Acqua al petrolio in Abruzzo, la denuncia di WWF e Legambiente

Navigano in cattive acque le risorse idriche della Regione Abruzzo. Fiumi, falde, aree costiere sono infatti esposte da tempo al rischio di inquinamento da petrolio, senza che nell’attuale Piano di Tutela adottato dall’amministrazione regionale si faccia minimamente cenno agli idrocarburi.

La denuncia è contenuta nel dossier stilato da WWF e Legambiente, dal titolo Acqua a rischio petrolio! Modificare il Piano Tutela delle Acque della Regione Abruzzo per far fronte alla petrolizzazione della Regione.
Per le associazioni ambientaliste, che chiedono di fermare quella che viene definita una deriva petrolifera, è essenziale che

il Piano di Tutela delle acque debba prevedere divieti alle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi riguardo alla tutela dei corpi idrici sotterranei e dei corsi d’acqua.

Bioplastica: niente petrolio, la plastica del futuro sarà di latte e argilla

Abbiamo parlato spesso in passato dell’opportunità di continuare ad usare la plastica senza però dover inquinare. Per farlo, l’ingrediente essenziale era fare a meno del petrolio. Un’università americana oggi apre delle nuove prospettive per raggiungere quest’obiettivo.

Hanno infatti inventato una bioplastica, o plastica “alternativa”, che ha tutti i vantaggi della plastica derivata dal petrolio, ma senza gli effetti negativi come ad esempio la biodegradabilità che avviene in centinaia di anni. Anche le materie plastiche vegetali che sono state pubblicizzate come alternativa verde non sono poi così ecologiche come sembrava all’inizio, poiché si basano sull’agricoltura ad alta intensità energetica, ad esempio nella produzione del mais, e metodi di riciclaggio che richiedono altrettanta energia ad alta intensità. E allora ecco la soluzione: utilizzare due ingredienti primari come il latte e l’argilla.

Marea nera, gli effetti sulla salute

Il capitolo marea nera è tutt’altro che concluso: altre pagine a tinte fosche ci aspettano nei prossimi mesi, anni, decenni: il peggio deve ancora arrivare. Oggi parliamo delle conseguenze sulla salute, presentando i dati forniti da un recente rapporto diffuso dai ricercatori della UCSF (Università di San Francisco) pubblicato sulla rivista dell’Associazione dei medici americani. L’intento è di informare i medici e le comunità costiere sui rischi sanitari di vario genere ed entità, sia a breve che a lungo termine, derivanti dall’esposizione ai vapori tossici, alle palle di catrame ed ai frutti di mare contaminati.

Partiamo da quanto è già avvenuto in Louisiana in questi mesi: secondo i dati raccolti dal Dipartimento della Salute e dagli ospedali dello stato americano, più di 300 persone sono state ricoverate, perlopiù operatori addetti alla ripulitura dell’area del Golfo contaminata, che accusavano mal di testavertigini, nausea, dolore toracico, vomito, tosse e difficoltà respiratorie che potrebbero essere dovute all’esposizione agli agenti chimici.

Marea nera, il petrolio è entrato nella catena alimentare

La recente scoperta di tracce di petrolio nelle larve di granchio blu ha confermato la previsione degli esperti a seguito delle notizie disastrose per l’ecosistema del Golfo. E’ la prova che il petrolio fuoriuscito dall’esplosione della Deepwater Horizon ha già iniziato ad inserirsi nella catena alimentare, dove potrebbe essere fatale per gli animali che lo ingeriscono.

L’AP riporta che gli scienziati che hanno effettuato la scoperta del petrolio nelle larve di granchio blu (un gruppo di frutti di mare del Golfo, che è anche un indicatore strettamente sotto osservazione per i segni della contaminazione) hanno potuto confermare alcune delle loro peggiori paure. Vale a dire, che la fuoriuscita avrà un impatto sull’ecosistema del Golfo per gli anni a venire.

Guerra delle trivelle in Italia tra petrolieri e popolazione. Chi la spunterà?

