Molte specie di
balene sono in via d’estinzione, ma questo sembra importare poco al governo giapponese. Infatti
il mercato della carne dei grandi cetacei è il fulcro dell’economia del sol levante, che non si cura del rischio di rimanere senza prede tra qualche decina di anni, ma continua a
cacciare quelle che ci sono adesso, indistintamente.
La cosa più grave è che, secondo un sondaggio effettuato dal Nippon Research Center Ltd (membro della Gallup International Association), risulta che l’87% dei giapponesi non sa che la caccia alle balene viene finanziata con i propri soldi.
L’istituto di ricerca ha effettuato questo sondaggio su un campione di 1501 persone che vanno dai 15 ai 60 anni. Da qui è emerso che sono il 25% quelli che si oppongono alla caccia, mentre il 31% la sostiene, ma solo nelle proprie acque.
Infatti una decisione della
Commissione Baleniera Internazionale (IWC) ha vietato la caccia delle balene in acque internazionali dall’86, ma il Giappone non sembra curarsene, e la continua con la scusa della ricerca. Infatti il denaro sottratto dalle tasche dei cittadini va a finire in un fondo denominato “
ricerca scientifica baleniera“, che permette ai predatori di cetacei di agire liberamente, sia in acque proprie che in quelle internazionali, con le carte in regola.
I fondi che ogni anno vanno ad ingrossare le tasche dei cacciatori di balene sono circa
5 milioni di dollari, ma in realtà questi non hanno portato ad un solo dato sulla vita delle balene, ma solo alla macellazione e alla vendita della loro carne.
Gli attivisti di
Greenpeace, in questi ultimi 22 anni, hanno raccolto moltissimi dati sulle balene, senza nemmeno sfiorarne una, e si sono dati da fare per fermare questa mattanza.
Il primo provvedimento è stato di bloccare le navi carburante che rifornivano le baleniere, con successo.
Il secondo è stato inseguire le baleniere “scientifiche” per non farle attraccare. In questo modo è impossibile per i cacciatori attaccare le balene, perchè in movimento non hanno la possibilità di agganciarle. Con queste attività Greenpeace ha salvato circa 935 balenottere minori e 50 comuni in un anno, grazie alla loro barca Esperanza.
Peccato però che gli attivisti siano lasciati al loro destino, dato che gli organismi internazionali non gli danno una mano, e le altre nazioni, compresa l’Italia, non si mobilitano per non rovinare i rapporti con il Giappone.
2 commenti su “Quasi 1000 balene salvate ogni anno da Greenpeace, ma il Giappone non demorde”