Scajola: occorre mix di nucleare e rinnovabili

di Redazione 1

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Abbiamo seguito da vicino, durante la corsa alle elezioni, il problema delle risorse energetiche e l’approccio dei diversi programmi dei partiti in lizza per il governo del Paese.
Nel manifesto programmatico del Pdl, tra le sette missioni presenti, una menzione sull’energia nucleare c’era.

Dei rischi del nucleare abbiamo già ampiamente trattato, oggi torniamo a discuterne viste le recenti dichiarazioni del neo-ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola:
Si tratta di un problema enorme per il nostro paese: non possiamo continuare a dipendere solo dal petrolio, dobbiamo pensare a un mix che va dal nucleare alle rinnovabili.


Non c’è da stupirsi delle parole di Scajola, dal momento che già Silvio Berlusconi, durante la campagna elettorale, aveva dichiarato:
Non siamo più ai tempi di Cernobyl. Dobbiamo collaborare con Francia e Inghilterra per l’ avanzamento del progetto sui reattori di quarta generazione e intanto partecipare alle centrali nucleari in paesi vicini al nostro e preparaci a costruire le nostre. La produzione del nucleare è destinata a sostituire petrolio e gas quando andranno a esaurirsi.
E d’altra parte, come già detto prima, nessuno di chi ha votato il Popolo della Libertà, può lamentarsi di un eventuale ritorno al nucleare. Stava scritto nel programma. Ne deduciamo che la maggioranza degli italiani auspica un ritorno all’energia nucleare.
Da quel referendum abrogativo del 8-9 novembre del 1987, in cui il popolo italiano si pronunciò contro le centrali nucleari, sono trascorsi molti anni. Cosa è cambiato? Probabilmente la tragedia di Cernobyl appare ora anacronistica, non è più una motivazione sufficiente a bloccare lo sviluppo energetico del Paese in tal senso.

Enel, di cui il Tesoro è l’azionista di controllo, ha già concluso un accordo con la Francia per il progetto Epr, che prevede la costruzione di due centrali nucleari. La società ha altresì rilevato un’ex azienda statale della Slovacchia, proprietaria di centrali nucleari a tecnologia “sovietica”.
Ma dove impiantare le centrali, dal momento che in Italia è valido ancora il divieto del referendum del 1987? Per superare questo ostacolo si penserebbe a costruirle in Albania, per poi veicolare l’energia prodotta nel nostro Paese.

I tempi di realizzazione sono abbastanza lunghi, passeranno dai cinque anni ai sette anni, prima che si possa realizzare e mettere in funzione un impianto destinato a produrre energia per il mercato italiano.
Intanto, il quesito fondamentale è se gli italiani accetteranno passivamente il ritorno al nucleare, ance se impiantato in Albania, e se coloro che votarono nel 1987 sono tutti morti… Probabilmente, in questo caso, la necessità e la fiducia nelle nuove tecnologie, cancelleranno ogni dubbio e faranno dimenticare ogni reticenza sul problema del nucleare. Staremo a vedere…

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