Francia: bocciata la carbon-tax

NicolasSarkozy

I sogni di Nicolas Sarkozy di mettere la Francia in prima linea nella lotta contro il riscaldamento globale oggi potrebbero essere spazzati via, dopo che la sua tassa sul carbonio, la cosiddetta “carbon-tax“, che avrebbe dovuto abbattere l’inquinamento, è stata dichiarata incostituzionale due giorni prima dalla sua entrata in vigore.

In un colpo inaspettato e imbarazzante, il giudice incaricato di assicurare la validità della legislazione francese ha respinto la riforma come inefficace e ingiusta. Piuttosto che una misura rivoluzionaria, come Sarkozy aveva promesso, il giudice ha dichiarato che la tassa avrebbe lasciato fuori molti inquinatori industriali, pur ponendo un onere eccessivamente pesante per le famiglie.

Il gran numero di esenzioni dall’imposta del carbonio è in contrasto con l’obiettivo di combattere i cambiamenti climatici, e viola l’uguaglianza di cui godono tutti in termini di spese pubbliche

ha giustificato la sua decisione il Consiglio costituzionale nella sentenza. La tassa avrebbe riguardato due terzi dei cittadini francesi.

Summit di Copenaghen: riassunto del quarto giorno

striscione protesta copenaghen

Se ci fosse un indice, come quelli di borsa, per valutare l’andamento del summit di Copenaghen, questo vedrebbe un rialzo alla fine del primo giorno, uno stazionamento nel secondo, ed un crollo vertiginoso nel terzo e quarto. L’ultimo in particolare è stato abbastanza doloroso, perché ha aperto uno squarcio in più. Mentre fino a ieri la “battaglia” sulle cifre avveniva soltanto tra Paesi poveri e Paesi ricchi, dalla metà di ieri c’è stata una scissione anche all’interno del gruppo nutrito di poveri. Si potrebbe dire una lotta tra i Paesi poveri e quelli che sono molto più poveri.

Il punto centrale in discussione è che, secondo alcuni Paesi poverissimi, specialmente quelli insulari, i loro rappresentanti che fanno parte di quelle nazioni in via di sviluppo (Cina, India, Brasile e non solo) stanno diventando troppo “morbidi” nei confronti dei ricchi. L’ultima proposta, che però tanto morbida non sembra, è di prolungare il protocollo di Kyoto. Questo prevedeva un taglio del 5% delle emissioni rispetto al 1990 (per i Paesi industrializzati) entro il 2012, portando ad un -40% al 2020. Inoltre la richiesta del G77 è che stavolta tutti, quindi compresi gli Stati Uniti, aderissero al protocollo.

Ecco perché il mondo ha bisogno di una governance internazionale sull’ambiente

Nicolas-Sarkozy-Angela Merkel

La crisi ambientale globale, dalla scomparsa della biodiversità al degrado delle foreste, dal collasso dei sistemi marini al cambiamento climatico, non potranno essere risolti senza una riflessione dura su una governance internazionale. La risposta del mondo a queste sfide è diventata un’incredibile varietà di istituzioni, accordi e trattati che hanno urgente bisogno di riforme.

Che l’urgenza sia nota lo sottolineano in tanti, dal Cancelliere tedesco Merkel al Presidente francese Sarkozy. In una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite hanno sottolineato che bisogna rivedere la governance ambientale ed usare i colloqui sul clima di Copenaghen di dicembre per progredire verso la creazione di un’organizzazione mondiale dell’ambiente. Altri leader mondiali ha adottato un tono simile, durante il G20 di Pittsburgh.

La Francia punta sull’auto elettrica: 1,5 miliardi per una rete nazionale di distributori

ricarica elettrica francia

Avantieri il Governo francese ha affermato la previsione di spesa di 1,5 miliardi di euro per la creazione di una rete di stazioni di servizio per i veicoli elettrici, come parte di un piano più ampio dello Stato per incoraggiare lo sviluppo della tecnologia dei veicoli puliti e la produzione di batterie. Finalmente i francesi sono arrivati alla soluzione del classico dilemma tra l’uovo e la gallina: le auto elettriche non si possono sviluppare perché non c’è come rifornirle, ma le stazioni elettriche non si formano perché non ci sono auto elettriche. Solo un aiuto statale poteva risolvere la questione.

I collaboratori di Sarkozy hanno anche aggiunto che avrebbero chiesto il finanziamento di 900 milioni del totale di 1,5 miliardi di euro in prestito per il progettato che verrà lanciato il prossimo anno. Il Governo si occuperà dell’installazione di prese di ricarica obbligatorie nei parcheggi degli uffici entro il 2015, e i nuovi condomini con parcheggi dovranno prevedere stazioni di ricarica a partire dal 2012.

