Il nucleare per porre fine al riscaldamento globale, la favoletta di McCain

E’ opinione diffusa, da quest’anno ahimè anche in Italia, che l’energia nucleare rappresenti la panacea di tutti i mali. Forse che tutti coloro che si oppongono alla costruzione di impianti anche in Italia siano in realtà dei semplici nemici dell’ecologia, oppositori fini a sè stessi che non desiderano il bene del pianeta.

In realtà, l’energia nucleare ha dei costi di realizzazione e di gestione ingenti, di molto superiori a quelli del solare, dell’eolico e delle altre rinnovabili, nonchè un grosso peso nella gestione delle ingenti misure di sicurezza necessarie per evitare tragici incidenti e nello smaltimento delle scorie radioattive.  E non lo dico io, ma personalità di un certo calibro scientifico come il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. Inoltre, bisogna operare una necessaria distinzione tra il nucleare di ultima generazione e gli impianti dell’era della pietra che si trovano in molti Paesi e che sono a dir poco obsoleti e fonti di frequenti perdite radioattive.

Incidenti nucleari in Francia: l’Italia di Scajola minimizza

Nucleare o non nucleare? Questo è il problema. Da quando il nuovo governo Berlusconi ha risollevato l’ipotesi per l’Italia di ritornare al nucleare, l’attenzione degli italiani e non è tutta rivolta ai possibili sviluppi della questione. Il nucleare è la soluzione giusta? Quali sono i costi e i tempi per costruire nuovi impianti? Le centrali sono sicure? Mentre l’Italia si interroga su tutte queste problematiche, nel mondo c’è chi si trova a pagare il conto, a volte salatissimo, di una decisione già presa.

Gli ultimi, come ha spiegato Marco Mancini, sono gli oltre cento operai contagiati, nei giorni scorsi, dalla fuoriuscita di materiale radioattivo in seguito ad alcuni incidenti verificatesi in due centrali nucleari della Francia, quella di Tricastin e quella di Saint Alban. Le autorità locali hanno rassicurato sulla non pericolosità dell’incidente e l’Italia, dal canto suo, minimizza l’accaduto.

Il simbolo della politica nucleare francese sulla Torre Eiffel

Secondo il più recente dei rapporti sulle risorse nucleari realizzato dalla Ianea-Nea l’uranio rimanente ammonterebbe a 3,3 milioni di tonnellate.
Il consumo attuale assorbito dalle centrali di tutto il mondo è oggi di circa 70 mila tonnellate.
Risultato: con questo andamento le riserve si esauriranno in molto meno di settant’anni.

Un problemino semplice semplice che potrebbe risolvere persino un bambino delle scuole elementari e che invece proprio non riescono a risolvere i cari grandi (di che?) otto della Terra, che hanno deciso che è giusto costruirne altri mille di reattori nucleari. Forse per accelerare la fine delle provviste, in previsione di un lungo lunghissimo inverno terrestre senza energia alcuna?

Greenpeace blocca l’EPR, il nuovo cantiere nucleare in Francia: non è sicuro

Il principale problema quando si parla di nucleare è quello della sicurezza delle centrali.
Gli impianti di nuova generazione non presentano particolari rischi, se, e ribadiamo se, tutte le norme venissero rispettate.
La polemica che oggi sorge intorno all’atomo deriva proprio da questo: nessuno è contro questo tipo di energia a priori, ma in molti sono consapevoli degli interessi economici che stanno dietro alla costruzione delle centrali.

Un esempio: le barre per lo spegnimento di Chernobyl erano state costruite in grafite e mancavano inoltre i coperchi (canali di contenimento), malgrado si sapesse il pericolo di una simile mancanza. Tutto per un risparmio del 30% sui costi. Si, ma quanta gente è morta e continua a morire? Risparmiare sul denaro e pagare con la vita degli innocenti, questo è l’uomo.
Anzi, se questo è un uomo, come diceva Primo Levi.
A proposito di sicurezza delle centrali nucleari, gli attivisti di Greenpeace stanno attuando una protesta in Francia, bloccando il neo-cantiere dell’EPR (European Pressured Reactor) di Flamanville, dal momento che non sarebbe affatto a norma.

Rifkin e le terza rivoluzione energetica: ne avevamo già parlato, ma ora lo fa Grillo…

Delle idee di Rifkin sul nucleare avevamo già parlato in un articolo di qualche settimana fa.
Ora, però, torniamo sull’argomento sulla scia del grande successo mediatico ottenuto dall’intervista di Grillo a Rifkin, e pubblicata sul suo ormai celeberrimo e seguitissimo blog.

