L’Eni mira ad un progetto che distruggerà il Congo

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Che cosa si ottiene quando si combinano la distruzione della foresta pluviale, sabbie bituminose, e piantagioni di palma da olio tutto in un progetto? Avete indovinato, un incubo ambientale. Questa tempesta perfetta di cattive perturbazioni climatiche può essere ritrovata nei piani della società petrolifera italiana Eni per lo sviluppo di catrame e di palma da olio nel bacino del Congo, uno dei luoghi più ricchi di biodiversità sulla Terra.

Questa sarebbe la prima esplorazione per sabbie di catrame in Africa in una delle piantagioni più grandi di olio di palma, che producono l’olio usato in migliaia di prodotti per la casa, dai detergenti alle Pringles. L’amministratore delegato della società, Paolo Scaroni, ha recentemente esortato le Nazioni Unite al Forum di New York ad intraprendere un’azione forte sul cambiamento climatico. Ma mentre i colloqui di Scaroni andavano avanti, la sua società stava investendo in alcuni dei progetti che contribuiranno a peggiorare il clima.

Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe avere dei lati positivi

antartica revealed

Il British Antarctic Survey (BAS), ha studiato a lungo i ghiacciai in Antartide, e ha guardato la superficie della loro riduzione. Con il ritiro dei ghiacciai, una maggiore quantità d’acqua è esposta, e l’autore principale dello studio, il professor Lloyd Peck, ha constatato che grandi quantità di piccole piante marine chiamate fitoplancton fioriscono nelle zone in cui l’acqua dolce è maggiormente esposta a causa della fusione.

Questa colonizzazione sta avendo un notevole impatto positivo sul cambiamento climatico. La clorofilla e altri pigmenti sono usati dal fitoplancton per assorbire la luce solare per la fotosintesi, e quando le piante crescono in gran numero, cambiano il modo in cui la superficie dell’oceano riflette la luce del sole. Essi sono inoltre alla base della catena alimentare dell’oceano. Animali come spugne e coralli consumano fitoplancton. Possono vivere per decenni o centinaia di anni e quando muoiono si depositano sul fondo del mare dove sono sepolti e possono così stoccare il carbonio per migliaia o milioni di anni sotto la superficie del mare.

Il riscaldamento globale aumenta la perdita di azoto che riscalda ancor di più l’ambiente

deserto del Mojave

Quando il clima diventa più caldo, i suoli aridi perdono azoto, come segnala uno studio della Cornell University. Questo processo potrebbe portare nei deserti una diminuzione della vita vegetale, anche meno di quanto è oggi, sostengono i ricercatori.

Questo è un modo in cui l’azoto è perso da un ecosistema in cui le persone non hanno mai partecipato prima. Esso ci permette finalmente comprendere le dinamiche dell’azoto nei sistemi aridi

ha spiegato Jed Sparks, professore associato di ecologia e biologia evolutiva e co-autore dello studio, pubblicato su Science. L’azoto disponibile qui è secondo solo all’acqua, in quanto è il vincolo più grande per l’attività biologica degli ecosistemi aridi.

G20: sul cambiamento climatico il piatto piange, tutte le soluzioni finanziarie rimandate a dicembre

g20 economia

Si è concluso ieri pomeriggio il G20 tra i vari ministri dell’economia dei Paesi più ricchi al mondo, senza grosse soluzioni. Bisogna premettere che la finalità dell’incontro era incentrata sulla crisi economica e sulle misure da prendere per uscire dalla recessione, ma tra tutti questi aspetti, doveva essere preso in considerazione anche quello del finanziamento per la lotta ai cambiamenti climatici.

Purtroppo, mentre su tutti gli altri aspetti i 20 ministri hanno dibattuto e si sono confrontati approfonditamente, l’aspetto ambientale è stato come al solito messo da parte, liquidato con un semplice “poi vediamo”. Nei pochi minuti dedicati alla problematica, i rappresentati delle grandi nazioni si sono detti tutti d’accordo sul fatto di discutere una serie di opzioni e di impegnarsi per un finanziamento di tali sforzi, anche in vista del meeting di Copenaghen del mese di dicembre, ma oltre questi buoni propositi non si è andato. La soluzione arriverà in Danimarca (si spera).

Atlanta, la città più inquinata d’America; Las Vegas la più pulita

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Las Vegas è lontana dall’avere una reputazione di città “pulita”, ma nella lista stilata dalla rivista Forbes, che riguarda le città americane più grandi, Las Vegas è considerata la meno “tossica” tra le 40 principali aree metropolitane.

