Diossina, a Taranto cozze e ostriche a rischio (video)

L’allarme, per la diossina di casa nostra, viene dalle associazioni ambientaliste PeaceLink e Fondo Antidiossina. Siamo a Taranto, la città malata, dove la contaminazione ambientale è divenuta ormai un fattore di rischio per la salute pubblica noto come lo sono il fumo e l’obesità. Mentre ci preoccupiamo dei prodotti agroalimentari importati dalla Germania, nell’ambito di una conferenza stampa svoltasi ieri mattina nel capoluogo pugliese, Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti, rispettivamente presidenti del Fondo Antidiossina e di Peacelink, hanno diffuso i dati preoccupanti delle analisi fatte svolgere su alcuni molluschi del Mar Piccolo.

Ad effettuare i rilievi, che hanno registrato valori di diossine e policlorobifenili (PCB) al di sopra della norma consentita dalla legge di ben il 69%, il laboratorio Inca (Consorzio Interuniversitario Nazionale di Chimica per l’Ambiente) di Venezia.

Porto Torres, gravissimo danno ambientale e d’immagine per tutto il territorio

E’ un gravissimo danno ambientale e d’immagine per tutto il territorio.

Così il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, all’indomani della notizia che i danni del disastro ambientale avvenuto martedì scorso, nella notte, a Porto Torres in Sardegna, sarebbero stati sottostimati in un primo momento, anche alla luce delle rassicurazioni della E.on, l’azienda coinvolta.

Stamattina  i sindaci di Sassari, Porto Torres e Sorso, insieme ad una delegazione di E.On ed  ai vertici della Capitaneria di porto di Porto Torres si sono riuniti ad un tavolo tecnico convocato d’urgenza dall’assessore provinciale all’Ambiente Paolo Denegri.

Disastro ambientale a Porto Torres, danni più gravi del previsto

Ancora aggiornamenti da Porto Torres, dove martedì scorso un incidente occorso al molo E.on di Fiume Santo durante le operazioni di scarico, ha portato allo sversamento in mare di diecimila tonnellate di olio combustibile. Secondo quanto si è appreso nelle ultime ore, i danni sarebbero ben più gravi di quanto ipotizzato nelle prime ore del disastro e sarebbero decine di migliaia i litri sversati.

Una task force composta da cento persone lavora incessantemente da due giorni, avvalendosi del supporto logistico di cinque autobotti e due autocisterne.
Pare che molto dell’olio sversato sia già stato recuperato dalle spiagge, ma resta in vigore il divieto di accesso e di balneazione nell’arenile, disposto dai sindaci di Sassari e Porto Torres.

Disastro ambientale in Sardegna, una marea nera causata da un guasto meccanico (foto)

Le coste sarde di Porto Torres in queste ore hanno assunto un colorito molto preoccupante, un nero-petrolio rilevabile sia in mare che soprattutto a terra, dove enormi chiazze si stanno formando sopra e sotto la sabbia. Tutto questo lo si deve ad un

imprevedibile guasto meccanico nella linea di drenaggio del collettore manichette posizionato all’interno della banchina

dichiarano i responsabili di E. On. che stanno provvedendo alla ripulitura dell’area. Un disastro che comincia a delineare contorni misteriosi e decisamente preoccupanti. Ci sono molte cose che non quadrano. Prima di tutto l’allarme, lanciato 36 ore dopo la fuoriuscita del carburante dalla nave cisterna Esmeralda avvenuto martedì notte. Sembra evidente che i responsabili avessero sottovalutato il problema, tanto che il sindaco Beniamino Scarpa era stato tranquillizzato che non c’era nessun pericolo e la situazione era sotto controllo. Per sua stessa ammissione però soltanto il giorno dopo si è accorto che non era affatto così.

Inquinamento, quelle misure antismog di Pesaro che non piacciono agli artigiani

Adottare misure antismog non è mai compito facile per le amministrazioni cittadine. Molto spesso, infatti, ai piani contro l’inquinamento non fanno, non vogliono e/o non possono far seguito incentivi concreti a sostegno della popolazione affinché si adegui in maniera più morbida alle norme maggiormente rigide, che si tratti di trasporti piuttosto che di rifiuti. E così i comportamenti sostenibili si trasformano quasi in un peso, un ulteriore capitolo di spesa che in tempi di vacche magre, porta ad un’ostilità, solo all’apparenza ingiustificata, contro provvedimenti volti a migliorare la qualità dell’aria e dunque la salute pubblica dei cittadini.

E’ il caso di Pesaro, dove gli artigiani e gli autotrasportatori protestano contro il piano antismog e la circoscrizione di una zona blu, vietata ai veicoli inquinanti. Decisione accolta a dir poco male dagli operatori dei due settori che minacciano di consegnare le chiavi degli automezzi al sindaco.

EEA: l’aria europea è più pulita di 10 anni fa

Buone notizie dall’EEA (Agenzia per l’Ambiente Europea): l’aria nei cieli del Vecchio Continente è più pulita di 10 anni fa. L’Agenzia che fa capo a Bruxelles mette in rilievo che le direttive intraprese dal Parlamento europeo in materia di tutela ambientale stanno dando gli effetti sperati.

In particolare sarebbero tre le direttive che hanno dato risultati: i nuovi standard sui mezzi di trasporto (le classi Euro), le quali costringendo molti clienti ad acquistare auto più nuove (Euro 4 ed Euro 5) per circolare in determinate zone, hanno portato a ridurre dell’80% il monossido di carbonio (CO), una delle principali componenti dell’effetto serra; la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento (il protocollo denominato IPPC) e la riduzione delle emissioni dei grandi impianti (LCP) che hanno ridotto gli ossidi di azoto (NOx) del 40%, i composti organici volatili non metanici (COVNM) del 68% e le polveri sottili del 60%.