Nucleare, dalle Regioni “Sì, ma non da noi”

La classica specialità italiana dello scarica barile non poteva mancare nel valzer del nucleare. Tutti (o quasi) contenti del ritorno all’atomo, almeno in linea teorica. Sì perché, in pratica, nessuno lo vuole nella propria Regione. Dopo l’accordo tra il Presidente Berlusconi e Sarkozy, subito si è scatenato il toto-sito, cioè centinaia di azzeccagarbugli hanno tentato di individuare i siti in cui verranno costruite le future centrali nucleari italiane. 4 per la precisione.

Ha fatto un certo scalpore però vedere Ugo Cappellacci, neo presidente della Regione Sardegna grazie al forte impegno proprio di Berlusconi, opporsi fortemente alla costruzione di una centrale nella sua Regione. Ad una domanda sull’argomento postagli da un sardo su Facebook, questa è stata la risposta:

State certi che dovrebbero passare sul mio corpo prima di fare una cosa simile.

Cappellacci in campagna elettorale aveva promesso di mantenere lo stato di Regione denuclearizzata dopo la sua elezione, e conferma questo proposito opponendosi duramente proprio a colui che è riuscito a farlo eleggere. Ma non è finita di certo qui.

Trovato l’accordo sul clima, ma ancora non è stata detta l’ultima parola

I proclami del Governo italiano ormai li conosciamo tutti, e conoscendo i nostri rappresentanti dovremmo anche sapere che vanno presi con le pinze. Quello che Berlusconi andava sbandierando in ogni conferenza (abbiamo ottenuto tutto quello che volevamo) è vero solo per metà, e quello che adesso sta circolando dopo la conferenza sull’ambiente (l’Italia ha ottenuto una clausola di revisione al marzo 2010) non è nemmeno così positiva.

Infatti, secondo il Ministro Frattini, questa clausola dovrebbe essere positiva per l’Italia, in quanto, se il nostro Paese dovesse rimanere indietro rispetto ai programmi di riduzione della CO2, i parametri verrebbero rivisti al ribasso, in maniera tale da non costringere più l’Italia a sforzarsi di ridurre l’inquinamento. Tutto falso. Andando a leggere il testo del trattato infatti si legge al paragrafo 23 che la clausola di revisione al marzo 2010 si deve intendere al rialzo, non al ribasso. Più precisamente si specifica che, qualora i Paesi Europei, ed in particolare quelli dell’Est Europa, in quella data si trovassero a buon punto con gli obiettivi posti in sede di conferenza sul clima, i parametri di riduzione dell’inquinamento potrebbero anche aumentare, portando dal 20% al 30% la riduzione dell’inquinamento al 2020. Esattamente il contrario di quello che dice il Governo italiano.

Conferenza sul clima, si va verso l’accordo

Berlusconi alla fine (forse) ce l’ha fatta. Pare che mentre il Ministro degli Esteri Frattini parlava alla conferenza sul clima di Bruxelles, il presidente francese Sarkozy si sia avvicinato al Premier italiano, e gli abbia sussurrato sottovoce che l’avrebbe accontentato. Una confidenza non ufficiale, subito sbandierata ai quattro venti, tanto che Berlusconi, appena avuta la notizia, è corso dai giornalisti dicendo

“Si va verso un compromesso, stiamo ottenendo tutto ciò che abbiamo chiesto”.

La minaccia (ridicola, visto che non prevista) di porre il veto ha convinto il presidente francese che forse era il caso di aiutare le industrie in difficoltà, ma più che altro sembra che ciò non sia stato fatto per accontentare solo Berlusconi, ma perchè schierati con lui c’erano Angela Merkel, Cancelliere tedesco, e la Polonia, insieme agli altri Paesi dell’ex blocco sovietico, i quali avevano bisogno di troppi aiuti per poter accettare il trattato senza battere ciglio. Ma anche lo stesso Cavaliere ha esagerato. Infatti non è completamente vero ciò che ha detto.

Ue: no a compromessi, il pacchetto clima rimane così

Gli obiettivi del pacchetto clima dell’Unione Europea non sono negoziabili, e non si possono annacquare soprattutto ora, che con l’elezione a Presidente di Barack Obama, anche gli Stati Uniti si stanno allineando alle scelte dell’Europa.

