Artico più caldo e senza ghiaccio d’estate? Per i climatologi è possibile

scioglimento ghiacchi artico

Vi sono sempre più prove che l’Artico potrebbe affrontare condizioni stagionali senza ghiaccio e con le temperature molto più calde in futuro. Gli scienziati hanno portato prove documentate che l’Oceano Artico e i mari nordici erano troppo caldi per sostenere il ghiaccio marino estivo durante la metà del periodo del Pliocene caldo (da 3,3 a 3 milioni anni fa). Questo periodo è caratterizzato da temperature calde analoghe a quelle previste per la fine di questo secolo, ed è usato come un paragone per capire le condizioni future.

L’US Geological Survey ha rilevato che le temperature della superficie del mare d’estate nella regione artica erano tra i 10 e i 18 ° C durante la metà del Pliocene, mentre le temperature attuali sono pari o inferiori a 0 ° C. L’esame delle condizioni climatiche passate permette una reale comprensione di come il sistema climatico terrestre davvero funzioni. La ricerca dell’USGS sulla metà del Pliocene è la ricostruzione più completa a livello mondiale di un periodo di caldo che contribuirà a perfezionare i modelli climatici, che attualmente sottovalutano il tasso di perdita di ghiaccio marino nell’Artico.

100 Babbi Natale di sabbia per protestare contro il riscaldamento globale (gallery)

100 babbi natale

L’artista di fama mondiale Sudarshan Patnaik, indiano famoso per le sue sculture di sabbia, è già ben noto per il suo lavoro con Babbo Natale. Lo scorso anno infatti è entrato nel Guinness dei Primati per la creazione della più grande statua mai realizzata con la sabbia che raffigurava Santa Claus. Quest’anno si è voluto superare, e ha deciso di usare il suo talento per rafforzare la usa fama, puntando stavolta sul tema del momento, il cambiamento climatico, e per evidenziare le crescenti sfide che esso sta portando già oggi in India.

Per farlo, ha costruito oltre 100 Babbi Natale di 1.000 tonnellate di sabbia nella località turistica di Puri. Ma non solo. Patnaik ha disintegrato anche un altro record del mondo nel processo di formazione della scultura: ha infatti ora il record del maggior numero di Babbi Natale di sabbia mai realizzati su un’unica spiaggia.

Cambiamenti climatici: ecco come risponde l’evoluzione

orso polare

Le temperature globali continueranno ad aumentare, così gli scienziati hanno cercato di affrontare la complessa sfida di capire come le specie possono rispondere e adattarsi a tali cambiamenti. In un articolo pubblicato su Insect Conservation and Diversity, il dottor Francisco Rodriguez-Trelles e il dottor Miguel Rodriguez valutano questa sfida.

Il riscaldamento globale del ventesimo secolo è di circa 0,6˚ C, ed ha già colpito il biota della Terra (l’insieme della vita vegetale e animale), e ora la grande sfida per ecologi e biologi evoluzionisti è quello di prevedere come gli impatti biologici dei cambiamenti climatici accadranno in risposta ad ulteriori aumenti di temperatura previsti fino ad un massimo di 6˚ C entro il 2100.

Il riscaldamento globale è più alto del previsto e le specie emigrano o si estinguono

tartaruga rischio estinzione

Diversi ecosistemi della Terra, con tutte le loro piante e gli animali, dovranno spostarsi di circa 400 metri all’anno in media per tenere il passo con il cambiamento climatico globale, spiegano gli scienziati in uno studio pubblicato su Nature.

Per sopravvivere all’innalzamento delle temperature in tutto il mondo, le specie sono obbligate a migrare o adattarsi al posto. Le specie più individuali, dagli arbusti agli alberi, dagli insetti ad alcuni mammiferi, necessitano di rimanere nel loro clima preferito, aumentando così la probabilità di estinzione.

Lo studio suggerisce che gli scienziati e i governi dovrebbero aggiornare le strategie di conservazione degli habitat che hanno da tempo sottolineato, tracciando confini intorno alle aree ecologicamente sensibili e limitando lo sviluppo all’interno di tali frontiere.

Conseguenze dell’accordo di Copenaghen? Aumento della temperatura di 3 gradi con relativi disastri

inondazione

L’accordo di Copenaghen non ha fatto contenti i capi di Stato, figuriamoci gli attivisti e la gente comune. Mentre c’è ancora una piccola speranza che qualcosa possa cambiare se nell’incontro del dicembre prossimo si troverà un accordo più duro, Greenpeace calcola gli effetti di questa specie di trattato che di fatto rende ancora libere le nazioni di inquinare. Se le cose dovessero rimanere così, l’associazione ambientalista calcola che ci sarà un aumento delle temperature globali di 3 gradi (e non di due come prospettato all’inizio), con dei disastri inevitabili.

