Sarah Palin contro le balene Beluga

Non è più diventata vicepresidente, ma Sarah Palin ha deciso di non farsi dimenticare dal mondo, e con delle decisioni impopolari continua a rimanere sulla cresta dell’onda. Anche se il suo partito ha perso le elezioni, lei è rimasta ugualmente la governatrice di uno degli Stati ecologicamente più in pericolo, l’Alaska, un’area che ospita molte specie in via d’estinzione e che mantiene ancora gli equilibri termici in bilico, ma che è sempre più in pericolo a causa del riscaldamento globale.

Il Governatore dell’Alaska è famosa anche per essere un’appassionata cacciatrice, ed uno super-scienziato segreto (che forse tanto super non è). Nei giorni scorsi ha annunciato che il governo federale ha sbagliato a mettere il balene Beluga nella lista delle specie minacciate dall’estinzione. Ovviamente, la Palin deve aver fatto un enorme quantità di studio scientifico indipendente per arrivare a questa conclusione. Più probabile che sia stata manovrata da qualche lobby del petrolio e del gas interessata alle trivellazioni, di cui ci siamo già occupati in passato, e che hanno usato questo escamotage per aggirare l’ostacolo.

Worldwatch: “Le previsioni sui cambiamenti climatici? Peggio del previsto”

Da un paio d’anni va di moda andare controcorrente sul problema climatico. Su tutti i media il dibattito è sempre aperto a proposito del surriscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacci, e tutte le problematiche che riguardano la Natura. Molti ben pensanti dicono che queste sono tutte favolette e che non è vero nulla, ma poi molto spesso si scopre che si tratta di sedicenti esperti sguinzagliati dalle lobby del petrolio.

In tutto questo dibattito oggi interviene il Worldwatch Institute, un istituto di ricerca indipendente americano il quale, con la pubblicazione del suo rapporto “State of the world 2009” probabilmente chiuderà la bocca a molti scettici. Il periodo di osservazione va dal 1990 al 2007, e sul rapporto si legge che le previsioni poco rassicuranti fatte finora sono state fin troppo caute: il cambiamento climatico è peggio del previsto. I primi dati resi noti in questi giorni suddividono il problema in quattro categorie, riassunte nella seconda parte dell’articolo: emissioni, stato dei mari, cambiamenti climatici e la cura per salvarci.

Google inquina, le ricerche pesano 7 grammi di CO2

Mea culpa. E colpa anche di milioni di persone in tutto il mondo. Cercare su internet informazioni, dati, notizie, inquina, ed è una fonte non indifferente di emissioni di gas serra. Il motore di ricerca più famoso al mondo è stato messo sotto accusa da una recente ricerca condotta dal fisico Alex Wissner-Gross, della Harvard University di Boston.

A quanto pare anche soltanto due semplici ricerche producono tante emissioni quanto quelle generate da un bollitore elettrico per il té per riscaldare l’acqua. Il che corrisponderebbe, secondo i calcoli dello scienziato americano, a 7 milligrammi di CO2. Se pensiamo a tutte le parole immesse nel motore di ricerca ogni giorno, già soltanto a persona, si arriva a una quantità di emissioni inestimabile.

Pericolosa accelerata nella distruzione della foresta amazzonica

Frantumati, carbonizzati, o nella maggior parte dei casi, tagliati. Così appaiono ettari ed ettari di terreno nella foresta amazzonica (o forse sarebbe meglio chiamarla ex foresta amazzonica) brasiliana. I nuovi territori dedicati al pascolo vedono decine di animali d’allevamento prendere il posto degli alberi. Quegli animali che alzano la testa e vedono in lontananza gli ultimi superstiti dei tronchi di legno di una vegetazione una volta fitta, che molto presto non ci sarà più.

Queste terribili scene sono sempre più presenti in molte zone del Brasile, in cui si sta facendo spazio ai ranch bovini in espansione a causa dell’incremento della domanda di carne sul mercato brasiliano, uccidendo letteralmente uno dei polmoni della Terra per meri fini economici.

Aumento del livello del mare, previsto innalzamento di un metro nei prossimi cento anni

Una nuova ricerca indica che il livello del mare potrebbe salire nei prossimi 100 anni di un metro rispetto ad oggi, previsione che è tre volte superiore alla prospettiva sull’innalzamento delle acque effettuata dall’UN’s Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC. La nuova rivoluzionaria tesi deriva da una collaborazione internazionale tra i ricercatori del Niels Bohr Institute presso l’Università di Copenaghen e scienziati inglesi e finlandesi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista di divulgazione scientifica Climate Dynamics.

Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il clima globale nel prossimo secolo sarà tra i due e i quattro gradi più caldo rispetto ad oggi , ma l’oceano è molto più lento nel trasmettere calore all’atmosfera così come le grandi lastre di ghiaccio in Groenlandia ed in Antartide sono decisamente più lente nello sciogliersi. La grande incertezza nel calcolo del futuro aumento del livello del mare deriva sostanzialmente dall’incapacità di prevedere la velocità con la quale i ghiacci che si sciolgono sulla terraferma confluiscano poi verso il mare.  Il modello impreciso di previsione di fusione del ghiaccio è alla base degli attuali pronostici effettuati dall’IPCC, che non sono in grado di rendere atto dei rapidi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni. Ecco perchè questa ricerca ha affrontato il problema con un approccio totalmente diverso.

Zolfo per raffreddare la Terra

[Foto| Flickr]. Zolfo nell’atmosfera per abbassare la temperatura della Terra. E’ la proposta avanzata recentemente al congresso di San Francisco dell’Unione geofisica americana. L’idea del Nobel per la chimica, Paul Jozef Crutzen, divide gli scienziati e scatena la polemica sui costi e sulle possibili conseguenze negative sull’ambiente.

I rischi climatici sono, prima di tutto, l’intensificazione di piogge acide e la riduzione dello strato di ozono nell’atmosfera. Però il riscaldamento globale va fermato: su questo sono (quasi) tutti d’accordo. Ma come?

Scienzati svizzeri confutano le tesi degli scettici sul riscaldamento globale

Lo scetticismo, nemmeno tanto dilagante, attorno al riscaldamento globale avrà vita breve, almeno dal punto di vista scientifico. Le tesi esposte tra gli altri anche da Franco Battaglia, su Il Giornale, sull’aumento delle temperature come fenomeno naturale iniziato nel 1700, all’epoca della rivoluzione industriale, sono state di recente confutate dagli scienziati del Centro di ricerca GKSS di Geesthacht insieme ad un team di ricercatori dell’Università di Berna, in Svizzera.

Come risposta al rapporto La Natura, non l’Uomo, governa il clima rilasciato dall’organismo internazionale N-Ipcc, gli studiosi hanno esaminato per la prima volta la frequenza di anni più caldi rispetto alla media tra il 1880 e il 2006.
Risultato: l’aumento delle temperature successivo al 1990 non è affatto casuale nè tantomeno l’uomo ne esce completamente innocente.

Crisi alimentare e cambiamenti climatici: una relazione pericolosa

La metà della popolazione mondiale potrebbe trovarsi a fronteggiare una grave crisi alimentare dovuta ai cambiamenti climatici entro il 2100. E’ quanto predetto da una recente ricerca effettuata da un team di ricercatori dell’Università di Washington, coordinato dal professor David Battisti, esperto in scienze atmosferiche.

A quanto pare, il rapido innalzamento delle temperature rischia di alterare gravemente i raccolti nelle zone tropicali e subtropicali, entro la fine di questo secolo e, senza possibilità di reazione alcuna in quanto processi irreversibili se non in milioni di anni, lascerà la metà della popolazione mondiale a dover far fronte a gravi carenze di cibo.

Riscaldamento globale, bluff o realtà?

Riscaldamento globale. Franco Battaglia, (no, non quel Franco Battaglia, fondatore della prima agenzia italiana di make-up artist e hair stylist), autodefinitosi fisico controcorrente, è uno dei quattro italiani tra i 650 scienziati firmatari dell’appello contro quella che definiscono la bugia del cambiamento climatico indotto dall’uomo. Ed è anche uno che ce l’ha pesantemente con l’ambientalismo.

Scrive oggi su Il Giornale, spiegando il suo punto di vista su quello che chiama un colossale bluff, almeno per quanto riguarda il ruolo dell’uomo: il riscaldamento globale. In un giorno che, ultimo di una lunga serie, vede l’Italia sotto la morsa del gelo, della neve, dell’ingestibilità del maltempo.

Riscaldamento globale, cambiamento climatico: parole al centro di analisi, politiche, preoccupazioni, smentite. Scrive  Battaglia:

I freddi globali – e sottolineo globali – di questi giorni non sconfessano la balla più di quanto l’afa di luglio non confessi che esso balla non è. E anche perché il pianeta sta effettivamente attraversando una fase di riscaldamento globale: ciò che balla è – colossale, gigantesca balla – è che l’uomo abbia un qualche ruolo sul riscaldamento e, men che meno, sul clima

Nasa: il mistero delle paperelle scomparse

Da qualche mese, sui muri delle città vicino l’Artico, compaiono dei cartelli in stile film western, con la scritta “Wanted” e con la foto di una paperella di plastica. Ricompensa: 100 dollari. Non si tratta di uno scherzo di qualche burlone, ma di un esperimento scientifico altamente sofisticato della Nasa.

