Solare a concentrazione, l’evoluzione futura dell’energia pulita

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In questi giorni si sta tenendo a Roma il g8 dell’energia. I telegiornali si guardano bene dal diffondere la notizia perché mentre nelle sale convention si parla di nucleare e carbone, e solo in minima parte delle energie rinnovabili, fuori da quelle sale centinaia di manifestanti chiedono maggiori investimenti in favore dell’energia pulita.

Alcuni di questi manifestanti sono di Greenpeace, ed oggi hanno pubblicato un dossier molto interessante sul futuro del solare. Essi parlano dell’energia del futuro, che potrebbe essere quella del solare a concentrazione. Più precisamente si tratterebbe di una centrale la quale moltiplicherebbe esponenzialmente la produzione di energia solare con degli antichi metodi di giochi di specchi. Si tratterebbe semplicemente di potenziare i raggi solari tramite degli specchi, i quali potrebbero far arrivare la temperatura al generatore di corrente da 400 a 1000 gradi, producendo tantissima energia in più rispetto a quella che si produce oggi.

Nucleare a braccetto delle rinnovabili? Tutto è possibile

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Nel lontano 2003, un gruppo interdisciplinare dell’MIT ha deciso di studiare il futuro delle centrali nucleari a causa della convinzione che questa tecnologia sia un’opzione importante per gli Stati Uniti e il resto del mondo per soddisfare le future necessità di energia senza emissioni di anidride carbonica e altri inquinanti atmosferici. Lo studio è stato aggiornato nel 2009, ed esso rinnova la precedente conclusione che “se adottata dal governo, l’energia nucleare può dare un vantaggio in termini di crediti sull’emissione di carbonio”.

Questa è una buona notizia per le centrali nucleari. Significa che l’industria nucleare potrebbe beneficiare, a lungo termine, di aiuti governativi se dovesse essere attuata a livello mondiale la politica del Cap & Trade, cioè la limitazione alle emissioni. Ma c’è anche una cattiva notizia.

La relazione del 2003 aveva rilevato che:

Nel mercato liberalizzato, l’energia nucleare non è oggi competitiva con i costi del carbone e del gas naturale. Il costo stimato della costruzione di una centrale nucleare è aumentato ad un tasso del 15% l’anno con il tasso attuale, a cui si va aggiungendo il rallentamento della crescita economica.

Questo dato si basa sul costo effettivo che si è visto di recente in Giappone e Corea, e sulle previsioni relative al costo dei nuovi impianti previsti per gli Stati Uniti, Finlandia e, perché no, anche per l’Italia. I costi degli investimenti sia per il carbone che per il gas naturale sono aumentati, anche se non così tanto. Il picco del costo del gas naturale e del carbone appartiene al passato.

Consumo energetico in calo: luci ed ombre di una buona notizia

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L’Iea (agenzia internazionale sull’energia) ha diramato oggi dei dati che, a primo impatto, possono sembrare positivi. L’anno 2009 si chiuderà con una riduzione del consumo di energia elettrica a livello mondiale del 3,5% rispetto al 2008. Un risultato storico, dato che dal dopoguerra ad oggi non era mai accaduta una cosa simile, ma che racchiude in sè qualche insidia.

Se da un lato è vero che riducendo il consumo, si riduce anche l’inquinamento, perché meno combustibili fossili si bruciano e meno anidride carbonica si emette nell’atmosfera; è vero anche che questo calo non è dovuto ad una scelta dell’uomo, ma è stata obbligata dalla crisi economica, che ha portato alla chiusura di diverse fabbriche, lasciando a casa milioni di lavoratori.

Partono i primi progetti per il treno solare negli Usa

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Uno dei campi del futuro in cui “sbarcherà” l’ecologia è sicuramente il trasporto pubblico. Tempo fa accennammo al mag-lev train, un treno magnetico sperimentale che avrebbe collegato le città di Detroit e Lansing, in Michigan. Un progetto che sembrava promettente, ma aveva un piccolo problema: sembrava troppo tecnologicamente complicato e costoso per poter essere realistico. Ma intanto non si poteva abbandonare l’idea dei treni ecologici, visto che rimangono uno dei mezzi di trasporto più utilizzati in tutto il mondo.

