Cambiamento climatico: dal 2030 la Terra inizierà a soffrire la febbre e la sete

Da anni si parla del cambiamento climatico. Alcuni perseverano nella via del negazionismo, altri confidano nelle infinite capacità tecnologiche umane, i più fatalisti si sforzano di non pensarci troppo e godersi a maggior ragione il presente, domani si vedrà, e c’è ancora qualche ottimista che ha fiducia nella resilienza dell’ecosistema planetario. A lungo gli stessi scienziati non si sono trovati d’accordo. Alcuni pronosticavano che un innalzamento delle temperature medie avrebbe fatto evaporare molta dell’acqua terrestre e che l’acqua sarebbe andata ad ovattare in uno spesso strato di nuvole la biosfera. Questo avrebbe provocato un abbassamento delle temperature di qualche grado o dell’entità di una glaciazione (global cooling). C’è chi paventava una tropicalizzazione del clima nelle fasce temperate. Da tempo la teoria più accreditata è quella di un generale riscaldamento del pianeta la cui conseguenza più diretta e disastrosa sarà una diffusa, gravissima siccità.

Ce ne dà ulteriore conferma anche l’ultima ricerca del National center for atmospheric research (Ncar): nei prossimi 30 anni l’Eurasia, il Centro America, il Sud America, l’Australia ed ovviamente l’Africa saranno assoggettati a periodi di lunghissima siccità, che ne sconvolgerà pesantemente gli ecosistemi naturali. Lo studio, pubblicato su “Wiley interdisciplinary reviews: climate change“, guarda con particolare “preoccupazione” a grandi parti del Brasile, al Messico, a tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo e  all’Asia sudorientale, compresa parte della Cina.

Negoziati sul clima, gli obiettivi non sono sicuri

L’analisi delle registrazioni geologiche che conteggiano i dettagli dell’ultimo periodo conosciuto del riscaldamento globale, hanno rivelato sorprendenti risultati, i quali suggeriscono che gli attuali obiettivi per limitare il cambiamento climatico, stabiliti durante gli ultimi negoziati sul clima, non sono sicuri. Lo studio è stato effettuato dagli esperti sul cambiamento climatico dell’Università di Exeter ed avranno importanti implicazioni per i negoziatori internazionali che dovranno concordare gli obiettivi vincolanti per gli obiettivi futuri delle emissioni di gas serra.

Il professor Chris Turney e il dottor Richard Jones, entrambi del Dipartimento di Geografia, hanno riportato uno studio completo dell’ultimo periodo interglaciale, un periodo di riscaldamento di circa 125.000 anni fa, nell’ultimo numero del Journal of Quaternary Science. I risultati rivelano che l’obiettivo dell’Unione europea di limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2° C rispetto ai livelli pre-industriali non dovrebbe essere considerato “sicuro”.

Temperature medie +4,2° C previste entro il 2100

Lo abbiamo sentito ripetere dagli esperti migliaia di volte: l’unico modo per evitare delle catastrofi ambientali molto gravi è che le temperature globali medie non salgano per più di 2° C. rispetto ad oggi. Il problema è che pare che le speranze di raggiungere questo obiettivo vadano assottigliandosi ogni giorno che passa.

In vista del prossimo round di negoziati sul clima che porteranno verso il COP16 di Cancun a fine anno, gli impegni sulla riduzione delle emissioni assunti nel quadro di Copenaghen si sono dimostrati così deboli che, se non venissero rafforzati, ci metterebbero su una traiettoria di aumento della temperatura fino a 4,2° C entro il 2100. La prima e più diretta conseguenza sarebbe la certezza della scomparsa delle barriere coralline a causa dell’acidificazione degli oceani. Ad affermarlo è un gruppo di scienziati europei (tedeschi, olandesi, svizzeri e danesi) che hanno pubblicato il loro studio nell’ultimo numero della rivista di divulgazione scientifica Environmental Research Letters.

Bill Clinton: “Le calamità naturali aumenteranno con i cambiamenti climatici”

La Clinton Global Initiative 2010 (una manifestazione indetta dalla famiglia Clinton per fare il piano sullo stato energetico ed economico mondiale) è in pieno svolgimento, ed ha messo in comunicazione capi di Stato e gruppi no-profit al fine di unire le forze per creare programmi filantropici per salvare il pianeta.

L’incontro, arrivato quest’anno alla seconda edizione, si è incentrato sul tema delle catastrofi, ed in particolare sulle calamità naturali. Un atto dovuto visto quello che sta succedendo negli ultimi mesi, dalle inondazioni in Pakistan alle ondate di caldo in Russia che hanno devastato il Paese con gli incendi. Bill Clinton ha colto l’occasione per notare il legame tra le calamità naturali e i cambiamenti climatici.

