un hotel che deturpa la penisola sorrentina ormai da decenni.
  3. Le trivellazioni off-shore.L’associazione ambientalista ci fornisce qualche dato esemplificativo sull’ingente movimento di prodotti petroliferi che coinvolge ogni anno le nostre acque. Parliamo di oltre 343 milioni di tonnellate in un traffico che interessa 12 raffinerie, 14 porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore. Sono 482 i depositi adibiti allo stoccaggio di 18 milioni di metri cubi di petrolio localizzati vicino al mare. Sono 76 i pozzi di estrazione già presenti sul nostro territorio, 95 le autorizzazioni rilasciate dallo Stato per la ricerca di idrocarburi di cui 24 vanno ad esporre al rischio trivelle proprio il mare, per la precisione una superficie di circa 11 mila metri quadrati che comprende molte aree di interesse paesaggistico ed ambientale notevole.
  4. L’intenso traffico marittimo.2.000 traghetti, 1.500 cargo, 2.000 imbarcazioni commerciali che comprendono 300 navi cisterna. E’ quello che transita nelle nostre acque ogni giorno. Dei 60 incidenti di media che si registrano ogni anno nel Mediterraneo 15 causano sversamento di petrolio e di sostanze chimiche. Nel periodo che va dal 1985 ad oggi nel Mediterraneo si sono riversate ben 270 mila tonnellate di idrocarburi dai 27 incidenti più gravi, 162.600 imputabili all’Italia che detiene il triste primato per il greggio versato, precedendo la Turchia a quota 50.000 ed il Libano che sfiora la soglia delle 29.ooo. L’ultimo incidente italiano rilevante, lo ricorderete, ne parlammo a lungo su Ecologiae, si è verificato a Porto Torres, in Sardegna, l’11 gennaio scorso, a provocarlo fu la E.On, responsabile della perdita in mare di ben 15mila litri di olio combustibile. I tre peggiori incidenti dal 1985 ad oggi sono stati quelli della Haven con 134.000 tonnellate sversate, dell’Agip Abruzzo con 23.000, della Chemstar Eagle, 4.600, e della Patos, 1.000.
  5. La plastica che finisce in mare.Rifiuto che rappresenta tra il 60 e l’80% della fetta di immondizia rilevata nelle nostre acque. Pensate che affiorano in superficie nel Mediterraneo ben 500 tonnellate di rifiuti plastici. Spazzatura che soffoca centinaia di tartararughe marine che scambiano i sacchetti per meduse e li ingoiano. Per non parlare degli uccelli marini che restano intrappolati nelle buste o soffocano. Non stiamo parlando di qualche decina di esemplari ma di una cifra compresa tra i 700 mila ed il milione di volatili all’anno che trovano la morte in mare a causa della plastica. I dati dell’UNEP e dell’Agenzia di protezione ambiente svedese parlano di 49 specie di mammiferi marini minacciate dalla spazzatura dei mari su un totale di 115 specie presenti.
  6. L’annoso fenomeno della pesca illegale e l’uso delle spadare.
    L’Italia non contrasta efficacemente le violazioni delle norme vigenti come previsto dal Decreto ministeriale del 14 ottobre 1998. Disattenzioni gravi che nel 2008 ci sono valse una multa di ben 7 milioni di euro da parte della Commissione Europea. Il nostro Paese è inoltre nella lista nera della National Oceanic and Atmospheric Admistration, NOAA, proprio perché non attua politiche efficaci per combattere le attività di pesca illecite. A Bagnara Calabra (Rc) e Porticello (Pa) reti pelagiche lunghe fino a venti chilometri e profonde a volte anche 30 metri, utilizzate per la cattura del pesce spada, continuano a mietere migliaia di vittime innocenti nella fauna ittica.
  7. Le navi dei veleni.I relitti tossici affossati sui nostri fondali con il loro carico mortale, sepolti come in una tomba eppure così vivi con le loro conseguenze sulla salute pubblica delle popolazioni costiere e sulla fauna e la flora ittica. Occorre, per Legambiente, fare luce sulle imbarcazioni contenenti rifiuti radioattivi che popolano i nostri mari.
  8. L’inquinamento industriale.Non tutti ne sono a conoscenza ma, anche in questo caso, il nostro Paese, piuttosto che adeguarsi alle normative vigenti, in tal caso la direttiva Ippc 2008/1/CEA sulla prevenzione e la riduzione integrate delle emissioni inquinanti dagli impianti industriali, preferisce pagare multe salate come quella comminatale dalla Corte di giustizia europea a  marzo 2011. Casi limite di aree industriali che inquinano senza ritegno aria, acqua e suolo sono Porto Marghera a Venezia; la laguna di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia; Taranto; Crotone; l’area orientale della Sicilia; la costa di Cogoleto; il Golfo di Napoli.
  9. L’erosione costiera.Interessa, stando ai dati diffusi dall’ISPRA, ben il 30% dei litorali italiani. Sul territorio dell’Unione il nostro Paese è tra quelli più soggetti al fenomeno. Negli ultimi cinquant’anni le stime parlano di un arretramento medio di oltre 25 metri per il 24% dei litorali sabbiosi. Un fenomeno naturale, quello dell’erosione, accelerato però in Italia dalla cementificazione selvaggia a carico delle coste. Nella fascia a 300 metri dalla riva vive ben il 30% della popolazione.
  10. Le centrali termoelettriche presenti sulla costa.Il carbone della neonata centrale di Civitavecchia, il via libera a nuovi impianti inquinanti a Fiumesanto, in Sardegna, e a Vado Ligure, il progetto di Saline Joniche (Reggio Calabria) e la riconversione operata a Rossano Calabro (Cosenza) sono casi emblematici. Se si esclude la vittoria ottenuta contro il carbone a Porto Tolle, il nostro Paese sta portando avanti una scelta anacronistica, puntando sul combustibile fossile più inquinante, che certo non ci porterà ad abbattere le emissioni di CO2, con il risultato di nuove pesanti sanzioni dell’UE oltre che, danno economico e ambientale ancora maggiore, la generazione di un’ulteriore fetta di inquinamento a carico della popolazione e degli ecosistemi, una minaccia non certo trascurabile per la qualità della vita e per la salute pubblica.

[Fonte: MareMonstrum2011]

Commenti (5)

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