Super Luna legata ai terremoti? Solo nella fantascienza (fotogallery)

Nei giorni scorsi, alla notizia che stava per comparire sulla Terra la cosiddetta “Super Luna”, i fantascienziati vari si sono subito scatenati affermando le più stravaganti teorie non basate su alcun tipo di prova scientifica. Dopo che nel 2004, poco dopo il passaggio della Super Luna, avvenne il famoso uragano Katrina che distrusse New Orleans e le città vicine, molte teorie sono state partorite da menti fantasiose, le quali collegavano questo fenomeno ad eventi naturali devastanti.

Figuriamoci cosa possono aver pensato queste persone quando è arrivata la notizia che il 19 marzo ci sarebbe stato un altro episodio di Super Luna, a poco più di una settimana di distanza dal terribile terremoto/tsunami che ha colpito il Giappone. Ovviamente, a livello concreto, non c’è alcun tipo di collegamento, anche se non tutti sono d’accordo. Ma che cosa è in realtà la Super Luna?

Api in calo, la causa è negli acari

Il nemico numero 1 delle api è l’acaro. Nello specifico la varroa, un acaro parassita di colore rossastro. A svelarlo è il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).

Questo ragnetto si attacca all’addome delle api e si nutre dei fluidi vitali dell’operoso insetto. Il parassita, in tutte le sue fasi, diffonde nelle arnie pericolosi virus e batteri che se non individuati in tempo, mettono a rischio l’intera colonia, causando la morte di tutte le api. Le più colpite sono proprio le api da miele dei Paesi Occidentali.

Pesci robot per studiare inquinamento marino e pesci ‘veri’

Pesci robot che nuotano in acquario mescolandosi con pesci veri, pesci di specie antichissime e pesci mai visti…non è un film di fantascienza ma quello che hanno visto oggi i visitatori di Romecup, la fiera robotica della Capitale.

Romecup è stata inaugurata questo pomeriggio in piazza del Campidoglio dove è stato allestito un acquario realizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dal Campus Bio Medico di Roma e dall’Acquario di Roma, Mediterraneum.

Balenottera spiaggiata, le cause della morte

Sono state scoperte le cause della morte della balenottera spiaggiata lungo le coste di San Rossore, in provincia di Firenze, lo scorso 26 gennaio.

La balena di 25 metri, chiamata Regina perché per morire ha scelto il litorale della Versilia dove si trovava la tenuta reale,  è morta a causa del morbillo e della pcb (policlorobifenili).

Biotrains, anche la chimica si tinge di verde

La Commissione Europea ha finanziato un progetto per rendere i processi chimici più sicuri per l’ambiente. Il progetto di ricerca Biotrains (A European biotechnology training network for the support of chemical manufacturing) coinvolge scienziati e studiosi europei provenienti da 11 diversi Paesi e da più ambiti di ricerca: ingegneria, sviluppo del processo, chimica, e microbiologia.

L’équipe di lavoro è guidata dall’Università di Manchester, ha l’obiettivo di sviluppare metodi di produzione chimica ecologici, e le ricerche promettono molto bene, come precisa il professor Nick Turner, direttore del CoEBio3 (Centre of Excellence for Biocatalysis, Biotransformations and Biocatalytic Manufacture) dell’Università di Manchester

Il progresso che gli studenti postlaurea hanno compiuto in un periodo di tempo relativamente breve è impressionante, ed è di buon auspicio per il futuro di questa rete per la formazione.

Due soli nel cielo nel 2012, attese e previsioni per l’esplosione di Betelgeuse

Gli apocalittici parlano della fine del mondo nel 2012 e c’è chi si spinge oltre affermando che ci sarebbero già segni evidenti dell’imminente catastrofe che dovrebbe portarci a scomparire a breve, ad esempio la morìa di animali che ad inizio anno avrebbe interessato diverse specie in varie aree del pianeta.

Ma la scienza è quella che conta e ci dice che nel 2012 la fonte di vita per eccellenza, il sole, che ci riscalda e ci permette di abitare in un ambiente ospitale, potrebbe addirittura raddoppiare in cielo. Un altro sole come quello che illuminava Luke Skywalker su Tatooine in Star Wars? Pare proprio di sì, splenderà nel firmamento anche se per poco, una settimana, forse due.

Mercurio, il ruolo del ghiaccio marino nel frenare l’inquinamento

Un team di ricerca franco-americano, in un recente studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Nature Geoscience, ha evidenziato il ruolo chiave che svolgono i ghiacci nel ciclo del mercurio nell’Artico.
Bloccando la luce del sole, le distese di ghiaccio marino influenzerebbero la ripartizione e il trasferimento in atmosfera di forme tossiche di mercurio presenti nelle acque di superficie del Mar Glaciale Artico.

Questi risultati suggeriscono che il clima gioca un ruolo chiave nel ciclo del mercurio, e che le emissioni di mercurio in atmosfera potrebbero  essere accentuate dallo scioglimento del ghiaccio marino artico.

Biodiversità, i rischi della perdita di habitat e dell’estinzione delle specie

Un recente studio realizzato dalla ricercatrice francese Hélène Morlon, della University of Oregon, e pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Ecology Letters, ha indagato il rapporto esistente tra la perdita di habitat, l’estinzione delle specie e la biodiversità.

La ricerca ha effettuato una sorta di panoramica evolutiva delle piante legnose in quattro climi simili in tutto il mondo e ha dato agli scienziati una nuova prospettiva sulla diversità genetica e sulle minacce rappresentate sia dalle estinzioni delle specie che dalla perdita di habitat.

