High Line di Manhattan: comincia la trasformazione verde di New York

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Esiste un’antica strada sopraelevata nei cieli di Manhattan, famosa in tutto il mondo come la High Line, un percorso lungo 2,3 chilometri che taglia in due l’isola più famosa del mondo, viste tutte le riprese che hanno esportato questa sopraelevata in decine di film. Da qualche anno però questa strada è caduta in disuso.

Più precisamente non la si utilizza più dal 1980, da quando cioè vi è passato l’ultimo treno che riforniva la città di generi alimentari. Da allora, in controtendenza con il modo di fare americano, è stata abbandonata a sè stessa, permettendo alla natura di riappropriarsene, e non facendo nulla nemmeno quando un pezzo di essa crollò, tranciandola in due. Tutto ciò fino a cinque anni fa, quando il sindaco Bloomberg ha deciso di riqualificarla, ed anziché smontarla e rifarla nuova come accade con i grattacieli, ha deciso di farla diventare una macchia verde nel centro di New York.

New York, installato cartellone che indica l’incremento dei gas serra in tempo reale

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Sappiamo che le emissioni di anidride carbonica stanno accelerando rapidamente, ma quanto rapidamente? Per capire il tasso di inquinamento reale, un gigantesco cartellone è stato presentato a New York all’esterno del Madison Square Garden e  dellaPenn Station, il quale mostra le concentrazioni atmosferiche di gas serra presenti in quel determinato momento. Secondo le prime rilevazioni queste aumentano di 800 tonnellate al secondo.

Secondo BusinessGreen:

Il cartellone, primo al mondo scientificamente valido, aggiorna in tempo reale l’indicatore delle emissioni di carbonio, è stato inaugurato ufficialmente ieri dalla Deutsche Bank e dalla divisione Asset Management di un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT). All’inaugurazione, il cartellone ha dimostrato che esistono attualmente 3,64 miliardi di tonnellate di gas a effetto serra nell’atmosfera e che la cifra è in aumento di 800 tonnellate al secondo.

Obama lancia la legge salva-oceani

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Dopo aver fatto leggi contro il fumo e a favore delle auto ecologiche, energie rinnovabili, le balene e le biciclette, a poco più di 6 mesi dal suo insediamento Barack Obama è pronto per emanare una legge per la protezione degli Oceani.

Anche se è ancora nelle fasi iniziali del suo sviluppo, il Governo americano ha annunciato la creazione di un Ocean Protection Plan, che servirà come base per una politica nazionale per la protezione dei mari, zone costiere, e dei grandi laghi. Ecco come ha intenzione di farlo. Obama ha rilasciato una nota per la formazione di una strategia volta a creare una task force interministeriale che ha 90 giorni di tempo per:

1) Formare una politica nazionale sugli oceani, acque costiere e grandi laghi che, tra le altre cose, protegga e sostenga questi importanti ecosistemi;

2) Realizzi un quadro strutturale coordinato di attuazione di questa politica.

In America le imprese ecoliche si uniscono per protestare contro gli ostacoli burocratici. E l’Italia che fa?

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Le maggiori società di energia eolica si sono unite per mettere in guardia il Congresso americano sulla fissazione di uno standard di energia rinnovabile troppo basso. Esso significherebbe perdere molti posti di lavoro. Hanno unito le forze per contrastare lo strapotere delle imprese del carbone, petrolio, e altre del settore energetico, che tentano di influenzare la legislazione sul clima. Come spesso ribadito su queste pagine, questo costerebbe posti di lavoro e l’economia ne risentirebbe. In America l’hanno capito, in Europa no.

Uno standard nazionale sull’energia rinnovabile richiederebbe che le aziende di servizi pubblici acquistino una certa quantità di energia da fonti di energia pulita. Quest’idea è stata introdotta dai Democratici, i quali hanno stabilito per legge che il 25% dell’energia della nazione provenga da fonti alternative entro il 2025. Ora, nel quadro degli sforzi di compromesso, per favorire le grandi imprese in un difficile momento dell’economia, questo limite è stato tagliato al 12%. Il che significa miore impegno nello sviluppare la tecnologia, meno fondi, e meno posti di lavoro.

Il Kansas dà lavoro a 400 persone in una sola centrale eolica

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Sin dalla campagna elettorale di Barack Obama, anche Ecologiae ha sempre ritenuto possibile un incremento dei posti di lavoro nel campo delle rinnovabili. Non si parla di qualche posto di lavoro, ma di centinaia, migliaia e, a livello mondiale, si rientra nell’ordine delle decine di milioni.

Secondo The Witchia Eagle, Siemens Energy ha annunciato la sua scelta dela città di Hutchinson, Kansas per la costruzione di una turbina a vento da 50 milioni di dollari, che darà lavoro a circa 400 lavoratori. L’impianto consisterà nell’assemblare carlinghe e allungare le strutture in cima a delle torri del vento, che comprendono i generatori, gli attrezzi e l’elettronica. L’annuncio, dato con molto orgoglio, arriva dal Governatore del Kansas che ha appena approvato anche la costruzione di un grande impianto di energia elettrica a carbone. Dimostrazione che non è detto che se si investe in un tipo di energia, necessariamente bisogna escludere l’altra.

