Maldive: un Paradiso inquinato

Anche le isole tropicali hanno i loro problemi di inquinamento. Anzi, forse sono ben peggiori dei nostri. Chi pensa che stare alle Maldive sia la cosa più bella del mondo, forse non sa in che condizioni vivono alcuni abitanti di quei luoghi, specialmente quelli meno accessibili ai turisti. Tutte le isolette della Repubblica asiatica infatti stanno avendo sempre più problemi con lo smaltimento dei rifiuti, tanto addirittura da sommergere alcune di esse, fino a non lasciare nemmeno un lembo di terra incontaminata.

La situazione peggiore è a Thilafushi, un’isoletta dell’atollo di Kaafu la quale, nonostante sia molto vicina alle zone turistiche, è letteralmente immersa dalla spazzatura, tanto da diventare l’isola dei rifiuti più grande del mondo. Tutto ciò è dovuto a due fattori fondamentali: il primo è che la raccolta differenziata o il riciclo non esistono. Queste parole sono letteralmente sconosciute in una terra che viene fatta rimanere volontariamente arretrata; e poi perché, data la sua assenza di turismo, concentrato su altri atolli, viene utilizzata come discarica a cielo aperto. Prima vi convergeva l’immondizia della sola capitale Malé, vista la vicinanza; oggi arriva quella di tutta la Repubblica (circa 300 tonnellate al giorno).

eBay bandisce la vendita di avorio, basterà a salvare gli elefanti?

Finalmente una buona notizia per gli elefanti: qualcosa si muove infatti a loro favore niente poco di meno che dal popolare ed internazionale sito di vendite on-line eBay. Già lo scorso anno il popolare megastore telematico aveva annunciato di voler fare qualcosa per salvare gli esemplari della specie, limitando la vendita di prodotti d’avorio provenienti in gran parte dal mercato illegale. Ora però il bando per l’avorio e i suoi derivati è entrato effettivamente in vigore, con l’arrivo del nuovo anno, e chissà che non serva a far tirare un sospiro di sollievo anche ai poveri animali, braccati dai cacciatori di frodo.

Se soltanto le cose fossero così semplici! In realtà dalla Cina continuano a provenire all’Africa sempre più richieste di avorio, in particolare destinate alle preziose bacchette che i cinesi utilizzano per mangiare, e le regole contro la violazione delle riserve vengono ripetutamente infrante. La fame, che incombe in molti villaggi africani, certo non contribuisce a sviluppare una coscienza ecologica nelle popolazioni indigene, che per sostentare la numerosa prole, sono disposte ad uccidere e vendere i poveri elefanti. E la proliferazione nel commercio illegale di specie protette è stata facilitata proprio mediante l’utilizzo di Internet come canale di vendita e scambio.

Gli orsi polari stanno morendo di fame

Nuovo allarme per gli orsi polari, anche se in realtà la soglia di guardia degli scienziati non si è mai abbassata e i mammiferi dei ghiacci non hanno mai cessato di essere in pericolo. Stavolta a preoccupare gli esperti è la dilagante denutrizione registrata su un vasto campione di esemplari, causata dallo scioglimento dei ghiacciai in conseguenza dell’aumento delle temperature.

Le lastre di ghiaccio sempre più sottili, sempre più frammentarie e il riscaldamento delle acque che provoca una diminuzione anche nella fauna ittica, mettono a rischio l’approvvigionamento alimentare degli orsi, che risultano denutriti e provati dalla caccia infruttuosa. Pensate che il numero di orsi sottoalimentati è triplicato negli ultimi 20 anni.

La scoperta, batteri presenti nel ghiaccio registrano i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici in corso hanno una portata vastissima e interessano una varietà e una pluralità di fenomeni inimmaginabili, essendo legati consequenzialmente a tutto quello che sta accadendo sulla Terra, disastri geologici, estinzione di numerose specie animali e vegetali, tornado, cicloni, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari.
Ebbene cosa hanno a che fare mutamenti così importanti e di proporzioni così enormi con i microorganismi più piccoli ed all’apparenza non determinanti per l’equilibrio terrestre come i batteri?

Pare che siano proprio questi piccolissimi organismi viventi a fungere da registratore dei cambiamenti climatici, fornendo alla scienza un’idea più precisa delle conseguenze dell’aumento delle temperature. E’ quanto ha scoperto in un recente studio il professor YAO Tandong insieme ad un team di ricercatori della ITP (Tibetan Plateau Research), della Xiamen University e della Chinese Academy of Sciences.

Cambiamenti climatici, Groenlandia tallone d’Achille

E’ la Groenlandia il tallone d’Achille della Terra nel dissesto ambientale provocato dall’innalzamento delle temperature. E’ quanto ha affermato Hans Joachim Schellnhuber, direttore dell’Istituto di Potsdam per le ricerche sul clima nonchè consigliere per l’ambiente del governo tedesco.
Intervistato dal quotidiano tedesco Saarbruecker Zeitung, lo studioso non ha nascosto la gravità della situazione attuale in cui versa il Pianeta, illustrando quelli che sono i rischi di un ulteriore incremento del surriscaldamento terrestre.

