Il WWF denuncia le “scappatoie” che farebbero fallire l’accordo di Copenaghen

inquinamento russia

Speriamo che un accordo venga trovato a Copenaghen. Purtroppo però visto quanto dicono gli scienziati, stando ai numeri di cui si parla oggi, potrebbe non essere sufficiente per scongiurare un pericoloso riscaldamento globale, ma potrebbe essere sufficiente solo a soddisfare l’onore diplomatico.

Ieri però il Wwf ha evidenziato le lacune in un progetto che potrebbe essere un accordo globale senza valore. Il Commissario UE all’ambiente Stavros Dimas, ha sostenuto uno dei punti chiave proposti dall’associazione animalista. La statistica del WWF parla di un accordo tra i Paesi industrializzati che si sono impegnati a tagliare le loro emissioni del 20%, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2o2o, ma in realtà hanno scritto che possono aumentarle dal 5 al 10%.

A meno che non si trovi una soluzione, afferma Stephan Singer, direttore della politica globale sull’energia per il WWF, Copenaghen potrebbe diventare un “charter che inquina“. Un esempio su tutti è la Russia. A causa del crollo industriale del 1990 l’ex Stato Sovietico ha accumulato, attraverso il protocollo di Kyoto, permessi per ridurre le emissioni globali. Ora sembra che la Russia, che nel frattempo ha rimesso in moto la sua macchina industriale, voglia vendere questi diritti fino al 2020, praticamente riprendendo ad inquinare.

Gli americani non credono al “climagate” e spingono per una legislazione più verde

americani

Una buona notizia arriva dall’America, dove le lobby inquinanti avevano sguinzagliato uno stuolo di pseudo-scienziati negazionisti per far fallire le trattative sulla riduzione delle emissioni in patria e a Copenaghen. Un nuovo sondaggio ha dimostrato che gli americani credono ancora che il riscaldamento globale sia realtà, e la maggioranza ancora vuole la riforma sull’energia pulita.

Anche a fronte di tutte le rumorose e ridicole accuse scatenate dalle e-mail rubate, le quali smentivano un consenso scientifico formatosi nel corso di decenni di ricerca meticolosa, gli americani sono ancora abbastanza intelligenti per vedere la verità. Un nuovo sondaggio offre a questi ed altri risultati incoraggianti, e ripristina una certa fiducia nel buon risultato a Copenaghen.

Italia: temperature più alte di 1,3 gradi in un secolo

caldo italia

Una risposta agli scettici e a coloro che dicono che il riscaldamento globale non esiste arriva dal Cnr di Bologna, il quale ha raccolto i dati climatici e tutte le variabili degli ultimi 100 anni, ed ha lanciato l’allarme: il riscaldamento globale esiste, ed è anche molto più serio del previsto.

A questo punto in molti potrebbero pensare che tanto chi paga sono solo i Paesi più sfortunati, come le Maldive, che si trovano al livello del mare, o i Paesi africani. Ed invece no, perché anche l’Italia sta pagando seriamente questo cambiamento delle temperature. Si spera, durante i negoziati di Copenaghen, di trovare un accordo per stabilizzare l’incremento delle temperature entro il 2100 al massimo a 2 gradi centigradi. Sembrano tanti, ma non lo sono. Basti pensare infatti che il nostro Paese oggi registra 1,3 gradi Celsius in più in media rispetto a 100 anni fa.

L’incremento di Co2 non è responsabile della perdita della biodiversità

biodiversità vegetale

L’aumento dei livelli di biossido di carbonio può surriscaldare il pianeta e causare altri problemi ambientali, ma si teme che l’aumento dei livelli di CO2 potrebbe ridurre direttamente la biodiversità vegetale, secondo un nuovo studio condotto da Peter Reich, scienziato dell’Università del Minnesota. In realtà, l’aumento di CO2 può realmente aiutare a contrastare la perdita di diversità di un altro problema ambientale: la pioggia globale di azoto da fertilizzanti e fumi di scarico.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ha coinvolto un osservazione di 10 anni di 48 appezzamenti piantati con 16 diverse specie di piante, i quali sono stati testati utilizzando ambienti con livelli elevati di azoto e anidride carbonica. I ricercatori hanno misurato il numero di specie osservate in ogni terreno, l’impianto di biomassa sia sopra che sotto terra, così come i fattori legati al suolo, acqua e luce, che possano incidere sulla crescita delle piante.