Barack Obama festeggia i 100 giorni da presidente ecologico

Anche noi di Ecologiae riponiamo molte speranze nel Governo di Obama. Un esecutivo che festeggia i primi 100 giorni dall’insediamento, i quali serviranno per capire cosa ci aspetta e quali saranno i progressi, soprattutto ecologici, che ci aspettano durante l’intero mandato. Dopo anni di un’amministrazione che poco aveva a che fare con l’ecologia, e che ha messo l’ambiente dopo l’ultima delle questioni (e le prime erano sempre inquinanti), siamo improvvisamente passati ad un presidente che ha promesso di finanziare le energie rinnovabili, creare posti di lavoro verdi, abbracciare la scienza, e forse l’obiettivo più importante, far diventare gli Stati Uniti i leader per affrontare il cambiamento climatico.

Ma cosa effettivamente ha fatto Obama, almeno in questi primi 100 giorni, per far intendere che vuol mantenere le promesse? Come si può scorgere anche nelle pagine di questo blog, Obama è stato molto impegnato nel mettere in atto le sue idee ecologiche. Da gennaio ad aprile, ha praticamente fatto più di tutti gli 8 anni precedenti dell’amministrazione Bush.

Il g8 accelera i piani ecologici americani, Al Gore convocato al senato

Il dibattito sul “cap-and-trade“, all’esame del Parlamento americano, si sta in qualche modo intensificando oggi, vedendo gli sforzi che anche il resto del mondo mette in atto con il g8. L’ex vice presidente democratico Al Gore è stato chiamato ad esporre la sua relazione in merito alla legislazione.

Gore ha iniziato le sue osservazioni confrontando gli sforzi in materia di cambiamento climatico dal 1960, e si è reso conto di quanto importante sia per la politica oggi legiferare in questo senso. Il cap-and-trade potrebbe essere il metodo più intelligente per lo sviluppo della rete di ricerca sulle tecnologie di cattura del carbonio.

Prime reazioni all’Earth Day: Barack Obama

Il motivo del recente silenzio sul problema ambientale di Barack Obama è presto spiegato. Il presidente degli Stati Uniti, in puro stile cinematografico-americano, ha voluto dire la sua sul futuro della Terra attendendo proprio l’Earth Day, il giorno in cui le maggiori attenzioni del mondo sono dedicate a questa problematica.

Ma il suo annuncio non arriva da Siracusa, dove sono riuniti i ministri dell’ambiente di mezzo mondo, ma dalla sua America, e più precisamente dall’Iowa, uno degli Stati chiave per la sua campagna elettorale. Qui, in risposta al g8, ha “lanciato la pietra”, tentando di dare spunti sui quali discutere e magari decidere collettivamente.

I punti centrali del suo intervento sono stati sulle energie rinnovabili, sui provvedimenti che gli Stati possono e devono prendere a livello politico, e sulle auto. Importante per Obama è stato anche ribadire che gli States sono e devono essere, anche per il futuro, il punto centrale della rivoluzione ecologica, e che con il loro esempio devono essere il leader mondiale della svolta.

Cosa aspetta Obama ad attuare le politiche ambientali?

Il Cap and trade di Obama non funziona. O almeno così ritengono al Parlamento e al Senato americano. Per questo motivo gli Stati Uniti, ma di conseguenza il mondo intero, stanno rimanendo a bocca aperta nel vedere quelle priorità che, nel corso della campagna elettorale, venivano imposte come punti centrali della politica di Obama, stiano lentamente scendendo sotto tante altre nella lista delle priorità, come il New York Times fa notare, senza che il neo presidente faccia qualcosa per impedirlo.

In superficie, i discorsi e la retorica in materia di riscaldamento globale di Obama sono più ardenti e sottolineati che mai, ma poi inspiegabilmente ha esitato a sostenere con fermezza qualsiasi politica specifica per intraprendere i suoi programmi ambientalisti. Non solo. Obama non ha ancora approvato il massiccio programma sul clima e l’energia. Quando si è trattato di lottare contro il cambiamento climatico con la legislazione, la verità della questione è che, nonostante i discorsi, Obama è stato in silenzio.

Obama all’industria automobilistica: “O ecologia o fallimento”

Ieri ha fatto il giro del mondo la notizia che Obama ha negato a Chrysler e General Motors ulteriori fondi per il salvataggio. Entrambi hanno presentato piani dettagliati indicando in che modo preferivano utilizzare il finanziamento pubblico per le loro imprese. Ed entrambi i piani sono stati considerati “non validi”.

Uno dei motivi è stato perché non erano “abbastanza ecologici”. Dopo aver respinto entrambi i piani, l’amministrazione Obama ha definito un percorso di fattibilità per entrambe le società, per poter richiedere nuovamente il finanziamento. La direttiva principale è stata sforzarsi maggiormente verso l’utilizzo di risorse e sviluppo della vendita di veicoli a basso consumo di carburante. In pratica gli ha detto che se vogliono i finanziamenti, devono costruire le fantomatiche automobili ecologiche.