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In Italia c’è sempre stato un conflitto di classe dalla notte dei tempi. Ma nella classica “guerra” tra poveri, in quella tra poveri e ricchi, tra destra e sinistra e le tante altre si frappone un nuovo scontro, quello tra il “partito del petrolio” e quello dell’ambiente. Secondo coloro che portano il vessillo dell’oro nero, trivellare in Italia è un business inevitabile. Perché comprare petrolio dall’estero se ce l’abbiamo sotto il nostro stesso terreno, si chiedono. E soprattutto, perché in un momento di crisi non si può puntare su un settore che crea migliaia di posti di lavoro?

Peccato che però, andando ad indagare, non sembra così tutto rose e fiori. Da una parte abbiamo gli imprenditori del petrolio (guai a chiamarli “petrolieri”), che sostengono una possibile convivenza tra ambiente e trivelle, con spiagge che non verrebbero deturpate da questi enormi macchinari in lontananza, e la gente che si fa il bagno tranquillamente come se davanti a sé ci fosse solo l’orizzonte, e dall’altra l’Europa che considera le acque italiane tra le più sporche del Continente.

Robert Kennedy III salverà il fiume Lambro dagli effetti della marea nera italiana

disastro fiume lambro

So bene cosa rappresenti il Lambro per i milanesi e la regione in cui abitano e ho deciso di vigilare finché non sarà pulito.

Con queste parole Robert Kennedy III, pronipote di John Kennedy, il 35esimo presidente degli Stati Uniti, ucciso a Dallas nel 1963, si assurge a protettore del fiume lombardo, tributario di sinistra del Po, lungo circa 150 chilometri. In un’intervista a Gente, in edicola da domani, l’erede della famiglia più famosa d’America spiega agli italiani le motivazioni di questo nobile gesto, prima tra tutte il suo impegno come ambasciatore di Waterkeeper. Si tratta di un’associazione no profit che si occupa della tutela dei corsi d’acqua di tutto il mondo e che ha scelto proprio il Lambro come primo fiume europeo da tutelare, in virtù del disastro ambientale avvenuto nella notte tra il 22 ed il 23 febbraio scorso.

Marea nera, foto e testimonianze dal luogo del disastro

uccelli marea neraMarea nera. Qualcuno dice che sia il disastro ecologico peggiore di tutti i tempi. Fallisce ogni tentativo di arrestare la perdita.
I danni per l’ambiente si stimano essere ancora più devastanti della Exxon Valdez, di cui pure vi avevamo documentato gli effetti a lungo termine a dir poco impressionanti.

Il New York Times ha raccolto le testimonianze e le foto di gruppi di cittadini che vivono questa tragedia, la contaminazione delle loro coste, la morte di migliaia di pesci ed uccelli, e osservano con i loro occhi l’inarrestabile flusso di greggio che fuoriesce dalla falla. Immagini che fanno orrore davanti allo schermo di un pc, non osiamo immaginare l’effetto che sortiscono su chi assiste dal vivo a questo terribile reality.

Marea nera: fallisce anche top kill

marea nera

Non ne va bene una, ed il disastro continua. I portavoce della BP cercano ancora una volta di cavarsela dicendo:

Top Kill ha fallito, passiamo al piano D.

Ma ormai nessuno più se la sente di dargli fiducia. Dopo il siringone e la cupola, nemmeno quest’altra operazione ha retto la pressione del petrolio, probabilmente peggiorando ancor di più la situazione, visto che erano stati iniettati 35 mila barili di fango e sostanze chimiche addensanti per ostruire il passaggio, ma ora queste ce le ritroviamo in mare, insieme alle altre migliaia di barili di petrolio che continuano inesorabili ad uscire.

Le immagini dei primi uccelli liberati dopo la marea nera

pellicano marea nera

Dopo che nei giorni scorsi vi abbiamo mostrato le terribili immagini della marea nera, con lo spiaggiamento di uccelli e grandi anfibi soffocati dal petrolio, finalmente stavolta vogliamo mostrarvi un’immagine bella e che ci dà un po’ di speranza.