Un iceberg di mezzo chilometro ha quasi raggiunto la Nuova Zelanda

enorme iceberg

L’idea che tutti abbiamo della Nuova Zelanda è di un posto solare, “estivo”, con palme e spiagge che lo fanno sembrare alla stregua delle Maldive o degli altri Paesi tropicali. Ed invece il Paese oceanico si sta preparando per accogliere alcuni rari visitatori che lo stanno raggiungendo.

Più di 100 iceberg sono stati individuati al largo della costa dell’Isola Macquarie, territorio australiano a circa 900 miglia a sud-est della Tasmania, i quali si calcola possano essere a soli 200 chilometri dalla costa meridionale della Nuova Zelanda.

Questa è solo la seconda volta in 78 anni che dei grandi iceberg antartici sono avvistati così vicini. L’unico precedente è stato alla fine del 2006, quando un iceberg è stato avvistato nella costa orientale della Nuova Zelanda. Secondo il National Institute of Water and Atmospheric Research (Niwa), il monitoraggio effettuato via satellite ha mostrato che l’iceberg più grande misuri circa 500 metri di larghezza, 50 metri di altezza ed abbia uno spessore totale di 350 metri.

La distruzione delle torbiere in Indonesia potrebbe affossare definitivamente tutti gli sforzi per ridurre le emissioni

torbiera indonesiana

Le torbiere, specialmente quelle nelle regioni tropicali, recuperano enormi quantità di carbonio organico. Le attività umane stanno avendo un notevole impatto su queste zone umide. Per esempio, i progetti di risanamento, in combinazione con gli effetti della siccità periodica, possono portare ad incendi su vasta scala, che liberano enormi quantità di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, contribuendo così al riscaldamento globale.

Utilizzando misurazioni laser, il professor Florian Siegert e il suo gruppo di ricerca presso la Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco di Baviera hanno valutato la quantità di torba bruciata in tali incendi con una precisione senza precedenti. I nuovi dati indicano che, nel 2006, gli incendi delle torbiere in Indonesia hanno rilasciato fino a circa 900 milioni di tonnellate di CO2. Questo è più che la quantità totale di CO2 emessa in tutta la Germania nello stesso anno, e rappresenta circa il 16% delle emissioni in tutto il mondo associate alla deforestazione.

Nucleare: uranio ce n’è in abbondanza, ma i dati sono contrastanti e la realtà non la conosce nessuno

Uranium

Mentre l’Italia si prepara per il più grande investimento nell’energia nucleare della sua storia, i proprietari delle miniere di uranio, la scorsa settimana hanno aumentato il rischio di penuria di carburante. A peggiorare le cose, l’affidabilità delle stime della quantità di uranio che può essere economicamente estratto è stata anche messa in discussione.

I prezzi troppo volatili del petrolio e del gas, con la minaccia del riscaldamento globale, hanno spinto i governi di tutto il mondo a riconsiderare l’energia nucleare, in parte perché si tratta di una tecnologia a bassa emissione di carbonio e in parte perché le forniture di uranio sembrano abbondanti. L’uranio estratto approvvigiona per circa il 60% della domanda mondiale di combustibile nucleare. Il resto proviene da fonti secondarie, comprese le scorte lasciate dagli anni 1970 e 1980, rielaborate e convertite delle vecchie testate nucleari russe durante il cosiddetto programma “da Megatons a Megawatt”.

Ma l’offerta non può essere sicura come prima si pensava. Il prezzo dell’uranio è precipitato da un picco di circa 130 dollari per libbra di ossido di uranio (286 dollari per chilogrammo) del 2007 a 45 dollari di oggi. Alcuni di questo cali sono dovuti al forte calo dei prezzi dei combustibili fossili e dall’incertezza che circonda l’industria.