Sindrome di Quirra: intervista a Stefano Deliperi, presidente del Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra

Una nuova ondata di attenzione mediatica sull’annoso nodo della contaminazione ambientale della base militare nel Salto di Quirra, in Sardegna, fa seguito ai recenti riscontri dei servizi veterinari delle Asl di Cagliari e Lanusei, che hanno registrato un tasso elevato di malformazioni tra gli agnelli degli ovili vicini al poligono interforze nonché un picco dei casi di leucemia e linfomi fra i pastori dell’area.

Ecologiae segue con interesse e preoccupazione l’evolversi della vicenda. Per saperne di più, abbiamo contattato Stefano Deliperi, presidente del Gruppo d’Intervento Giuridico e di Amici della Terra, associazioni impegnate da anni, tra le altre attive sul territorio, a lottare affinché si faccia chiarezza sull’eventuale relazione tra le attività militari e l’incremento di tumori tra i pastori e malformazioni tra gli animali.

Golfo del Messico, l’oceano guarisce più in fretta del previsto

I ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara e della Texas A & M University hanno definito i risultati dei loro studi “molto sorprendenti”, quando hanno misurato le concentrazioni di gas metano nel Golfo del Messico. Hanno infatti notato che i livelli sono tornati quasi normali solo pochi mesi dopo l’enorme rilascio di petrolio avvenuto in seguito all’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.

I risultati dello studio, condotto da John Kessler e David Valentine, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Science. Essi mostrano che Madre Natura ha provveduto rapidamente alla rimozione di oltre 200.000 tonnellate di metano disciolto attraverso l’azione dei batteri che sono fioriti, consumando completamente il gas che era stato sprigionato dalla catastrofe.

Sindrome di Quirra, quando l’inquinamento nascosto mette in pericolo la salute

Le polemiche sugli effetti delle basi militari sul territorio circostante sono destinate a durare presumibilmente per sempre, ma una molto pesante è stata sollevata tempo fa dalla ricercatrice Antonietta Morena Gatti, direttrice del laboratorio dei biomateriali dell’Università di Modena la quale, supportata dall’Associazione Amici della Terra e dal Gruppo d’Intervento Giuridico, ha chiesto maggiori controlli sulla base del Salto di Quirra, in Sardegna.

La base militare, afferma la studiosa, emetterebbe

Particelle infinitesimamente piccole (le nanoparticelle) di materiali esplodenti e di metalli, quali il tungsteno, che possono provocare tumori gravissimi e, forse, malformazioni.

L’inquinamento ha raggiunto anche la cima dell’Everest

Se siete amanti della montagna e volete cimentarvi in una escursione sulla cima più alta del mondo, fate molta attenzione a non bere l’acqua che trovate sul vostro cammino. Pericolosi livelli di arsenico e cadmio sono stati trovati nei campioni di neve sul monte Everest, uno dei posti che, a guardarlo, sembra talmente selvaggio ed incontaminato che verrebbe da pensare che è impossibile che possa essere inquinato.

Entrambi i metalli pesanti sono stati trovati in livelli più elevati di quelli che la US Environmental Protection Agency ritiene accettabili, ha affermato Samantha Langley-Turnbaugh della University of Southern Maine di Gorham. La Langley-Turnbaugh e Bill Yeo hanno scalato la maggior parte del pendio dell’Everest nel 2006, prendendo campioni di terreno e di neve ogni 300 metri tra 5.334 e 7.772 metri di altezza. Tutti i campioni di neve avevano alti livelli di arsenico e cadmio, e tutti i campioni di terreno avevano alti livelli di arsenico.

Ecco come l’Asia inquina la California: le immagini satellitari

Ci eravamo già occupati tempo fa di una teoria secondo la quale l’inquinamento su una regione geografica non necessariamente era stato prodotto in quella zona stessa. Anzi, una grossa fetta di inquinamento prodotto veniva trasportata dai venti in altre aree “innocenti”.

Ora arrivano delle immagini satellitari molto interessanti in cui si nota come circa un terzo del piombo recentemente raccolto in due siti nella San Francisco Bay proveniva dall’Asia. In uno studio, primo nel suo genere, gli scienziati dello US Department of Energy’s Lawrence Berkeley National Laboratory e del California Air Resources Board hanno registrato variazioni della quantità di piombo trasportate attraverso il Pacifico. Hanno usato la firma isotopica delle particelle di piombo che ha permesso loro di risalire ad alcune delle origini che conducono al carbone e a minerali metallici che si trovano solo in Asia.

L’inquinamento alla base dell’omosessualità degli uccelli?

Un gruppo di scienziati americani ipotizza che l’inquinamento possa essere considerato una minaccia per le popolazioni di uccelli perché provoca una tendenza ad accoppiarsi tra esemplari maschi.

Gli scienziati ritengono che composti di metalli velenosi possano entrare nella catena alimentare e di conseguenza influenzino la sessualità, causando una riduzione della prole. Essi hanno scoperto che livelli ancora relativamente bassi di metilmercurio nella dieta del maschio bianco di ibis abbiano causato l’accoppiamento fra uccelli maschi, i quali sono finiti con lo snobbare le femmine. La conseguenza è che è stato generato un minor numero di pulcini.