La classifica di Forbes si basa sul numero di leggi ecologiche nella città principale, il numero di impianti che rilasciano sostanze chimiche tossiche, quantità di sostanze chimiche tossiche rilasciate nei diversi settori e la qualità dell’aria. Dunque se avete intenzione di trasferirvi negli Stati Uniti per molto tempo, teniate conto che respirerete meglio a Las Vegas, ma non sono molto da meno le città di Sacramento, Riverside, Austin, Seattle, San Diego, Virginia Beach, San Jose, New York e Phoenix.

La soluzione per risolvere il riscaldamento globale: piantare foreste nei deserti

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Alcuni parlano di lanciare specchi nello spazio per riflettere la luce del sole, mentre altri vogliono nubi alte nell’atmosfera con milioni di tonnellate di polvere di zolfo lucido. Ora, gli scienziati potrebbero realizzare il piano più ambizioso della geoingegneria per affrontare il cambiamento climatico: la conversione del deserto del Sahara secco in una lussureggiante foresta. Secondo gli scienziati che hanno ideato il piano, questo potrebbe significare la “fine riscaldamento globale“.

Il programma è stato ideato da Leonard Ornstein, un biologo cellulare del Mount Sinai School of Medicine di New York, insieme a Igor Aleinov e David Rind, modellisti del clima della NASA. Il trio ha illustrato il piano in un nuovo documento pubblicato sul Journal of Climatic Change. Secondo il gruppo, i campi coltivati con alberi a crescita rapida come l’eucalipto coprirebbero i deserti del Sahara ed i suoi “cugini”, innaffiati da acqua di mare trattata da una serie di impianti di desalinizzazione costieri e convogliata attraverso una vasta rete di irrigazione. Il nuovo manto di copertura degli alberi potrebbe così portare il sistema meteo a fornire delle proprie precipitazioni, mentre assorbe anidride carbonica nell’atmosfera da tutto il mondo.

Un modo per ridurre le emissioni? Allevare salmoni come in Norvegia

allevamento salmoni

Vi siete mai chiesti se si deve essere tentati dall’acquisto del salmone d’allevamento? Dalla prima analisi sulla gravità dell’impatto ambientale degli allevamenti di salmone è emerso che in qualche modo si danneggia meno l’ambiente, per esempio, rispetto agli allevamenti dei bovini da carne. Ma esiste anche un ampio margine di miglioramento.

Nel complesso, l’allevamento del salmone è stata una storia di “successo alimentare”: la produzione globale è passata da 500 tonnellate all’anno nel 1970 a 1,5 milioni di tonnellate di oggi. Ma si consuma anche energia, si inquinano le acque costiere e si impoveriscono le popolazioni dei pesci più piccoli in cui il salmone si alimenta.

Quantificata l’incidenza dell’inquinamento del traffico sull’asma infantile

inquinamento del traffico

Le zone con traffico pesante nelle città di Long Beach e Riverside sono responsabili di una percentuale significativa di casi di asma infantile prevenibile. Il vero impatto dell’inquinamento atmosferico e le emissioni che causano malattie sono stati probabilmente sottovalutati, secondo i ricercatori della University of Southern California (USC).

Lo studio, pubblicato sul Journal of Public Health, ha stimato che il 9% di tutti i casi di asma infantile a Long Beach e il 6% di Riverside erano attribuibili alla vicinanza del traffico. Lo studio ha inoltre rilevato che le emissioni delle navi nel complesso portuale hanno contribuito al peggioramento dell’asma. Ad esempio, ogni anno circa 1.400 episodi di asma e bronchite sono rilevati nella cittadina californiana. Essi rappresentano il 21% del totale, e sono quelli che certamente sono stati causati dalle emissioni delle navi che hanno incrementato i livelli di biossido di azoto nell’aria.

Ecco come il riscaldamento globale sta distruggendo le foreste

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Nuove ricerche hanno dimostrato che le temperature più alte innescano direttamente più incendi. Per fortuna dei boschi, esiste l’inverno, con una gran quantità di neve che li copre ed evita gli incendi. Ma il riscaldamento globale, oltre agli incendi d’estate, porterà meno neve, e dunque faciliterà anche gli incendi in inverno.

Le più alte temperature rendono la vegetazione più infiammabile e consentono incendi di grosse dimensioni. Si stima che le temperature più calde diano inizio ad un aumento del 20% sia nel numero degli incendi all’interno della famosa foresta Yosemite, negli Stati Uniti, ma anche per quanto riguarda la loro gravità.