Compagnie petrolifere e green new deal di Obama, l’America spaccata in due sull’energia

L’amministrazione Obama vuole ridurre il consumo di petrolio, aumentando le forniture di energia rinnovabile e riducendo le emissioni di anidride carbonica nell’ambizioso sforzo di compiere una vera e propria rivoluzione energetica nell’arco di appena una generazione. Il Green New Deal di Obama, è stato soprannominato.

Ma c’è chi non approva affatto la svolta ecologica, e non fatichiamo a credere che in prima linea sul fronte dei no ci siano proprio le lobby del petrolio, quelle rappresentate da Bush prima e dallo sconfitto McCain poi, per intenderci. Ma la perdita delle elezioni da parte dei repubblicani è equivalsa ad una rinuncia alla battaglia per il potere economico da parte dei gruppi petroliferi che ne appoggiavano e sponsorizzavano la candidatura? A quanto pare no, ne parla anche l’edizione del New York Times on-line di oggi, aprendo il dibattito su quella che è una vera  e propria faglia tra Obama e i grandi petrolieri che non vedono di buon occhio i mega-investimenti nelle rinnovabili, nè tantomeno una perdita di importanza del predominio del petrolio tra le risorse energetiche.

17.000 foche uccise in due giorni, il primo bilancio della mattanza canadese

La Primavera è iniziata da pochi giorni, e già si traccia un primo tragico bilancio dopo la riapertura della caccia alla foca in Canada, mattanza che si ripete ciclicamente ogni anno, toccando soprattutto i cuccioli della specie per via del pregiato mantello di alto valore commerciale che li rende prede più appetibili per i cacciatori.
Un’economia come al solito senza scrupoli è alla base del bagno di sangue di un’intera specie animale, con cifre impressionanti diffuse in questi giorni dall’International Fund for Animal Welfare che parlano di 17.000 esemplari sterminati in Canada soltanto nei primi due giorni di caccia.

La mattanza ha preso il via nei giorni scorsi nell’area della Magdalen Island, per poi estendersi al territorio delle vicine Maritime Islands. Clare Sterling, che fa parte dell’IFAW Stop the Seal Hunt, è riuscita ad ottenere alcune immagini della recente strage a Charlottetown, foto che hanno fatto il giro dei blog di tutto il  mondo, con l’intento di sensibilizzare e diffondere purtroppo anche quest’anno quanto accade in Canada.

Usa: si rallenta sulle rinnovabili perché troppo costose

Mulini a vento e pannelli solari sono diventati i simboli del crescente interesse per l’energia alternativa in America. Eppure il Congresso in questo periodo inizia a discutere di nuove norme per limitare le emissioni di anidride carbonica e per promuovere l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, ma con una domanda di base: quanto gli americani saranno disposti a pagare per sfruttare il vento ed il sole?

Il contenimento delle emissioni di biossido di carbonio porterà quasi certamente ad aumentare i prezzi, secondo gli esperti. Ed aumentare la fiducia della nazione in materia di energia rinnovabile porterà di per sé ad aumentare dei costi. Quindici mesi in una fase di recessione poi fanno il resto. Gli sforzi per frenare le emissioni di anidride carbonica stanno cominciando a sembrare inevitabili. L’Environmental Protection Agency la scorsa settimana si è impegnata a disciplinare la politica dei gas inquinanti nocivi. Obama intanto spera sempre di inserire il famoso “cap-and-trade” che costringerebbe inquinatori a ridurre le loro emissioni o acquistare permessi da produttori “puliti”. Inoltre si è anche discusso se richiedere che una certa percentuale di energia elettrica della nazione provenga da fonti rinnovabili.

La rivoluzione verde si sposta in bicicletta

Obama ha promesso per la sua America una “rivoluzione verde“. Molti dei punti chiave della svolta ecologica dell’amministrazione americana li abbiamo più volte spiegati, dalle rinnovabili al trasporto pulito, ma uno dei cardini intorno al quale molto si svolge è la bicicletta.

La vecchia due ruote che dalle nostre parti è riservata soltanto a qualche bambino o a qualche temerario costretto a fare lo slalom tra le automobili impazzite della città, negli Stati Uniti va quasi di moda. La città più ecologica, da questo punto di vista, è Portland, che negli ultimi anni ha introdotto un sistema di trasporto pubblico con treni ed autobus che hanno sempre uno spazio per parcheggiare le biciclette. Addirittura l’ex invivibile città di New York, una volta inquinatissima, è gradualmente passata alla bicicletta. Oggi nei sobborghi del Bronx o di Brooklyn è il mezzo più usato, ma lo sta diventando anche a Manhattan, sede dei miliardari di mezzo mondo, che oggi grazie alla coscienza ecologica hanno deciso di lasciare l’automobile e spostarsi in bicicletta.