Il riscaldamento globale colpisce le Dolomiti: le temperature di novembre sembrano quelle di agosto

dolomiti

Qualcuno ha ancora qualche dubbio sul riscaldamento globale? Se qualche coraggioso ha risposto di sì, lo invitiamo a farsi un giro sulle Dolomiti. Non è soltanto per mostrargli uno degli scenari più caratteristici ed affascinanti del nostro Paese, ma è anche per constatare con i propri occhi un fenomeno che definire preoccupante è dire poco.

Le autorità trentine lanciano l’allarme: le temperature registrate nei giorni scorsi sono uguali a quelle che “normalmente” si registrano nei mesi estivi. In questo periodo di solito le Dolomiti sono uno scenario da Bianco Natale. Gli impianti sciistici sono già in funzione, la neve ha già imbiancato tutte le dorsali ed i primi turisti cominciano la prima parte dell’esodo che vede un primo picco durante il ponte dell’8 dicembre, ed il secondo a Capodanno. Purtroppo quest’anno c’è il rischio che il primo pienone debba essere rimandato.

Il più alto ghiacciaio al mondo è quasi completamente sciolto

Chacaltaya ghiacciaio

Il riscaldamento globale torna a far disastri, ed ancora una volta la vittima è in Sudamerica. Una volta era una famosa località sciistica, la più alta del mondo, ora invece è ridotta ad una montagna rocciosa senza più nemmeno un grammo di neve. Il ghiacciaio boliviano Chacaltaya testimonia fortemente lo scioglimento dei ghiacciai sempre più impellente.

Della sciovia ormai rimane soltanto la ruggine, la quale domina oggi quello che era la più alta attrazione sciistica nel mondo appollaiata sul ghiacciaio Chacaltaya a circa 5.300 metri di altezza. Solo un piccolo scorcio di neve e ghiaccio di circa 50 metri quadrati resta oggi del magnifico ghiacciaio, un niente se lo paragoniamo a quello che si sviluppava nel tristemente lontano 1950, quando si potevano misurare 1.600 metri quadrati.

Questo è tutto quello che resta: un piccolo pezzo di ghiaccio che sta scomparendo e non durerà più di un anno

ha affermato Alfredo Martinez, una guida veterana e fondatore del Club andino boliviano.

L’Esa spedisce satellite nello spazio per predire i cambiamenti climatici

satellite smos

Se fino ad oggi tutte le conseguenze dei cambiamenti climatici sono state predette e valutate da studi scientifici e calcoli matematici, da oggi avremo uno strumento in più per calcolare quali effetti si stanno verificando sul nostro Pianeta a seguito del riscaldamento globale.

Questa possibilità la si deve all’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea, che nella giornata di ieri ha spedito nello spazio un satellite, denominato Smos (Soil Moisture and Ocean Salinity) il quale, come dice il suo stesso nome, misurerà l’umidità del suolo e la salinità dell’acqua, due delle variabili più a rischio per il riscaldamento globale.

Climate Day: la manifestazione per il clima che ha coinvolto tutto il mondo, tranne l’Italia (fotogallery)

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Gli attivisti contro il riscaldamento globale, hanno applicato la loro fantasia nei modi più incredibili nel corso degli anni, dal posare nudi su un ghiacciaio svizzero alle scalate sulle ciminiere a carbone delle centrali elettriche. Nella giornata di ieri hanno cercato qualcosa di nuovo: con l’obiettivo sollecitare a fare sul serio i Paesi di tutto il mondo nel raggiungimento di un accordo internazionale sul clima, una raffica sincronizzata di oltre 4.300 manifestazioni, dall’Himalaya alla Grande Barriera Corallina, si sono tutte concentrate sul numero 350.

Per alcuni eminenti scienziati del clima, come anche descritto in queste pagine, si tratta del limite massimo di concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera sopportabile, misurato in parti per milione. Se la concentrazione fosse superiore a lungo, avvertono, il mondo può aspettarsi decenni di clima perturbato, innalzamento del livello del mare, siccità e carestia. La concentrazione attuale è 387 parti per milione.