Non possiamo che rallegrarci che il comico usi il suo successo per sensibilizzare l’opinione pubblica su temi così importanti, ahimè solo e soprattutto il pubblico della rete perchè in tivù viene costantemente censurato (credo nei tg nazionali sia vietato fare il suo nome, è una sorta di parola tabù, più o meno come dire Rifkin al ministro Scajola!).
Ma veniamo alla tanto discussa intervista.
Tema principale è ovviamente il problema dell’energia oggi, nell’era del picco del petrolio.
Secondo il famoso economista e scrittore americano, l’oro nero finirà molto prima di quanto si creda, probabilmente già nel 2010.

Petizione contro il nucleare: 1200 scienziati hanno aderito alla raccolta firme contro il nucleare. Perchè?

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Il comitato del no al nucleare ha visto l’adesione di ben 1200 scienziati, contrari ad un ritorno all’atomo e pronti a sostenere a gran voce il loro dissenso alla costruzione di centrali nucleari in territorio italiano.
Il comitato di studiosi, coordinato da Vincenzo Balzani, docente di chimica dell’università di Bologna, ha avviato una raccolta di firme che ha già visto l’adesione di 1200 scienziati e 4000 cittadini.

L’appello degli studiosi va contro il nuovo e tanto discusso orientamento della politica energetica italiana.
Gli scienziati invitano i cittadini contrari ad un ritorno al nucleare a firmare sul sito www.energiaperilfuturo.it, per far sentire distintamente, nero su bianco, anche il coro dei no, non soltanto gli entusiastici pareri che vedono nell’atomo la soluzione di tutti i mali e ottimistici scenari per il futuro, senza incidenti di percorso e gravi pericoli.

I dieci miti “Verdi” da sfatare

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Chi è fermo sulle proprie convinzioni verdi potrebbe perdere la bussola d’ora in avanti. Ci sono una serie di miti che vengono portati come bandiere delle proteste degli ambientalisti da diversi anni, che in realtà sono appunto leggende, ma non hanno nulla a che vedere con la realtà.

La notizia la dà la rivista americana Wired, ispirata al pensiero del sociologo Marshall Mc Luhan e al guru dell’informatica Nicholas Negroponte, che vogliono sfatare quei modi di pensare ormai obsoleti che molti ambientalisti ritengono ancora oggi attuali, ma che in realtà in molti casi sono superati, o addirittura a volte dannosi. Non per altro l’articolo si intitola «Verità scomode: preparatevi a ripensare cosa vuol dire essere Verdi». E voi siete pronti a ripensarci?

A cosa siete disposti a rinunciare per ridurre gli sprechi energetici?

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Il Festival dell’energia svoltosi a Lecce lo scorso maggio, ha riscosso consensi oltre ogni previsione, aprendo la riflessione ed il dibattito su temi scottanti come il risparmio energetico, le energie alternative, il nucleare e gli investimenti sul rinnovabile.

Il maggior risultato ottenuto è stato quello di avvicinare problemi di così ampia portata come il fabbisogno energetico alla gente comune, allo scopo di far comprendere come ogni piccolo gesto quotidiano dei singoli faccia la differenza nella risoluzione di gravi e vaste problematiche ambientali.
Ma l’intento era duplice: far conoscere alla gente e voler conoscere la gente, le abitudini, i consumi energetici, il livello di conoscenza degli aspetti più scientifici del rinnovabile, le idee, la coscienza civica.
Un obiettivo raggiunto, tra l’altro, attraverso la somministrazione di sondaggi.
L’ultimo dei quali riguarda un argomento che ci sta molto a cuore: il risparmio energetico.
E’ stato chiesto ai cittadini a cosa fossero disposti a rinunciare per evitare gli sprechi di energia.

Il nucleare non serve all’Italia e svuota le nostre tasche di 50 miliardi di euro

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Dei pro e contro di un eventuale ritorno al nucleare abbiamo già ampiamente parlato.
Stavolta torniamo a trattare di nucleare in termini economici, per sapere quanto ci costerebbe, in effetti, costruire, utilizzare e mantenere in funzionamento centrali nucleari nel nostro Paese.
Lo facciamo spinti dal monito lanciato da WWF, Greenpeace e Legambiente in un dossier dal titolo Il nucleare non serve all’Italia (cliccate qui per scaricarlo).
Nel documento, presentato a Roma dalle tre associazioni ambientaliste, si fanno i conti a Scajola, nel senso letterale del termine, stimando tra i 30 e i 50 miliardi i costi di un ritorno al nucleare.

Un dispendio di denaro pubblico non trascurabile, pari al peso economico di due finanziarie, e i cui effetti si vedrebbero solo tra 30 anni.

Cosa va e cosa non convince nel ritorno al nucleare voluto da Scajola

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Ora è ufficiale, l’Italia finirà in un calderone nucleare. L’annuncio definitivo lo ha dato il Ministro Scajola, che dopo una timida anticipazione fornitaci un mese fa, ha trovato terreno fertile tra gli alleati, e ha messo in atto le procedure per fornire l’Italia di centrali nucleari.

