
Lo sport è una delle attività più seguite e amate da italiani ed europei, e le strutture che accolgono attività sportive rappresentano l’8% del patrimonio edilizio nell’Unione. Perché non ridurre i consumi di energia e promuovere l’efficienza energetica delle strutture per migliorare la qualità della vita nelle nostre città e ridurre le emissioni di gas serra?
Dopo essersela presa con gli aerei e le automobili, adesso è il turno delle grandi navi. L’Unione Europea sta studiando in questi giorni una strategia per far pagare le emissioni ai possessori di tutti i natanti sopra le 5 mila tonnellate, in base alla CO2 che provocano. Ovviamente si intende per tutti quelli che attraccano in un porto europeo, anche se non battono bandiera europea. Lo ha annunciato la Commissione Europea venerdì scorso con un comunicato secondo il quale le rilevazioni inizieranno a partire da gennaio 2018.
Arrivano segnali positivi ed altri negativi dall’ultimo rapporto stilato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), pubblicato con il nome di 2012 World Energy Outlook Report. Secondo quanto riporta l’agenzia, nel 2012 non siamo riusciti ad evitare l’incremento di CO2 emessa nell’atmosfera. I segnali positivi però sono prima di tutto che, rispetto agli anni precedenti, c’è stato un rallentamento, e poi che gli sforzi per combattere il riscaldamento globale cominciano a dare i propri frutti.
Com’è cambiata l’Italia negli ultimi 20 anni? Dal punto di vista dell’ecosistema urbano, ovvero tutto ciò che riguarda l’ambiente nelle città, è cambiata poco. Ma un certo miglioramento è evidente. È quanto risulta dall’ultimo rapporto di Legambiente, in collaborazione con Ambiente Italia e il Sole 24 Ore, per cercare di capire, in tutti gli aspetti che riguardano i vari campi di cui ci occupiamo da anni se davvero siamo migliorati rispetto agli anni ’90, o se ancora non abbiamo imparato dai nostri errori.
Buone notizie dal fronte inquinamento. In tutto il mondo si registra un decremento delle emissioni notevole, e secondo i dati pubblicati dalla Reuters nel 2011 (ultimo anno con i dati completi) in tutto il pianeta sono stati emessi agenti inquinanti per il 6,5% in meno rispetto all’anno di riferimento che è il 1990. Si tratta di dati che non fanno esultare gli ambientalisti dato che siamo ancora lontani dagli obiettivi che porterebbero ad una riduzione talmente forte da limitare l’incremento delle temperature globali, ma sono un importante segnale che qualcosa ha cominciato a funzionare visto che fino al 2010 in molte parti del mondo le emissioni anziché diminuire, aumentavano.
Ogni nazione deve emanare leggi proprie per regolare le emissioni di agenti inquinanti. È questa la proposta di Christiana Figueres, responsabile degli accordi internazionali per l’Onu in materia di emissioni. Secondo la Figueres non basta trovare accordi (che poi non si trovano mai) nei vari meeting dove i Paesi “promettono” di tagliare le emissioni. C’è bisogno di una legge nazionale chiara.
Il presidente Obama aveva affermato di voler investire nelle rinnovabili, ma nonostante questo non si ferma la macchina petrolifera. Con l’obiettivo di tagliare la propria dipendenza dalle risorse estere, gli Stati Uniti hanno avviato già da qualche anno un programma per il recupero delle fonti energetiche dall’interno dei propri confini. Ma l’incremento negli ultimi tempi è stato così repentino che secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) gli Usa potrebbero diventare il principale produttore di petrolio al mondo entro il 2017.
Nonostante tutti gli sforzi di cittadini e associazioni, oltre che di alcuni organi politici, nella lotta alle emissioni, la fonte principale di inquinamento al mondo, il carbone, non solo non conosce crisi, ma sta addirittura tornando di moda. La denuncia arriva da Friends of the Earth e Greenpeace che hanno calcolato un incremento nell’utilizzo di carbone in tutto il mondo negli ultimi anni.
Noi di Ecologiae lo

Assomiglia ad un carpooling, ma è fatto tra perfetti sconosciuti che non abitano vicini e non si danno nemmeno appuntamento. E’ stato soprannominato Jungo (dal tedesco “Jung”, giovane, e dall’inglese “Go”, andare) e si tratta di una delle pratiche più antiche del mondo: l’auto-stop. Ma diciamo la verità, quanti di noi non si sono mai fermati con l’auto per dare un passaggio ad uno sconosciuto, pensando che si potesse trattare di un malintenzionato? Con Jungo non più.
Se c’è un’attività anti-ecologica per eccellenza, questa è senza dubbio il fast food. La più grande catena del mondo però, il McDonald, vorrebbe tentare almeno di ripulirsi la coscienza ed agire dove possibile per abbassare almeno un po’ le proprie emissioni. E nell’attesa (che non avrà mai fine) dell’abbattimento della CO2 dalla carne, l’ultima novità riguarda i bicchieri delle bibite.
Il discorso del “mangiare locale” o a chilometro zero spesso è visto come una cosa da ambientalisti per il puro spirito ecologista dell‘inquinare meno. Ed in realtà questo è vero, ma è solo una parte della questione. Consumare prodotti locali infatti non solo evita tonnellate di emissioni dovute al trasporto, ma fa bene all’economia del posto, e soprattutto alla salute. A certificarlo è il Center for Disease Control and Prevention, o CDC, che ha attestato come la metà delle malattie alimentari odierne sono dovute al cibo importato.