KW Celeste, uno spettatore della CNN, ha condiviso una serie di commoventi foto di “Pelly“, il pellicano bruno, e “Lucky“, la sula bassana (un altro uccello marino), i quali sono stati recentemente messi in libertà dopo essere stati salvati, puliti e curati dai volontari che si sono catapultati sulle coste colpite dal disastro.

L’US Fish & Wildlife Service riporta che Lucky è stato scoperto dai lavoratori che stavano cercando di mettere un freno al disastro del Deepwater Horizon del 27 aprile scorso. Lucky era magro e disidratato quando fu ritrovato, con l’80% del corpo coperto dal petrolio. Alcuni prodotti specifici sono stati usati per calmare il suo mal di pancia dovuto all’ingerimento del petrolio, e questi lo hanno completamente guarito, facendogli guadagnare così il nome di Lucky, cioè “fortunato”.

Marea nera, i rischi per la salute

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Mentre aspettiamo una stima più precisa dei danni ambientali, economici e gli impatti sulla fauna selvatica dalla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico, c’è un sacco di confusione su cosa questo significhi per la salute delle persone che vivono e lavorano nella regione. Ma può essere interessato anche chi vuol recarsi lì per turismo, incurante del pericolo.

Per questo motivo il sito Treehugger racchiude le domande più comuni per cercare di fare un po’ di chiarezza e confutare alcune leggende metropolitane. Punto primo, cercar di capire cosa c’è di realmente pericoloso per la salute nel petrolio fuoriuscito. Il petrolio contiene un mix di sostanze chimiche. Gli ingredienti principali sono vari idrocarburi, alcuni dei quali possono causare il cancro (per esempio gli IPA o idrocarburi policiclici aromatici); altri idrocarburi i quali possono causare irritazioni della pelle e delle vie aeree. Ci sono anche alcuni idrocarburi volatili chiamati VOC (composti organici volatili) che possono causare tumori e danni riproduttivi e neurologici. Ma il petrolio contiene anche tracce di metalli pesanti come mercurio, arsenico e piombo.

Incendi controllati per combattere la “marea nera”, il disastro della Louisiana si allarga sempre più

deepwater horizon

Incendi controllati o ripompaggio del petrolio in una nuova piattaforma o petroliera. Queste le due alternative prese in considerazione per quello che in molti ritengono sia il più grande disastro ambientale che ha colpito il Centro-Nord America nella sua storia.

La piattaforma Deepwater Horizon, ormai affondata, continua a far fuoriuscire l’equivalente di 1000 barili di petrolio al giorno, e secondo gli esperti il lavoro dei 4 robot che tentano di chiudere le due falle venutesi a creare dopo l’incendio potrebbe durare per mesi. Per questo, e visto anche che le correnti stanno facendo avvicinare sempre più la macchia nera alle coste, bisogna trovare il modo di fermare la sua avanzata.

Disastro Exxon Valdez, vent’anni dopo si contano ancora i danni

disastro exxon-valdez24 marzo 1989: la petroliera Exxon Valdez, di proprietà della Exxon Mobil, si incaglia in una scogliera dello stretto di Prince William, riversando nelle acque oltre 38 milioni di litri di petrolio. I 42.000 m³ di greggio si disperdono nel mare inquinando 1.900 km di coste. L’impatto immediato fu la morte di 250.000 uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche, 250 aquile di mare testabianca, circa 22 orche e miliardi di uova di salmone e aringa.

Nel 1991 la Exxon Mobil fu condannata ad un risarcimento di un miliardo di dollari. A distanza di oltre vent’anni dal disastro, un team di scienzati dell’Alaska ha scoperto che il petrolio fuoriuscito dalla Exxon Valdez viene ancora ingerito dalla fauna selvatica. La ricerca, pubblicata sulla rivista di divulgazione scientifica Environmental Toxicology and Chemistry, ha utilizzato biomarcatori per rilevare l’esposizione a lungo termine al petrolio nelle anatre arlecchino e dimostra come le conseguenze delle fuoriuscite di petrolio siano ancora visibili anche a distanza di decenni.