WWF, ogni giorno di ritardo per salvare il clima ha conseguenze drammatiche

cambiamenti climaticiIl WWF lancia l’allarme: ogni giorno di ritardo per salvare il clima può compromettere irrimediabilmente la riuscita degli interventi contro i cambiamenti climatici e l’effetto serra, fino ad un punto di non ritorno. Ne ha parlato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, in occasione dell’ennesimo appello che WWF International ha rivolto ai Grandi che si riuniranno la settimana prossima a Barcellona, ultima tappa prima di Copenaghen:

Chiedersi se dovremmo siglare l’accordo sul clima adesso o in seguito è come discutere se sia il caso di levarsi dalla traiettoria di un camion che arriva a tutta velocità, o aspettare e vedere cosa succederà.

Allergie e asma sono in aumento a causa del riscaldamento globale

allergia

Il livello del mare è in aumento, le calotte polari si stanno sciogliendo, gli uragani sono sempre più forti, e grazie al cambiamento climatico, le persone fanno più starnuti. Il rapido aumento della comparsa di sintomi allergici nel corso degli ultimi decenni può essere dovuto a mutamenti ambientali, come l’incremento dell’anidride carbonica e un ambiente più caldo.

Secondo un nuovo studio effettuato all’Università di Harvard, circa 40 milioni di americani soffrono di raffreddore da fieno, mentre 16 milioni soffrono d’asma. Anche se la genetica gioca un ruolo importante in queste condizioni, una recente ricerca ha constatato che le temperature più elevate e la grande quantità di anidride carbonica stanno peggiorando le allergie di stagione, stimolando le piante a produrre più polline e aumentando la crescita dei funghi.

Sir Gordon Conway: “I cambiamenti climatici devasteranno l’Africa”

siccità in africa

Uno degli scienziati più influenti del mondo, professor Sir Gordon Conway, professore di sviluppo internazionale presso l’Imperial College di Londra, ha avvertito che il cambiamento climatico potrebbe devastare l’Africa, prevedendo un aumento catastrofico della carenza di cibo. Il professore ha affermato in un nuovo documento che il Continente si sta già riscaldando più velocemente rispetto alla media globale e che la popolazione residente può aspettarsi una più intensa siccità, inondazioni e mareggiate.

Ci sarà meno acqua potabile, le malattie come la malaria si diffonderanno maggiormente e i più poveri saranno colpiti più duramente, mentre i terreni agricoli saranno danneggiati entro il prossimo secolo. Spiega Conway che:

C’è già la prova che l’Africa si sta riscaldando più velocemente rispetto alla media mondiale, con temperature più calde e meno giorni di freddo estremo. L’Africa è probabile che diventi 4°C più calda nei prossimi 100 anni, e [sarà] molto secca.

Conway prevede che la fame nel continente potrebbe aumentare drammaticamente nel breve termine, come la siccità e l’aumento della desertificazione, e il cambiamento climatico che colpisce gli approvvigionamenti di acqua.

Il calcolo dell’inquinamento ora si potrà fare sulle foglie

strada trafficata

Minuscole particelle di inquinamento che sono nocive per la salute umana vengono trattenute dalle foglie degli alberi e rilasciano una traccia magnetismo. A spiegarlo è un nuovo studio che ha dimostrato come l’inquinamento si trova più attaccato alle foglie degli alberi vicini alle strade rispetto a quelli in aree meno trafficate.

L’inquinamento che le foglie cattura potrebbe servire come un modo semplice ed economico per monitorare i livelli di inquinanti, spiegano i ricercatori. Alcuni scienziati europei sono stati i primi a notare che un tipo di inquinamento da particolato aderisce alle foglie nelle zone industriali. Il particolato è creato dalla combustione di carburante e può includere molti composti diversi. Quelli rilevati da questi scienziati sono sostanze inquinanti metalliche, come gli ossidi di ferro dello scarico di motori diesel, che hanno lasciato una traccia magnetica sulle foglie (anche se le foglie stesse non diventano magneti).

Ecco perché il mondo ha bisogno di una governance internazionale sull’ambiente

Nicolas-Sarkozy-Angela Merkel

La crisi ambientale globale, dalla scomparsa della biodiversità al degrado delle foreste, dal collasso dei sistemi marini al cambiamento climatico, non potranno essere risolti senza una riflessione dura su una governance internazionale. La risposta del mondo a queste sfide è diventata un’incredibile varietà di istituzioni, accordi e trattati che hanno urgente bisogno di riforme.

Che l’urgenza sia nota lo sottolineano in tanti, dal Cancelliere tedesco Merkel al Presidente francese Sarkozy. In una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite hanno sottolineato che bisogna rivedere la governance ambientale ed usare i colloqui sul clima di Copenaghen di dicembre per progredire verso la creazione di un’organizzazione mondiale dell’ambiente. Altri leader mondiali ha adottato un tono simile, durante il G20 di Pittsburgh.