Inquinamento, ridurre la fuliggine potrebbe tagliare di mezzo grado il riscaldamento globale

Altro che CO2. La principale causa del riscaldamento globale potrebbe essere la fuliggine. Un nuovo rapporto dell’UNEP (Programma Ambientale delle Nazioni Unite) evidenzia che sempre più ricerche mostrano come questo sia un fattore trascurato ma che incide molto. Chiamata anche nerofumo o black carbon, questa sostanza viene emessa dalla combustione di combustibili fossili, nei processi industriali e con la combustione di legno e altre biomasse, specialmente nelle cucine delle nazioni più povere.

La fuliggine non scalda solo l’aria, ma quando cade sui ghiacciai ne accelera la fusione. La buona notizia è che non è presente in grandi quantità nell’atmosfera ed i modi per fermarla sono molto meno complessi rispetto alla riduzione dell’anidride carbonica, metano e altri gas ad effetto serra. E, come osserva la relazione, gli effetti del taglio della fuliggine potrebbe essere enormi.

I mutamenti climatici fanno cambiare colore ai gufi

Tra i gufi in Finlandia, quelli con le piume grigie sono tradizionalmente più numerosi di quelli marroni. Questa caratteristica geneticamente definita, tuttavia, sta cominciando a modificarsi. Ogni anno infatti pare siano numericamente sempre di più i gufi marroni rispetto a quelli grigi. La ragione di questo cambiamento, secondo una nuova ricerca, è il graduale riscaldamento degli inverni causato dai cambiamenti climatici.

Si pensa infatti che a causa del loro colore, i gufi marroni siano più visibili ai predatori durante i periodi di forti nevicate che, almeno in passato, hanno imbiancato la regione e reso più difficile per questa specie sopravvivere nella stagione riproduttiva. Ma ora che gli inverni si stanno scaldando, e le forti nevicate stanno diventando sempre meno comuni, i gufi marroni sono più in grado di fondersi con l’ambiente.

Vacanze ecologiche, dove andare per far del bene all’ambiente

L’inverno sta per finire, ormai ci attende ancora un mese o due di freddo, e poi sarà tempo di cominciare ad organizzare le vacanze estive. Se avete intenzione di trascorrere delle vacanze alternative, evitando di stendervi per un mese al sole come delle lucertole, ma mantenendovi attivi in modo anche da far del bene all’ambiente, di seguito ci sono 6 mete in tutto il mondo che potrebbero aver bisogno del vostro aiuto.

1. Bahamas

Chi non vorrebbe fare un salto ai Caraibi? Queste isole sono, nell’immaginario collettivo, un Paradiso terrestre, ma in realtà si tratta di uno dei posti più colpiti dal riscaldamento globale. Prendere parte ad una spedizione di 10 settimane con Gapforce e lavorare con il National Trust Bahamas può significare fare 11 immersioni a settimana per fare un censimento delle barriere coralline in tre nuove aree protette, oppure prendere parte al programma che invia volontari nelle scuole locali per insegnare ai residenti i principi della sostenibilità e della conservazione ambientale. Un’altra possibilità per chi ha meno tempo a disposizione è l’Earthwatch, che consiste in una o due settimane di monitoraggio di balene e delfini al largo delle Isole di Gran Abaco.

Riscaldamento globale: neve e ghiaccio al Polo Nord raffreddano il pianeta meno di 30 anni fa

Senza dubbio il dibattito sul riscaldamento globale è destinato a durare ancora a lungo, ma in ogni caso sembra che la domanda cambi da “esistono i cambiamenti climatici?” a “i cambiamenti climatici sono dovuti all’attività umana?”. A togliere ogni dubbio sull’esistenza del fenomeno ci sono decine di ricerche scientifiche che stanno rilevando diversi mutamenti dovuti alla temperatura media più alta, compresi i record di caldo dell’ultimo decennio. Ora a queste si aggiunge una nuova scoperta effettuata da un’università americana.

Un nuovo studio, pubblicato su Nature Geoscience, mostra chiaramente il declino di neve e ghiaccio nell’emisfero Settentrionale. Questo degrado che dura ormai da almeno tre decenni, significa che una minore attività di raffreddamento viene prodotta dal feedback naturale.

