Clonazione animale: mangeremo la bistecca clonata?

di Redazione 3

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Già dai primi successi in campo della clonazione animale, si è pensato ai possibili vantaggi per l’alimentazione umana, con la possibilità di ricavare gli alimenti primari di cui si ciba l’uomo, carne e latte, direttamente da bovini e suini clonati.



Arriva dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, (EFSA),la conferma che da animali in buona salute, è possibili attraverso il processo di clonazione, ottenere soggetti validi per la produzione alimentare dell’uomo.

Anche se i dati concreti dicono che gli animali clonati hanno un tasso di mortalità molto alto e le patologie si sviluppano molto frequentemente rispetto al bestiame riprodottosi naturalmente , secondo l’Efsa, è importante clonare animali sani; questo accorgimento basterebbe per assicurare una grado di sicurezza alimentare pari alla produzione di carne e latte da bestiame non clonato.

Al parere positivo dell’Efsa si affianca un altro studio che arriva dagli Stati Uniti, precisamente da una ricerca della Food and Drug Administration (FDA), che lo scorso anno ha presentato un documento secondo cui, latte e carne, provenienti da bestiame clonato, si presenta perfettamente sicuro per il consumo umano.

E’ facile pensare ai vantaggi della clonazione, l’allevatore potrebbe usufruire delle sue bestie migliori, clonando i suoi esemplari e producendo carne, latte, uova, in grande quantità.

Il documento presentato dall’Fda, conferma il pensiero dell’Efsa, e sottolinea che non ci sono dati che fanno pensare che carne, latte, uova ottenute da animali clonati, siano pericolosi per l’alimentazione umana, partendo da animali sani infatti, gli alimenti ottenuti sarebbero al pari di quelli che ci derivano dalla riproduzione naturale.

Tutto questo però non sembra convincere molto; le prime preoccupazioni nascono dalla diffusione di malformazioni e aborti spontanei tra gli animali clonati che anche se risultano essere fenomeni analoghi a quelli degli altri bovini, risultano però essere più frequenti negli altri bovini, i dati infatti parlano di un 20% invece di un abituale 8%.

Ricordiamoci del primo clone animale, la pecora Dolly e della sua precoce morte, attribuita al fatto che l’animale avrebbe ereditato l’età genetica delle cellule da cui derivava.

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