Come riportare allora il servizio dei treni ad essere più moderno ed ecologico? L’idea del treno solare progettato in Arizona sembra più ragionevole. Soprattutto perché non coinvolge i magneti superconduttori e le batterie a idrogeno, che erano quelle componenti che facevano lievitare le fatture.

Ideato un metodo per far diventare i pannelli solari più potenti e meno costosi

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Uno dei principali svantaggi dell’uso delle energie rinnovabili è sicuramente il costo. Attraverso la tesi “La preparazione e lo studio di pellicole sottili per applicazioni fotovoltaiche” presentato all’Università Jaume I, Teodor Krassimirov ha tentato di rendere lo sviluppo di efficaci pannelli solari più facile e meno costoso.

In questa tesi, egli propone l’uso di metodi di sintesi più economici utilizzando i composti a base di zolfo (calcopiriti) come alternativa a quelli usati fino ad ora. Delle sottili pellicole per le applicazioni fotovoltaiche sono ottenute attraverso costosi processi di sintesi che hanno bisogno di essere ottimizzati. Dice Purificación Escribano, docente di Chimica Inorganica e co-direttore della tesi insieme al docente senior Juan Carda:

Abbiamo deciso di proporre un processo di sintesi a basso costo per la preparazione della pellicola basato sulla struttura della calcopirite come alternativa al silicio, che è un materiale altamente efficiente, ma costoso da ottenere.

Ecco un vero piano ecologico nazionale: 35% di energia pulita entro 10 anni

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I Paesi che si dicono attenti all’ecologia e che si auto-nominano ecologici, dovrebbero guardare a quelli che invece fanno veramente qualcosa e prendono concretamente degli impegni. Mentre in Europa si continua a litigare tra chi vuole il 20% dell’energia pulita entro il 2020, chi ne vuole di più e chi ne vuole di meno (e chi non ne vuole proprio come l’Italia), dall’altra parte del mondo c’è un Paese che si candida a diventare il più grande produttore di energia pulita al mondo. No, non stiamo parlando degli Stati Uniti, ma della Cina.

I famigerati impianti alimentati a carbone, tanto messi sotto accusa per l’alto tasso di inquinamento, attualmente sono la prima causa delle emissioni di gas a effetto serra al mondo. Questi però andranno via via scomparendo, dato che per il suo futuro la Cina ha promesso che il 35% del fabbisogno energetico nazionale proverrà da fonti di energia pulita entro il 2020. Il Governo di Pechino ritiene che l’obiettivo sarà generare circa 570 gigawatt di energia pulita all’anno, un bel passo avanti per il più grande impero economico inquinante al mondo.

Biocarburanti: finalmente si punta sugli scarti

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Il maggior nemico dei biocarburanti negli ultimi non è stata nè la diffidenza, nè l’arretratezza di certe strutture. Ma semplicemente il principio che il cibo viene prima dell’energia. Molte critiche infatti sono state mosse ai produttori di biocarburanti, soprattutto in Brasile, che preferivano utilizzare ad esempio l’olio di colza, e non solo, il quale andava a diminuire il cibo per le popolazioni che abitavano vicino le piantagioni, e che, per fare spazio a questi enormi campi, portavano al disboscamento di centinaia di ettari di foreste, con tutte le conseguenze che conosciamo.

La soluzione, come spesso accade, era sotto gli occhi di tutti, ma finora nessuno (forse volontariamente) se ne era accorto: bastava affidarsi agli scarti. Se in linea teorica i biocarburanti erano l’alternativa migliore al petrolio (non inquinavano, erano prodotti naturali e riproducibili), in pratica erano molto dispendiosi. E allora la tecnologia ci ha permesso di produrli anche dagli scarti della lavorazione di cereali e legno, utilizzandone le parti non commestibili.

Può l’energia pulita scatenare una nuova Guerra Fredda?