Circolo polare artico, cambiamenti significativi nella combustione della biomassa

Si è sempre creduto che i livelli di combustione di biomassa oggi siano più elevati che in passato. Tuttavia a rivelarne l’esatto contrario è stata una ricerca finanziata dall’Unione europea che ha preso in esame le carote di ghiaccio prelevate dal Circolo polare antartico. L’indagine ha mostrato che negli ultimi 650 anni si sono verificati significativi cambiamenti nell’area antartica che hanno interessato gli incendi sulle aree di intensa vegetazione.

La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sul periodico Science, è stata in parte finanziata dal programma EUROCLIMATE, Climate variability and (past, present and future) carbon cycle, che a sua volta rientra nel programma EUROCORES della Fondazione europea della scienza. I ricercatori del Centre national de la ricerche scientifique in Francia e della Stony Brook University in USA, hanno rilevato monossido di carbonio (CO) nelle bolle d’aria intrappolate nel mare di ghiaccio dell’Antartide.

Eutrofizzazione rende più tossici alcuni cianobatteri

L’eutrofizzazione del Mar Baltico, in combinazione con lo strato di ozono che si fa sempre più sottile, sta favorendo la proliferazione e l’aumento di tossicità di alcuni cianobatteri, come la Nodularia spumigena. A dirlo è un recente studio effettuato da ricercatori dell’Università di Göteborg, in Svezia.

“Ci sono diverse specie di cianobatteri, o alghe blu-verdi, che possono formare fioriture superficiali nel Mar Baltico”, spiega Malin Möhlin del Dipartimento di Ecologia marina dell’Università di Göteborg. “Quale specie finisce per dominare dipende in parte dal modo in cui l’organismo reagisce ad una maggiore quantità di raggi UV e ad una carenza di sostanze nutritive. Il Nodularia spumigena è più tossico quando c’è poco azoto nelle acque, ma sufficiente quantità di fosforo”.

Cani, molto più che amici dell’uomo, ci salvano da una rara malattia genetica

Ricercatori dell’Unità di ricerca GIGA dell’Università di Liegi, in parte finanziati dall’Unione europea, hanno scoperto che un gene responsabile di una rara malattia  genetica è presente sia negli uomini, sia nei canidi, la discinesia ciliare primaria.

La discinesia ciliare primaria (DCP) è una malattia respiratoria che colpisce i bambini in età infantile ed in particolare le ciglia della mucosa respiratoria, delle appendici simili a capelli che a causa del gene DCP non riescono a proteggere i polmoni dall’attacco di germi, e causano disturbi e deficit a carico delle via aeree e del parenchima polmonare.

Riscaldamento globale, NASA riconsidera il ruolo delle piante nel raffreddamento

Mentre a Cancun la conferenza ONU è ormai agli sgoccioli e si attendono risultati, se non perfetti, almeno incoraggianti per quanto riguarda la riduzione delle emissioni globali e gli altri temi in gioco, la NASA spiega che, in un mondo con livelli atmosferici di CO2 raddoppiati, si potrebbe ottenere un effetto di raffreddamento incrementando considerevolmente il numero di piante ed alberi. Una misura concreta per porre un freno e limitare i danni del riscaldamento globale.

Secondo il modello climatico elaborato dall’Agenzia spaziale USA l‘effetto di raffreddamento sarebbe pari a -0,3 gradi centigradi (C) (-0,5 Fahrenheit (F) a livello globale e -0,6° C (-1,1 F) nelle aree interessate dall’incremento di vegetazione.
Lahouari Bounoua, del Goddard Space Flight Center di Greenbelt, è l’autore principale dello studio pubblicato il 7 dicembre scorso sulla rivista di divulgazione scientifica Geophysical Research Letters.

Effetti del jet lag e sonno, a capirli ci aiutano le piante

Certamente alcuni di voi durante le festività natalizie o per il Capodanno prenderanno l’aereo per raggiunngere i parenti lontani o per trascorrere qualche giorno all’estero con gli amici per festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Chi di voi ha provato almeno una volta l’effetto jet lag? Oppure a causa di turni di lavoro stancanti ha il sonno totalmente sballato e non distingue più la notte dal giorno?

Un gruppo di scienziati ha studiato l’orologio biologico delle piante: quei meccanismi che aiutano le specie vegetali a reagire ai cambiamenti legati all’alba e al tramonto e alla durata del giorno. La ricerca compiuta da scienziati provenienti dall’Ungheria e dal Regno Unito è stata finanziata dall’Unione europea con 12,3 milioni di euro con il progetto EUCLOCK (Entrainment of the circadian clock).

Progetto Neem, estratto dai ghiacci polari l’archivio climatico del pianeta

Il 27 luglio scorso sono stati estratti dai ghiacci della Groenlandia 2 chilometri e mezzo di carote di ghiaccio, sette volte la Tour Eiffel, 17 tonnellate di peso in totale che permetteranno ai climatologi di ricostruire la storia climatica del periodo Eemiano (i 150.000 anni compresi tra le ultime due glaciazioni).

Questa l’impresa compiuta da tecnici, glaciologi, paleoclimatologi di Neem (North Greenland Emian Ice Drilling), progetto internazionale che ha coinvolto 14 Paesi tra cui USA, Belgio, Germania, Svizzera, Svezia, Corea del Sud e Gran Bretagna, diretto dalla ricercatrice danese Dhal Jensen, svoltosi in 3 campagne dal 2008 al 2010 e finalmente concluso il 27 luglio scorso carotando l’intero spessore del carapace di ghiaccio che ricopre la Groenlandia.