Rifiuti radioattivi di Brescia in Sardegna, protesta contro l’Alfa Acciai

di Redazione 1

Da Brescia a Cagliari via mare, un carico radioattivo giunge allo stabilimento della Portovesme srl, nel Sulcis, dall’Alfa Acciai di San Polo ma il tentativo di passare la patata bollente alla Sardegna non riesce. Ieri è montata una rumorosa protesta con pentole e coperchi fuori dai cancelli dell’azienda bresciana: il carico di veleni sta tornando indietro, rispedito al mittente, con un avanti e indietro di materiale tossico in giro per l’Italia che ha del vergognoso. I rappresentanti del Comitato Spontaneo contro le Nocività di Brescia chiedono un più stretto monitoraggio sulla ditta.

Com’è possibile? Rifiuti speciali in viaggio fino alle coste sarde in due banalissimi (invisibili?) container, come se niente fosse. Protesta Legambiente Sardegna che definisce, nelle parole del suo presidente Vincenzo Tiano, davvero incredibile che del materiale così pericoloso per la salute pubblica e ambientale abbia viaggiato indisturbato sino all’isola italiana.

Avranno mica scambiato la meravigliosa terra di Sardegna per una discarica in cui si può smaltire di tutto senza controlli?
E si lamenta proprio della scarsa, o meglio nulla, vigilanza sui rifiuti speciali, Tiano, spiegando che

il livello dei controlli sulla filiera dei rifiuti speciali è assolutamente inadeguato soprattutto per quelli più pericolosi come i radioattivi.

I due container arrivati nel porto di Cagliari da uno stabilimento del bresciano contengono fumi di acciaieria contaminati da materiale radioattivo. Per l’associazione ambientalista sarda si tratterebbe di un episodio molto grave anche in virtù del fatto che

per l’utilizzo dei fumi di acciaieria, nel ciclo produttivo della Portovesme srl, era stata disposta a suo tempo una specifica deroga alla legge regionale, a patto di un rispetto rigoroso della normativa sui rifiuti speciali.

Attualmente, ricorda Legambiente, le polveri di abbattimento fumi sono tra i rifiuti più trafficati dalle ecomafie anche perché il costo di smaltimento è molto elevato e in tanti, tra gli industriali disonesti, scelgono vie illegali per liberarsene, senza farsi troppo scrupoli. Il business della monnezza pericolosa colpisce ancora, al cuore, l’Italia. In Sardegna, i dati del rapporto Ecomafia 2010, ci parlano di ben 280 frazioni, escludendo quelle non accertate.
Per Tiana bisogna aumentare i controlli all’ingresso dei rifiuti in Sardegna potenziando la capacità dei porti di localizzare irregolarità con gli strumenti adeguati e più moderni attualmente a disposizione.

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