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La maggior parte degli occidentali pensa che l’indipendenza energetica sia un obiettivo importante. La nostra dipendenza dal petrolio estero, ma anche dal gas e dal nucleare, costano troppo. Per non parlare dei danni a livello ambientale che questi combustibili provocano. Quindi, la generazione di energia rinnovabile potrebbe essere sufficiente a sostenere l’intero mondo Occidentale ed il clima? Alcune agenzia di difesa, soprattutto americane, non la pensano così ma, al contrario, sostengono che il raggiungimento dell’indipendenza energetica potrebbe inavvertitamente avviare una strategia globale di Guerra Fredda.

La tesi dovrebbe essere più o meno questa: diventando isolazionisti e rinunciando all’energia “sporca”,questo potrebbe provocare un’altra guerra fredda che incoraggerebbe uno scenario in cui la Cina e la Russia si impadronirebbero di quelle risorse di cui l’Occidente non ha più bisogno per tenere sotto scacco quelle nazioni ancora arretrate che dipendono da esse. La loro politica energetica espansionista lascerebbe le altre nazioni in balìa dei loro capricci, facendoli diventare sempre più potenti, fino a ritornare una maggiore minaccia per i Paesi filo-americani. Secondo il dipartimento della Difesa americano l’isolazionismo energetico non è un’opzione realistica.

Auto elettriche, ecco i modelli per il futuro

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Al momento, le vere auto elettriche sono rare. In effetti, la versione più comune è quella utilizzata sui campi da golf, permessa anche in città, che raggiunge al massimo 50 km/h. Ma ora a Detroit intendono fare sul serio e costruire macchine elettriche nel vero senso della parola, cioè che siano uguali alle macchine attuali, solo che al posto del serbatoio di benzina avranno una batteria elettrica.

Non aspettatevi che il primo prodotto sia molto diverso da quelli disponibili oggi sul mercato. Anche se i motori elettrici occupano meno spazio rispetto a quelli convenzionali a combustione interna, i designer Ford e GM hanno ammesso che non è necessario ridisegnare radicalmente gli esterni dell’auto. L’obiettivo è di rendere gli interni più spaziosi e le automobili più piccole e più aerodinamiche.

Nel corso del tempo, tuttavia, le automobili elettriche sono tenute ad evolversi inevitabilmente come forma e funzione. La Toyota Prius, una ibrida elettricità-gas, ha già dimostrato che alcuni cambiamenti sono possibili per migliorare l’efficienza.

In America le imprese ecoliche si uniscono per protestare contro gli ostacoli burocratici. E l’Italia che fa?

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Le maggiori società di energia eolica si sono unite per mettere in guardia il Congresso americano sulla fissazione di uno standard di energia rinnovabile troppo basso. Esso significherebbe perdere molti posti di lavoro. Hanno unito le forze per contrastare lo strapotere delle imprese del carbone, petrolio, e altre del settore energetico, che tentano di influenzare la legislazione sul clima. Come spesso ribadito su queste pagine, questo costerebbe posti di lavoro e l’economia ne risentirebbe. In America l’hanno capito, in Europa no.

Uno standard nazionale sull’energia rinnovabile richiederebbe che le aziende di servizi pubblici acquistino una certa quantità di energia da fonti di energia pulita. Quest’idea è stata introdotta dai Democratici, i quali hanno stabilito per legge che il 25% dell’energia della nazione provenga da fonti alternative entro il 2025. Ora, nel quadro degli sforzi di compromesso, per favorire le grandi imprese in un difficile momento dell’economia, questo limite è stato tagliato al 12%. Il che significa miore impegno nello sviluppare la tecnologia, meno fondi, e meno posti di lavoro.

Ancora un incidente alla centrale nucleare di Tricastin

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Mentre in Italia il Parlamento sta tentando di farci tornare indietro sulla scelta che riguarda il nucleare, a sancire il voto definitivo che apre la strada all’atomo c’è un nuovo incidente ad una centrale nucleare a noi vicina, quella di Tricastin.

Poco distante dal confine con l’Italia, la centrale francese non è nuova ad incidenti di questo tipo, e già in passato ce ne eravamo occupati. Secondo alcuni giornali francesi, il sito della Drôme è nuovamente sotto accusa per un incidente, riportato dalla Commissione per la ricerca e l’informazione indipendente sulla radioattività (Criirad), accaduto mercoledì scorso durante la costruzione di una parte del reattore numero uno della centrale della EDF. Il reattore è stato fermo per ben tre anni, mentre negli ultimi tre mesi, l’agenzia nucleare ha effettuato dei test per la sua riapertura, non propriamente effettuati a dovere.