Il primo e più noto, è lo scioglimento dei ghiacciai. Mentre la maggior parte delle pareti ghiacciate in tutto il pianeta ha già cominciato a sciogliersi, non facendo nulla accelererà questo suo processo. Questo significherà perdere i ghiacciai tibetani nell’arco di 40 anni, la gente che vive sotto condizione di “stress idrico”, che al momento si stima in un miliardo di persone, diventerebbe 3,2 miliardi. Alle persone che oggi non hanno cibo si aggiungeranno altre 200-600 milioni di affamati.

Il riscaldamento globale esiste, e per il 97% dei climatologi è causato dall’uomo

mutamenti climatici

I risultati di un’indagine effettuata su 3.145 scienziati, sono chiarissimi: la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene che gli esseri umani siano responsabili del riscaldamento del clima. Il 90% di tutti gli scienziati intervistati pensa che il riscaldamento globale sia in corso, e l’82% crede che la causa siano le azioni dell’uomo. E addirittura il 97% dei climatologi intervistati ha dichiarato che la colpa è degli esseri umani.

Le informazioni che in questi giorno stanno rimbalzando da un media all’altro, su storie di invenzioni e dati falsi sul riscaldamento sono considerate fuorvianti, ma si tratta di informazioni estremamente importanti in questo momento cruciale. Con risultati incerti di Copenaghen, il destino delle leggi di riforma energetica potrebbero ora ritrovare nuova linfa grazie ai risultati di questa indagine, effettuata dalla Cnn.

Con l’inquinamento le tempeste saranno di meno, ma più potenti

tempesta

La formazione di nubi temporalesche, che riflettono la radiazione solare fuori dall’atmosfera e portano acqua evaporata al suolo, costituiscono parte integrante del sistema climatico del pianeta. Le particelle di aerosol, un inquinante inviato nell’atmosfera dai combustibili che bruciano attraverso i processi industriali e da altre fonti, hanno un impatto significativo sulla formazione di tali nuvole.

L’influenza delle sostanze inquinanti sulle nuvole, tuttavia, è un fenomeno complesso e poco compreso fino ad oggi, ma una nuova ricerca americana ha offerto una spiegazione. I temporali sono creati da processi di convezione durante il quale l’aria più calda a basse altitudini è spinta verso le nubi più alte e più grandi. In inglese il fenomeno è chiama “Wind shear“, concetto che anche l’italiano ormai ha fatto suo con questo nome. Si tratta di un fenomeno in cui la velocità del vento orizzontale e la direzione variano ad altitudini diverse, e si verifica spesso in caso di tempeste. Quando questi venti irregolari interagiscono con le particelle di inquinamento, i ricercatori hanno scoperto che possono avere un significativo effetto frenante sulla convezione.

Ecco che fine fanno i primi rifugiati del cambiamento climatico

capo bernard piul island

Le nazioni insulari del Pacifico sono in prima linea nel fronte dei cambiamenti climatici, ma nonostante siano viste come le prime vittime, alcune di esse hanno cominciato a schierarsi in prima posizione per guidare il mondo nel settore delle infrastrutture energetiche rinnovabili.

Il Capo di Piul Island, una gruppo di isolette di Papua Nuova Guinea, Bernard Tunim, affronta la questione di petto. Ha infatti spiegato che

Non abbiamo creato il riscaldamento globale, ma noi siamo le prime vittime. Il mondo industrializzato deve agire in modo incisivo al vertice di Copenaghen, prima che sia troppo tardi per tutti.

Il livello del mare entro il 2100 potrebbe salire da 0,75 a 1,9 metri

previsione inondazioni manhattan

Un nuovo studio scientifico avverte che il livello del mare potrebbe salire molto più velocemente di quanto inizialmente previsto. Entro il 2100, il livello globale dei mari potrebbe salire tra i 75 ei 190 centimetri, secondo un articolo pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences. Gli autori, Martin Vermeer della Helsinki University of Technology in Finlandia e Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania, hanno basato la loro analisi sulle misurazioni del livello del mare e sulle temperatura registrate nel corso degli ultimi 130 anni.

In questi dati hanno identificato un forte legame tra il tasso di aumento del livello del mare e la temperatura globale.

Dal 1990 il livello del mare è aumentato di 3,4 millimetri all’anno, due volte più velocemente della media del 20° secolo

afferma Stefan Rahmstorf. Anche se tale tasso è di poco rimasto costante, questa strategia potrebbe portare a 34 centimetri l’aumento del 21 ° secolo.

Le stime sugli effetti dell’inquinamento sulla Terra? Tutte sottovalutate

effetto aridità terreno

Studiare i climi del passato può aiutare gli scienziati a prevedere come il pianeta cambierà in futuro. Utilizzando dati storici, i ricercatori dell’Università di Bristol, Gran Bretagna, hanno sviluppato un nuovo modello di cambiamento climatico che ritengono più accurato rispetto alle stime precedenti.

Lasciando alcuni dati dei modelli climatici classici, i ricercatori hanno scoperto stime assai modeste degli effetti delle emissioni del carbonio sul pianeta. Dan Lunt, uno dei ricercatori che hanno condotto lo studio, ha confrontato i risultati del modello attuale del clima con ricostruzioni basate sulla temperatura della Terra e i livelli atmosferici di biossido di carbonio di tre milioni di anni fa. Egli ha poi spiegato:

Abbiamo trovato che, data la concentrazione di biossido di carbonio prevalente tre milioni di anni fa, il modello originariamente previsto di un aumento della temperatura è sensibilmente inferiore a quello indicata dalle ricostruzioni. Questo ci ha portato a rivedere ciò che mancava dal [corrente] modello.