Alluvioni in Australia, Niña e riscaldamento globale (video)

Basta aprire qualsiasi giornale o telegiornale in questi giorni per rimanere scioccati dalle immagini delle inondazioni che arrivano dal Queensland, in Australia, dove 12 mila case sono state alluvionate, 118 mila edifici sono rimasti senza energia elettrica e 2 milioni di persone rischiano di vedere la propria città, Brisbane, completamente distrutta.

Il motivo di tutto questo disastro è attribuito ad una insolitamente forte “La Niña“, un fenomeno climatico periodico, che porta più pioggia nel Pacifico occidentale, e meno nel Sud America e Pacifico orientale. Si tratta di un evento che nei secoli è sempre accaduto, ma mai con una potenza così devastante.

Riscaldamento globale, le immagini della NASA valgono più di mille parole

Il mondo si sta riscaldando. Se la causa sia l’attività umana o la naturale variabilità poco importa, la colonnina di mercurio nel termometro del mondo è salita costantemente a partire dall’inizio della rivoluzione industriale. Secondo un’analisi della temperatura condotta dagli scienziati del NASA’s Goddard Institute for Space Studies (GISS), la temperatura media globale sulla Terra è aumentata di circa 0,8 gradi Celsius dal 1880. Due terzi del riscaldamento si sono verificati dal 1975 ad oggi ad un tasso di circa 0,15-0,20° C per decennio.

I grafici mostrano anomalie di temperatura, o variazioni, per gli anni 2000-2009 e 1970-1979. Le mappe non rappresentano la temperatura assoluta, ma quanto più calda o più fredda era una regione rispetto alla norma registrata negli anni 1951-1980. Tale termine è stato scelto soprattutto perché il National Weather Service utilizza un periodo di tre decenni per definire la temperatura “normale” o media.

Le compagnie assicurative confermano: 2010, anno con più disastri naturali della storia

Inondazioni catastrofiche in Pakistan, incendi in Russia, uragani in Messico: l’anno che tra poche ore finirà, il 2010, è stato un anno “eccezionale” per le calamità atmosferiche, ha affermato la compagnia di assicurazioni tedesca Munich Re.

Quest’anno è stato davvero un anno di condizioni ambientali record. I primi nove mesi dell’anno hanno visto il maggior numero di eventi meteorologici da quando la Munich Re ha iniziato la tenuta della contabilità

ha spiegato Peter Hoeppe, esperto del reparto ricerca sui georischi della Munich Re.

Riscaldamento globale, scienziato tenta di fermarlo con uno zoo preistorico

Alcune persone costruiscono delle mangiatoie per uccelli nel loro cortile di casa, altre coltivano piante e fiori per attirare gli insetti e gli animali. Sergey Zimov ha deciso di fare qualcosa in più: ricreare un habitat risalente a 10.000 anni fa. Negli ultimi 20 anni ha allevato cavalli selvaggi, buoi muschiati, renne, ed ha anche in programma di aggiungere tigri siberiane e lupi per creare un ecosistema perso dopo l’ultima glaciazione.

L’Huffington Post scrive che lo scienziato russo vuole dimostrare che la reintroduzione degli animali, che un tempo vagavano liberi in Siberia, potrebbe contribuire a rallentare il riscaldamento globale.

Riscaldamento globale, NASA riconsidera il ruolo delle piante nel raffreddamento

Mentre a Cancun la conferenza ONU è ormai agli sgoccioli e si attendono risultati, se non perfetti, almeno incoraggianti per quanto riguarda la riduzione delle emissioni globali e gli altri temi in gioco, la NASA spiega che, in un mondo con livelli atmosferici di CO2 raddoppiati, si potrebbe ottenere un effetto di raffreddamento incrementando considerevolmente il numero di piante ed alberi. Una misura concreta per porre un freno e limitare i danni del riscaldamento globale.

Secondo il modello climatico elaborato dall’Agenzia spaziale USA l‘effetto di raffreddamento sarebbe pari a -0,3 gradi centigradi (C) (-0,5 Fahrenheit (F) a livello globale e -0,6° C (-1,1 F) nelle aree interessate dall’incremento di vegetazione.
Lahouari Bounoua, del Goddard Space Flight Center di Greenbelt, è l’autore principale dello studio pubblicato il 7 dicembre scorso sulla rivista di divulgazione scientifica Geophysical Research Letters.