Secondo l’associazione, 2 tonnellate di metallo utilizzate per l’esecuzione del test sul ponte di manutenzione, sono cadute da un’altezza di circa 15 metri. Una dozzina di persone sono impegnate in questo montaggio ma, per fortuna, nessuno era presente durante l’incidente.

Veicoli a idrogeno in carreggiata, in Norvegia la prima autostrada dedicata

autostrada-hynor-veicoli-idrogenoUn’autostrada riservata esclusivamente ai veicoli a idrogeno. E’ stata realizzata in Norvegia, lungo un percorso che si snoda per ben 580 chilometri e che è valso al Paese scandinavo un meritato primato nel campo dello sviluppo dei mezzi di trasporto con alimentazione fuel cell.

L’autostrada HyNor, che collega le città di Oslo e Stavanger, è sorta grazie all’omonimo progetto co-finanziato dal governo norvegese e dall’industria privata. L’obiettivo raggiunto ha dello straordinario per più di una ragione: si tratta infatti di un’infrastruttura a emissioni totali zero, della prima autostrada ad accesso consentito solo ai mezzi alimentati ad idrogeno, inoltre il percorso non è certo breve e finalmente garantisce ai veicoli non inquinanti la possibilità di usufruire di stazioni di rifornimento in maniera del tutto adeguata alle loro esigenze.

Il nucleare torna in Italia per legge. Ecco dove potrebbero sorgere le future centrali

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Ieri sera, dopo una battaglia politica durata ore, il senato ha ratificato il ritorno al nucleare per l’Italia. In barba al referendum del 1987 in cui gli italiani dissero no al nucleare, con una semplice votazione si è data l’opportunità al Governo di cominciare, entro 6 mesi, l’iter che riporterà l’Italia indietro di 20 anni, permettendo la costruzione delle centrali nucleari.

I problemi sono tanti. A prescindere dalla volontà del popolo, che sicuramente se fosse chiamato a rispondere ad un referendum confermerebbe il no dell’87, le questioni da risolvere sono troppe. Prima di tutto, il luogo in cui costruire le centrali. Saranno coperti da segreto militare i siti in cui esse saranno costruite, e questo gesto già fa capire che si temono contestazioni delle popolazioni che abitano vicino al sito scelto, e per questo si ricorrerà alla mano dura.

Per scegliere i quattro siti in cui costruire le centrali, si è deciso di adottare una mappa prodotta dalla Cnen (oggi diventata Enea), disegnata negli anni ’70. Lì erano indicate le zone adatte al fabbisogno di una centrale, come la presenza di acqua e la stabilità del terreno. Il problema è che oggi, dopo 30 anni, questa mappa è obsoleta, alcuni fiumi segnati sono a secco o non hanno più il corso di una volta, alcune zone sono franate o ci sono stati smottamenti che non rendono più sicuro il terreno. Insomma, va rifatto tutto il lavoro tutto d’accapo.

Energia eolica integrata negli edifici, funziona davvero?

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Tutti amano l’energia eolica integrata, come questa grande turbina del Bahrain World Trade Center nella foto, ma in realtà funziona? O è solo lì per fare una presenza esteticamente ecologica? Alex Wilson, eco-costruttore, non ci crede, e la considera una “follia”. Non vi è dubbio che la usino per fare una figura da ecologisti, ma i dati parlano diversamente.

1. L’aria è spesso turbolenta. Il vento cambia, rimbalzando intorno, le turbine eoliche funzionano meglio con aria costante. Secondo Ron Stimmel, esperto di tecnologia eolica dell’American Wind Energy Association (AWEA), tale flusso turbolento confonde la turbina, peggiorandone le prestazioni. Anche se c’è molto vento sulla cima di un edificio, è probabilmente più turbolento del vento costante. Una regola comune, secondo Stimmel, è quella di elevare una turbina di almeno 9 metri, sul terrazzo di un edificio con almeno 150 m di raggio,compreso l’edificio stesso.