Italia: temperature più alte di 1,3 gradi in un secolo

caldo italia

Una risposta agli scettici e a coloro che dicono che il riscaldamento globale non esiste arriva dal Cnr di Bologna, il quale ha raccolto i dati climatici e tutte le variabili degli ultimi 100 anni, ed ha lanciato l’allarme: il riscaldamento globale esiste, ed è anche molto più serio del previsto.

A questo punto in molti potrebbero pensare che tanto chi paga sono solo i Paesi più sfortunati, come le Maldive, che si trovano al livello del mare, o i Paesi africani. Ed invece no, perché anche l’Italia sta pagando seriamente questo cambiamento delle temperature. Si spera, durante i negoziati di Copenaghen, di trovare un accordo per stabilizzare l’incremento delle temperature entro il 2100 al massimo a 2 gradi centigradi. Sembrano tanti, ma non lo sono. Basti pensare infatti che il nostro Paese oggi registra 1,3 gradi Celsius in più in media rispetto a 100 anni fa.

Tra 90 anni San Francisco non esisterà più. Almeno in superficie

schwarzenegger california

Altro che riscaldamento globale. Qui si parla di una vera e propria catastrofe. Dopo osservazioni, raccolte di dati, esperimenti e controesperimenti, ormai non ci sono più dubbi. E’ talmente sicuro che la California sarà una delle regioni più colpite al mondo dai cambiamenti climatici che il suo governatore, Arnold Schwarzenegger, è stato costretto ad andare in televisione ed annunciare al suo popolo cosa gli scienziati gli hanno appena riferito: buona parte della città di San Francisco, ma gran parte della west coast in generale, entro la fine del secolo sarà sommersa.

Già da tempo ci si aspetta la rottura della faglia di San Andrea, la quale potrebbe far staccare un pezzo della California dal resto degli Stati Uniti, o peggio ancora potrebbe farla affondare, ma a tutto questo si aggiunge lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello degli oceani, l’eccessiva pressione di strade e abitazioni su un territorio troppo fragile per sostenerle e lo stravolgimento delle temperature. Tutti fattori che fanno pensare che tutta la zona costiera di una delle città più belle del mondo potrebbe trovarsi un metro e mezzo sott’acqua entro il 2099.

Il riscaldamento globale è già realtà in Kuwait

kuwait bay

Dal 1985, la temperatura dell’acqua di mare nella Kuwait Bay, nel nord del Golfo Persico, è aumentata in media di 0,6 ° C per decennio. Questo è circa tre volte più veloce del tasso globale medio riferito dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Le differenze sono dovute agli effetti regionali e locali. L’aumento delle temperature sta avendo effetti profondi sui principali habitat e sulla produzione di energia elettrica nel Golfo Persico.

Il ricercatore Dr Thamer Al-Rashidi del National Oceanography Centre di Southampton ha spiegato:

Poiché le acque della baia del Kuwait sono ben mescolate dalle maree, le misurazioni della temperatura della superficie del mare può essere utilizzata per valutare l’andamento della temperatura nel corso del tempo, nella baia nel suo complesso.

Lui e i suoi colleghi hanno utilizzato i dati sulla temperatura della superficie del mare (1985-2007) telerilevati da una serie di satelliti in orbita polare per valutare il riscaldamento in Kuwait Bay e nella regione del Golfo. I dati sono stati registrati con misurazioni dirette della temperatura della superficie del mare, e sono in accordo con le tendenze della temperatura dell’aria registrata presso l’aeroporto del Kuwait, per verificare le tendenze trovate nei dati satellitari.

Il riscaldamento globale si potrebbe risolvere con meno di 3 euro a testa

eurostar-trains

L’Environment Institute di Stoccolma, in collaborazione con Friends of the Earth, ha appena rilasciato una nuova relazione da cui risulta che l’Unione europea potrebbe raddoppiare il suo impegno attuale di riduzione delle emissioni del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 ad un costo giornaliero di meno di 3 euro a persona.

I trasporti e le scelte alimentari figurano come fattori principali nello studio che mira al taglio del 40% di emissioni: entro il 2020 il trasporto aereo potrebbe diminuire del 10%, e quello tramite le automobili private del 4%, mentre il viaggio in treno vedrebbe un aumento del 9%. Il consumo di carne scenderebbe del 60%. Estendendo questo percorso fino al 2050, scopriamo che i viaggi in auto private scenderebbero dal 75% circa del totale degli spostamenti di oggi a solo il 43% e i viaggi in treno prenderebbero il posto dell’80% dei voli attualmente in corso nell’arco di 1.000 km di distanza. Oltre a questi cambiamenti, ne accadrebbero anche altri nell’ambito della produzione energetica.