Gli organizzatori hanno detto che il loro obiettivo, nel preludio ai colloqui sul clima di Copenaghen nel mese di dicembre, era quello di illustrare l’urgente necessità di ridurre le emissioni, sottolineando che il mondo ha già superato quota 350 due decenni fa. Eppure, pur convenendo che le emissioni senza sosta costituiscono un grave rischio, alcuni scienziati ed economisti hanno incentrato la loro politica climatica non prendendo sul serio tale soglia, ed anzi parlando di innalzare il limite a 450 ppm: un disastro.

Appello WWF: “politiche ambientali da attuare entro il 2014”

siccità uccide animali

Il mondo deve avviare un completo passaggio ad un’economia a bassa produzione di carbonio entro il 2014, o correrà il rischio di un pericoloso cambiamento climatico quasi inevitabile. Ad avvertire di questo pericolo è una relazione effettuata dal WWF, il quale ha dimostrato che attendere dopo il 2014 a sviluppare appieno le politiche necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, come l’energia rinnovabile, farebbe perdere troppo tempo nel tentativo di fermare l’aumento della temperatura di più di 2° C.

Con un’industria a basso grado di carbonio che cresce ad una bassa velocità, un ritardo nel prendere provvedimenti rende quasi impossibile per i Paesi convertano la tecnologia in tempo utile per ridurre le emissioni per gli importi necessari per evitare i peggiori impatti del riscaldamento globale.

Maldive: riunione di Governo sott’acqua per richiamare l’attenzione sul problema ambientale

maldives riunione sott'acqua

Se volevano attirare le attenzioni del mondo sul problema dell’innalzamento dei livelli del mare, dire che ci sono riusciti è dire poco. I membri del Parlamento delle Maldive hanno indossato l’attrezzatura subacquea (qualcuno ha dovuto fare un corso perché era la prima volta) e hanno utilizzato i segnali manuali per comunicare durante una riunione subacquea organizzata sabato scorso per evidenziare la minaccia del riscaldamento globale in una delle nazioni situate nel punto più basso della Terra.

Il presidente Mohammed Nasheed e altri 13 funzionari del Governo si sono seduti intorno ad un tavolo sul fondo del mare, a 6 metri di profondità, nella laguna appena fuori Girifushi, un’isola di solito utilizzata per l’addestramento militare. Con uno sfondo di coralli, l’incontro è stato un tentativo di attirare l’attenzione del mondo sui timori che l’innalzamento del livello dei mari causato dalla fusione delle calotte polari potrebbe “affogare” questo arcipelago dell’Oceano Indiano nell’arco di un secolo. Le sue isole mediamente sono a solo 2,1 metri sopra il livello del mare, e dunque sarebbero le prime a sparire in caso di scioglimento dei ghiacciai.

Un termometro terrestre ci dirà lo stato di salute del nostro pianeta

termometro terra

Secondo gli esperti dei cambiamenti climatici, il nostro pianeta ha la febbre. Lo scioglimento dei ghiacciai è solo un segno netto dei cambiamenti radicali che possiamo aspettarci. Ma gli effetti del riscaldamento globale in materia di agricoltura e risorse idriche restano ancora un mistero. Una nuova invenzione della Tel Aviv University, una sorta di “termometro ottico terrestre” (OSD), potrà aiutare a risolvere il mistero e fornire un nuovo strumento diagnostico per valutare la salute del nostro pianeta.

Secondo il prof Eyal Ben-Dor del Dipartimento di Geografia, il termometro aiuterà gli scienziati, urbanisti e gli agricoltori a comprendere la salute durante i cambiamenti del suolo, nonché i suoi potenziali problemi agricoli. Spiega il professore che:

Attraverso un piccolo foro nella superficie della terra, siamo in grado di valutare ciò che sta sotto di esso.

Quando il cambiamento climatico altera radicalmente il nostro pianeta, questo termometro può subito dire ai geografi quali parti di una nazione stanno meglio o quali peggio, per quanto riguarda l’agricoltura. L’efficacia dell’OSD è stata recentemente riportata in Soil Science Society of America Journal.