Per quanto riguarda gli effetti dei cambiamenti climatici, secondo Schellnhuber, non bisogna affatto sottovalutare le conseguenze dell’aumento delle temperature: le previsioni parlano di devastanti e tragici stravolgimenti negli equilibri globali, pronti a scatenarsi anche soltanto con la registrazione di due gradi in più rispetto ad oggi.

Cambiamenti climatici, ecco gli effetti delle precipitazioni

Non è semplice capire come i cambiamenti regionali delle precipitazioni, che dovrebbero derivare dal cambiamento climatico globale, possano incidere sugli approvvigionamenti di acqua. Ora, una nuova analisi guidata da ricercatori del MIT ha rilevato che i cambiamenti nelle acque sotterranee potrebbero in realtà essere molto maggiori rispetto alla modifiche delle precipitazioni stesse.

Ad esempio, in luoghi dove le precipitazioni annuali possono aumentare del 20% a causa dei cambiamenti climatici, le acque sotterranee potrebbero subire un incremento del 40%. Al contrario, l’analisi ha evidenziato, in alcuni casi, che ad una diminuzione del 20% delle precipitazioni potrebbe corrispondere una riduzione del 70% delle falde acquifere, un colpo potenzialmente devastante in regioni aride e semi-aride.

L’acidificazione degli oceani potrebbe avere gravi effetti sugli ecosistemi marini

Le preoccupazioni per l’aumentata acidificazione degli oceani si sono spesso focalizzate sui potenziali effetti del fenomeno sulla barriera corallina, ma una più ampia interruzione dei processi biologici nei mari e negli oceani può avere ripercussioni ancora più profonde sugli ecosistemi marini. E’ quanto afferma Donald Potts, professore di ecologia e biologia evolutiva presso l’Università di California Santa Cruz, nonchè profondo conoscitore della barriera corallina e della biodiversità marina.

Potts ha discusso sul tema “Geobiological Responses to Ocean Acidification” nel corso del Fall Meeting of the American Geophysical Union (AGU) svoltosi a San Francisco il 17 dicembre scorso.
L’acidificazione degli oceani è uno degli effetti collaterali della crescente concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera terrestre a causa della combustione di combustibili fossili.

Inquinamento da ozono ridurrà la crescita degli alberi del 10% entro il 2100

Le concentrazioni di ozono conseguenza dell’inquinamento troposferico stanno rallentando la crescita degli alberi soprattutto nelle aree temperate della Terra. E’ quanto emerge da un recente studio, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Global Change Biology.
La crescita degli alberi, misurata in biomassa, è già diminuita del 7% rispetto alla fine del 1800 ed è destinata ad un ulteriore decremento del 10% entro la fine di questo secolo. In totale ben il 17% in meno rispetto a quello che è il normale sviluppo degli alberi.

L’inquinamento da ozono è quattro volte maggiore rispetto a prima della rivoluzione industriale a metà del 1700; se la dipendenza dai combustibili fossili continua al ritmo attuale, le future concentrazioni di ozono saranno pari almeno al doppio degli attuali livelli già entro la fine di questo secolo, provocando come conseguenza proprio una riduzione nella crescita degli alberi. Lo studio è il primo riepilogo statistico delle singole misurazioni sperimentali di come l’ozono danneggia la produttività degli alberi, compresi i dati provenienti da ben 263 accreditate pubblicazioni scientifiche.

Cambiamenti climatici, futuro a rischio per i meccanismi migratori dei pesci

In Europa, la maggior parte delle specie di pesci migratori che completano il loro ciclo tra il mare e il fiume sono attualmente in pericolo. Sebbene i programmi di recupero e salvaguardia siano stati avviati da tempo, il futuro nella distribuzione di queste specie può subire delle drastiche modifiche a causa dei cambiamenti climatici. Al Bordeaux Cemagref, gli scienziati hanno sviluppato dei modelli biogeografici per prevedere quale potrebbe essere la loro effettiva distribuzione nel 2100.

Lo studio dei pesci migratori è degno di nota in quanto per completare il loro ciclo vitale usano sia il mare che gli ambienti d’acqua dolce. A partire dal’ultima era glaciale 18.000 anni fa, questo ha permesso loro di colonizzare progressivamente tutta l’Europa. Tuttavia, la pesca eccessiva, lo sviluppo delle attività marittime e fluviali e il conseguente inquinamento delle acque hanno contribuito a far regredire le popolazioni di pesci migratori con il risultato che oggi la maggior parte di queste specie è in serio pericolo.

Piantagioni per biocarburanti nelle foreste tropicali sono nocive per il clima e la biodiversità

Biocarburanti si, biocarburanti no. Questo è l’amletico dubbio che anima il dibattito scientifico sui carburanti ecologici che per imporsi come alternativa al petrolio dovranno ancora superare più di un ostacolo e molte perplessità.
L’ultima è quella che arriva da uno studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Conservation Biology, ad opera di un team di ricercatori della Denmark’s Nordic Agency for Development and Ecology (NORDECO).