Il principio che ha portato a questa scelta è molto semplice: perchè dover acquistare l’energia dall’estero quando ce la possiamo fabbricare da soli? Tra l’altro l’energia che acquistiamo proviene da quelle centrali nucleari francesi al confine col nostro paese. Quindi a questo punto meglio farcele in casa.

Festival dell’Energia di Lecce: un successo oltre le previsioni

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E’ stato un successone il festival dell’Energia di Lecce, tenutosi nelle giornate del 16, 17 e 18 maggio. L’obiettivo della manifestazione era discutere sul cambiamento dei modelli economici alla base della produzione energetica, più democrazia nell’accesso all’energia, più nucleare, con l’intento di arrivare a completare un piano energetico nazionale.

Nella prima giornata, tra giornalisti, addetti ai lavori, docenti universitari e semplici curiosi, si sono susseguiti film, cacce al tesoro, e soprattutto il primo Summit sul mercato dell’energia del futuro, moderato da Antonello Piroso, giornalista di La7, da cui emerge forte la richiesta di un piano energetico nazionale, da sviluppare di concerto con le Regioni.
A margine della manifestazione è stato presentato anche il libro di Crisitina Corazza, “La guerra del gas”, con l’intervento tra il pubblico dell’ex ministro della Repubblica Alfonso Pecoraro Scanio. Dopodichè si è passati agli appuntamenti serali: il film “Il Petroliere“, un dibattito sul clima con Dario Voltolini e Bruno Carli e la presentazione del libro di Paolo Saraceno “Il caso terra”. Insomma, ce n’era per tutti i gusti.

Scajola: occorre mix di nucleare e rinnovabili

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Abbiamo seguito da vicino, durante la corsa alle elezioni, il problema delle risorse energetiche e l’approccio dei diversi programmi dei partiti in lizza per il governo del Paese.
Nel manifesto programmatico del Pdl, tra le sette missioni presenti, una menzione sull’energia nucleare c’era.

Dei rischi del nucleare abbiamo già ampiamente trattato, oggi torniamo a discuterne viste le recenti dichiarazioni del neo-ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola:
Si tratta di un problema enorme per il nostro paese: non possiamo continuare a dipendere solo dal petrolio, dobbiamo pensare a un mix che va dal nucleare alle rinnovabili.

Berlusconi vuole il nucleare, ecco le ragioni per fargli cambiare idea

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All’annuncio della vittoria di Berlusconi alle ultime elezioni politiche, gli ambientalisti di tutta Italia si saranno sentiti passare un brivido lungo la schiena. Il leader del Pdl, infatti, ha da sempre dichiarato che la soluzione per i problemi energetici in Italia sarà l’introduzione del nucleare.

La sua vittoria, e l’inizio delle sue riforme, coincideranno proprio con l’anniversario della strage di Cernobyl, esattamente il 26 aprile del 1986.
L’esplosione del reattore nucleare della centrale bielorussa portò alla contaminazione radioattiva di un raggio di 150.000 km quadrati di territorio che andava dalla Bielorussia all’Ucraina, fino anche alla Russia.
Esattamente un anno dopo gli italiani, per una volta primi in Europa, firmarono il referendum che vietava la costruzione di centrali nucleari nel nostro bel Paese.

Le energie alternative generano un aumento di posti di lavoro e valorizzano l’imprenditoria locale

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Dai dati emersi dal “Renewable 2007 Global Status Report” (Ren21) l’industria eolica statunitense ha oltrepassato nel 2007 i 17 GW di potenza installata negli impianti eolici, circa un terzo dell’intera produzione mondiale di energia dal vento. Gli Stati Uniti d’America archiviano quindi una forte crescita nelle energie rinnovabili. L’ economia americana in recessione e petrolio alle stelle hanno portato ad investire nelle energie alternative: il caro-petrolio avvantaggia tutte le fonti di energia (rinnovabili e non).

L’uso delle fonti energetiche rinnovabili genera un aumento di posti di lavoro superiore a quello prodotto da un investimento analogo in fonti energetiche di tipo tradizionale (fossile e nucleare). A dirlo è il centro ricerca statunitense RAEL (“Renewable and Appropriate Energy Laboratory“) dell’università di Berkeley nel suo recente rapporto tra energia rinnovabile e occupazione. Nel rapporto viene anche dimostrato come le regolamentazioni ambientali non sono la causa della perdita di lavoro nel settore dell’energia tradizionale. Lo sviluppo delle tecnologie per le energie rinnovabili e pulite rappresentano un’opportunità concreta straordinaria a favore di occupazione e valorizzazione dell’imprenditoria locale. L’uso dell’energia rinnovabile permette di avviare un interessante ciclo di innovazione-investimento-occupazione, una scintilla per lo sviluppo locale per molte aree depresse.