Congresso di Cancun: la Cina apre alle trattative e si riaccende una speranza

Buone notizie arrivano dall’altra parte del mondo dove, al vertice delle Nazioni Unite di Cancun, i negoziatori cinesi hanno deciso di dare una svolta, stavolta in positivo, alle trattative. Per capire meglio la situazione bisogna fare un passo indietro.

La Cina lo scorso anno fu il primo responsabile, in coabitazione con gli Stati Uniti, del fallimento della conferenza di Copenaghen. Quest’anno il congresso messicano sembrava fosse iniziato sotto i peggiori auspici, con Giappone e Canada che si tiravano indietro rispetto al prolungamento del protocollo di Kyoto ed i Paesi poveri, guidati dall’Alternativa Bolivariana, che minacciavano di far saltare tutto se non si fosse trovato l’accordo. Ma ecco che, quando tutto sembrava precipitare, la Cina ha deciso di risollevare i negoziati ed aprire a nuove trattative.

Climategate

Climategate

In tal modo è stata soprannominata dai media la controversia del novembre 2009 per la quale gli scenziati del Climate Research Unit CRU, dell’Università di Est Anglia UK, sono stati accusati di aver manipolato i dati delle loro ricerche esagerando la minaccia del surriscaldamento globale. Per molti di loro venne evidenziata la sussistenza di un conflitto d’interessi dovuto al collegamento con movimenti o aziende che avrebbero beneficiato di incentivi economici e ricadute di immagine positive grazie all’imposizione di restrizioni alle emissioni di CO2.

Lo scandalo scoppiò quando alcuni tra email, documenti e software di modelli climatici provenienti dal server del CRU vennero caricate illegalmente su internet da alcuni hacker un mese prima del vertice mondiale sui cambiamenti climatici a Copenhagen.

Global warming

Global warming

Il termine derivato dalla letteratura scientifica inglese significa letteralmente riscaldamento globale ma si traduce in italiano in surriscaldamento globale. L’espressione riscaldamento globale, nella letteratura scientifica nazionale, si riferisce al lessico climatologico e designa tutte le fasi di innalzamento della temperatura media terrestre imputabili ad eventi naturali, che appartengono ai normali corsi e ricorsi della storia climatica del pianeta.

Il termine  global warming fa riferimento alla teoria che vede nel fattore antropico la causa dell’innalzamento della temperatura media dell’atmosfera attualmente in corso e lo sfociare di questa in entità in esiti imprevedibili. Esso consta nell’incremento della temperatura superficiale globale del pianeta di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100-150 anni.

Cambiamento climatico: dal 2030 la Terra inizierà a soffrire la febbre e la sete

Da anni si parla del cambiamento climatico. Alcuni perseverano nella via del negazionismo, altri confidano nelle infinite capacità tecnologiche umane, i più fatalisti si sforzano di non pensarci troppo e godersi a maggior ragione il presente, domani si vedrà, e c’è ancora qualche ottimista che ha fiducia nella resilienza dell’ecosistema planetario. A lungo gli stessi scienziati non si sono trovati d’accordo. Alcuni pronosticavano che un innalzamento delle temperature medie avrebbe fatto evaporare molta dell’acqua terrestre e che l’acqua sarebbe andata ad ovattare in uno spesso strato di nuvole la biosfera. Questo avrebbe provocato un abbassamento delle temperature di qualche grado o dell’entità di una glaciazione (global cooling). C’è chi paventava una tropicalizzazione del clima nelle fasce temperate. Da tempo la teoria più accreditata è quella di un generale riscaldamento del pianeta la cui conseguenza più diretta e disastrosa sarà una diffusa, gravissima siccità.

Ce ne dà ulteriore conferma anche l’ultima ricerca del National center for atmospheric research (Ncar): nei prossimi 30 anni l’Eurasia, il Centro America, il Sud America, l’Australia ed ovviamente l’Africa saranno assoggettati a periodi di lunghissima siccità, che ne sconvolgerà pesantemente gli ecosistemi naturali. Lo studio, pubblicato su “Wiley interdisciplinary reviews: climate change“, guarda con particolare “preoccupazione” a grandi parti del Brasile, al Messico, a tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo e  all’Asia sudorientale, compresa parte della Cina.