Stando a quanto esposto dagli studiosi, le piantagioni tropicali destinate alla produzione di materie prime per biocarburante, nel momento in cui rubano terreno alle foreste, sarebbero nocive per il clima e per la biodiversità.
Mantenere le foreste pluviali intatte, infatti, è il modo migliore per combattere il cambiamento climatico rispetto alla loro sostituzione, anche se questa sostituzione può risultare utile per la produzione di carburanti puliti.

L’aumento delle piogge? Colpa del riscaldamento globale

Il riscaldamento globale mette a rischio la salute della Terra. Quante volte abbiamo sentito ripetere questa frase. Sembravano soltanto teorie basate su dati statistici ed osservazioni correlate da ipotesi di scienziati, esperti e non. Adesso arrivano i dati, e sono dolori.

Secondo uno studio condotto dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, durato 5 anni, in cui sono stati rilevati migliaia di dati, pare che le tempeste, piogge e grandinate in aumento negli ultimi tempi siano causate proprio dal riscaldamento globale. Infatti, si legge nel rapporto, che a causa dei mutamenti climatici le nubi cominciano a formarsi più in alto nell’atmosfera, portando a questa e ad altre conseguenze.

Sai che pesci pigliare? Guida del WWF per “esonerare” le specie a rischio dai Cenoni natalizi

Se non sapete che pesci pigliare per allietare i banchetti natalizi senza andare ad aumentare l’impatto negativo sulle specie già fortemente provate e a rischio, ci pensa il WWF, con una guida ad acquisti consapevoli che non rischierà di mandarvi alla cieca davanti al bancone del pescivendolo. Si chiama appunto Sai che pesci pigliare, la mini-guida disponibile anche on-line, che fornisce indicazioni sulle specie che si possono acquistare in tutta tranquillità, evitando ulteriori scompensi alla fauna ittica a rischio di estinzione.

L’iniziativa, che mira a sviluppare un consumo intelligente e a formare una coscienza ecologica negli acquirenti, che siano privati o ristoranti, è già stata avviata con successo in molti altri Paesi del mondo: Sud Africa, Francia, Germania, Polonia, Finlandia, Norvegia, Indonesia, Olanda, Danimarca. E finalmente grazie al WWF giunge anche in Italia, che si sa, non è molto rispettosa della fauna ittica, dal momento che tra pesca di frodo e violazione delle specie protette, dei metodi consentiti per la pesca, e altre infrazioni simili non possiamo proprio definirci amanti degli abitanti dei mari. Ebbene, almeno a Natale, facciamo un’eccezione e seguiamo i consigli degli ambientalisti.

Arriva la prima spiaggia fredda del mondo, l’ennesimo insulto all’ambiente

Non smetteremo mai di scandalizzarci per quanto accade ai danni della Natura, vittima di un carnefice spietato quale può essere il genere umano. E forse, quella di indignarsi, è l’unica protesta che non potrà mai esserci tolta, insieme alla libertà di pensiero. D’altra parte, la distinzione tra buoni e cattivi è ormai caduta in disuso, la fanno solo i moralizzatori più accaniti, specie rara oggi. Però esiste un’evidenza innegabile: tra gli uomini la razza peggiore sono i ricconi, i magnati del denaro che credono di poter comprare tutto e persino di modificare il corso naturale delle cose a loro piacimento.

Ed è infatti proprio per gente straricca e strafica che è stata pensata, progettata, creata la prima spiaggia fredda della Terra, a Dubai, da sempre paradiso terrestre per i Paperon de Paperoni. Per non bruciare i piedini delicati dei ricchi signori, quando si alzano dalla sdraio per raggiungere l’acqua (mettersi le ciabatte come i comuni mortali no, eh?), nel complesso alberghiero del Palazzo Versace Hotel, sono stati predisposti dei grandi refrigeratori costruiti sotto la sabbia che raffreddano la temperatura, che solitamente nella città araba sfiora i 40-50° C.

Il trasporto sostenibile? Per l’Italia è ancora un’utopia

Come al solito l’Italia va a due velocità su tutto, anche sul trasporto sostenibile. Secondo una nuova indagine del Kyoto Club, in collaborazione con Euromobility, le iniziative per ridurre l’incidenza di emissioni nocive dovute ai mezzi di trasporto privato sono ancora troppo poche, con pochi esempi di eccellenza, e molti casi di inefficienza. Ma stavolta questa disparità non avviene tra Nord e Sud, ma le città a trasporto eco-sostenibile sono sparse un pò in tutta Italia, a macchia di leopardo.

Il dato positivo è che queste stanno aumentando in numero ed efficienza, il che fa ben sperare per il futuro; quello negativo è che si tratta ancora di casi isolati, e che in alcuni comuni, anche capoluoghi di provincia, non si sta facendo assolutamente nulla (vedi L’Aquila, in cui bike sharing e altre iniziative non sono nemmeno state prese in considerazione, o Siracusa, in cui il livello previsto dalla legge di Pm10 è stato superato da quasi 300 giorni senza che sia stato preso alcun provvedimento).