L’Agenzia Spaziale Americana sta portando avanti da settembre un esperimento per cercare di capire un pò di più su come funziona il riscaldamento globale. E per farlo ha scelto di comprendere il processo di scioglimento dei ghiacciai partendo proprio da una delle zone più critiche: la Groenlandia. Lì Alberto Behar, ingegnere Nasa, ha lanciato circa 4 mesi fa sul ghiacciaio Jakobshavn 90 paperelle di plastica più una sonda delle dimensioni di un pallone da rugby per rilevare la posizione tramite un trasmettitore gps, ma anche la temperatura del ghiacciaio, le accelerazioni e tanti altri dati fondamentali. Il problema è che adesso tutti questi oggetti sono spariti.

Carbon tax, cap and trade e cap and trade ibrido, risollevare l’economia tagliando le emissioni

I principali “no” al taglio netto delle emissioni, sostenuti con grande convinzione tra gli altri dal nostro Paese, avevano come principale pretesto la grave crisi economica che sta interessando i mercati internazionali, mettendo a rischio la produzione industriale di numerosi Paesi, soprattutto in alcuni settori, come quello delle automobili. Costringere le industrie, già fortemente provate dall’emergenza finanziaria, ad adeguarsi a parametri più sostenibili, investendo in tecnologie pulite, è per alcuni governi un provvedimento impensabile. Ma è altresì impensabile rinunciare a porre un freno ai devastanti cambiamenti climatici, che hanno conseguenze a dir poco drammatiche, come tutti sappiamo.

Ecco perchè si pone l’esigenza di trovare soluzioni che riducano l’inquinamento, risollevando allo stesso tempo l’economia dei Paesi industrializzati. Alcuni economisti hanno presentato varie proposte per ridurre le emissioni di biossido di carbonio, tramite nuove licenze di inquinamento concesse dai governi, che regolamentino e limitino la produzione di CO2, vendute alle industrie ad un prezzo fisso, che eviti un incremento costante e sregolato del costo.

La buona notizia: i ghiacciai si difendono da soli dallo scioglimento

Se l’uomo non difende i ghiacciai, i ghiacciai si difendono da soli. La buona notizia è che la Natura riesce, come al solito, a rimediare agli errori umani. Non completamente, ma in buona parte. Una ricerca inglese, precisamente dell’Università di Leeds, ha scoperto che i ghiacciai dell’antartide, sciogliendosi, rilasciano delle piccolissime particelle di ferro, le quali finiscono in mare e vanno ad alimentare il plancton.

Questo processo fa aumentare l’assorbimento dell’anidride carbonica. Tutto ciò è possibile perché il plancton, per produrre energia, ha bisogno di anidride carbonica. Il ferro rilasciato dai ghiacciai accelera questo processo, in maniera tale da aumentare la quantità assorbita, e facendo diminuire quella presente nell’aria. Ovviamente, secondo gli esperti, questo non risolverà ogni problema legato alla CO2, ma almeno lo rallenterà, concedendo all’uomo più tempo per trovare le contromisure necessarie.

Il Vaticano contro la pillola anticoncezionale: gli ormoni inquinano l’ambiente

Che il Vaticano fosse contrario agli anticoncezionali a base di ormoni, alla pillola e ai profillatici era un fatto risaputo da tempo, questi metodi sono infatti reputati dalla Chiesa espedienti innaturali per contrastare le nascite indesiderate (la Chiesa approva solo il calcolo dei giorni fertili e l’astensione dal sesso). La novità, che ci interessa particolarmente da vicino, riguarda le recenti dichiarazioni provenienti dal mondo ecclesiastico sui danni all’ambiente provocati dalla pillola stessa.

In un articolo comparso ieri sull’Osservatore romano, Pedro José María Simón Castellví, presidente della Federazione internazionale delle Associazioni dei medici cattolici, ha dichiarato che la pillola inquina il mondo, in quanto disperderebbe nell’ambiente tonnellate di ormoni, con effetti a dir poco devastanti. Sarà vero? O questa tesi si appoggia solo sulla voglia di conquistarsi le simpatie degli ambientalisti, sempre più numerosi, che magari smetteranno di usare precauzioni a base di ormoni?