E’ questo l’appello lanciato dal presidente della commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso a due giorni dall’incontro dei 27 per ratificare il pacchetto del 20-20-20. Barroso non fa mai il nome dell’Italia nel suo discorso di presentazione del summit, ma i riferimenti sono fin troppo evidenti per permettere ai nostri rappresentanti di fare orecchie da mercante.

Sarkozy si scaglia contro Berlusconi sull’ecologia: “irresponsabile abbandonare il pacchetto”

“Abbandonare il pacchetto dell’Unione Europea è irresponsabile e drammatico. La situazione ambientale del mondo non è migliorata in conseguenza della crisi finanziaria. Il pacchetto è fondato sulla convinzione che il mondo va incontro alla catastrofe se continua a produrre nelle stesse condizioni. Non vedo alcuna argomentazione che mi dica che il mondo va meglio dal punto di vista ambientale solo perché c’è la crisi economica”

Questa è stata la dura replica del Presidente francese Sarkozy alle obiezioni portate dal Governo italiano al pacchetto clima in discussione al Parlamento Europeo. Per ricapitolare la situazione, basta dire che Berlusconi aveva dichiarato di voler abbandonare le prospettive ecologiche che l’UE gli proponeva, perchè in questo momento di crisi preferiva favorire le industrie comunitarie piuttosto che investire sull’ambiente. Secondo i calcoli italiani il costo del progetto sarebbe stato dai 18 ai 25 miliardi di euro, secondo il Commissario Dimas la “bolletta” sarebbe di circa la metà, mentre per Legambiente il risparmio energetico che si attiverebbe seguendo queste direttive ammonterebbe a 7,6 milioni di euro, riducendo così la “perdita” per salvare il pianeta a soli 600 milioni di euro.

Berlusconi contro l’ecologia e alleato dei comunisti

Il nostro Premier Silvio Berlusconi ha perso un’altra occasione per dimostrare un pò di attenzione all’ecologia da parte del suo Governo. Al summit sul clima tenutosi a Bruxelles nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio italiano era in prima fila tra quei leader che si sono opposti all’obiettivo del 20-20-20 imposto dall’Unione Europea già dall’anno scorso.

L’obiettivo del 20-20-20 significa ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro il 2020 e contemporaneamente potenziare l’utilizzo delle energie rinnovabili fino al 20% del fabbisogno nazionale (più un 10% della quota del biocarburante).

Incidente nucleare in Francia: fuga di 30.000 litri di liquido radioattivo da una centrale

Ancora un incidente nucleare a preoccupare i cittadini del mondo. E stavolta non è avvenuto nel lontano Giappone, ma nella vicinissima Francia. Ormai non si contano più gli incidenti che continuano a susseguirsi, e questo forse un po’ ce lo siamo anche chiamati. Infatti i sostenitori del ritorno al nucleare gridavano all’ingiustizia perché se l’incidente nucleare doveva capitare, poteva anche succedere ai nostri vicini di casa. Ed eccolo arrivato.

Siamo andati vicini “solo” al disastro ambientale stavolta, ma poteva essere molto più grave di ciò che è avvenuto. Mentre il Presidente Sarkozy spingeva per la costruzione del secondo reattore nucleare all’EPR (European Pressured Reactor di Flamanville, in Bassa Normandia, nel Nord della Francia) di cui vi avevamo già parlato, infischiandosene dei divieti per la pericolosità dell’impianto, una nuova doccia fredda arriva dalla centrale di Tricastin, da cui martedì pomeriggio si sono dispersi 30.000 litri di liquido radioattivo altamente pericoloso.

Vertice Fao: tante parole, ma zero soluzioni

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Tutti d’accordo sul problema, ma nessuno sulla soluzione. Si potrebbe riassumere così l’incontro nella sede della Fao tenutosi ieri a Roma tra 40 capi di Stato e di Governo che aveva come obiettivo quello di capire e trovare una soluzione al problema dell’aumento della fame nel mondo.

Ognuno dice la sua, compreso il Papa che non sarebbe propriamente autorizzato a farlo, mentre attivisti di numerose associazioni umanitarie vengono messi a tacere all’esterno, a volte anche con la forza, dalla polizia. Nel corso del vertice si delineano coalizioni più o meno forti e durature, ma nessuna in grado di prendere una decisione definitiva sul problema. Tutti più o meno concordano sul fatto che non si può più sperare che il mercato si autoregoli in regime di concorrenza, come sostenuto dalla maggior parte degli economisti degli ultimi 50 anni, ma bisognerà creare un organismo superiore per gestire la crisi.