Oceano Pacifico: uno Stato si sacrifica per creare la più grande riserva marina al mondo

Kiribati, una nazione sconosciuta alla maggior parte del mondo, è uno Stato formato da 33 atolli sparsi nell’Oceano Pacifico, al largo dell’Australia, ad appena due metri sopra il livello del mare. Com’è facile immaginare, è uno dei Paesi che per primi potrebbero pagare le conseguenze del cambiamento climatico.

La sua stessa esistenza è minacciata di essere spazzata via dall’incremento del livello delle acque, e per questo motivo Kiribati ha recentemente preso una decisione senza precedenti: nonostante la sua enorme dipendenza dalla pesca, entro il 2050 intende vietarla nelle oltre 150.000 miglia quadrate (oltre 241 mila km quadrati) di territorio marino per creare la più grande riserva marina del mondo.

Cambiamenti climatici: battuti tutti i record di caldo

Nei primi dieci anni del terzo millennio, dal 2000 al 2009, sono stati rilevati i valori di temperatura più alti di sempre sia sulla terra, sia sugli oceani. A farlo presente è stata la Coldiretti con un’elaborazione che l’Organizzazione degli agricoltori ha effettuato in base ai dati del National Oceanic and Atmospheric Administration, a conferma di come sul contrasto ai cambiamenti climatici tutto si debba fare tranne che abbassare la guardia.

In particolare, nel 2010 la febbre del nostro Pianeta è salita ai massimi di sempre con una temperatura media globale che è stata la più elevata dal 1880, ovverosia da quando sono iniziate le rilevazioni.

Aumento della temperatura di 2 gradi: impossibile da evitare

Scienziati e ambientalisti di tutto il mondo si stanno dando da fare da anni ormai per tentare di limitare l’aumento della temperatura globale di due gradi, soglia che, secondo molti, comporterebbe una serie di disastri naturali a partire dallo scioglimento dei ghiacciai.

Ma tutti questi sforzi potrebbero essere stati vani, se Steven Davis, ricercatore dell’Università di Stanford, e Martin Hoffert della New York University, avessero ragione. Davis spiega in un articolo recentemente pubblicato su Science che teoricamente non è impossibile bloccare l’incremento delle temperature, ma è un’impresa talmente titanica che le possibilità che l’umanità ce la faccia sono ridotte all’osso.

CO2 Expo 2010 alla Fiera di Roma, tutto sull’anidride carbonica e sui cambiamenti climatici

CO2 Expo è un altro importantissimo e interessante Salone internazionale allestito in occasione di ZeroEmission 2010, la Fiera di Roma sull’ambiente e l’energia.
Nelle giornate dell’8-10 settembre si parlerà di inquinamento, di come abbattere le emissioni di CO2 e di cambiamenti climatici, vediamo quali sono le novità e soprattutto quali i rimedi.

Uno degli argomenti più attesi di CO2 Expo è relativo ai mercati di credito di carbonio, o mercato delle emissioni. Si tratta di uno strumento amministrativo di controllo per monitorare le emissioni di anidride carbonica, di gas inquinanti e di gas serra dei singoli Paesi, attraverso la quotazione monetaria delle emissioni e la vendita delle quote di gas inquinanti tra i diversi Stati. Il mercato delle quote di carbonio ha un impatto significativo sull’economia italiana ed europea dal 1997 con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto e della successiva Direttiva eurpea 2003/87/CE del 2003. Il mercato dei crediti influisce anche sui progetti di forestazione e riforestazione.

Inverno 2010, il più rigido degli ultimi 30 anni

Un inverno freddo e rigido come quello del 2010 non si registrava da secoli, esattamente dall’inverno 1783-1784, quando si sono verificate le stesse condizioni atmosferiche.
Gli inverni caratterizzati da abbondanti nevicate e da temperature con parecchi gradi sottozero, si verificano almeno una volta ogni 100 anni. E la stagione invernale scorsa è stata la più fredda degli ultimi 30 anni, ma da cosa è stato determinato quel clima rigido e polare?

Uno studio apparso sulla rivista Geophysical Research Letters informa che le forti nevicate che hanno interessato il Nord America e l’Europa Settentrionale nell’inverno 2010 sono state causate principalmente dall’incontro, o meglio dalla collisione, tra due fenomeni climatici, El Niño e l’Oscillazione Nord Atlantica.

Riscaldamento globale, rischio carestia in Cina

E se la Cina, lo abbiamo visto ieri, continua a mantenere il suo triste primato di Paese più inquinante al mondo, pare che paghi (pagherà) anche il prezzo più alto a causa del cambiamento climatico.
A dirlo è una ricerca compiuta dalla stessa Università di Pechino che lancia l’allarme, in questi giorni, sul rischio di una carestia nel Paese orientale dovuta proprio agli effetti del riscaldamento globale.

L’agricoltura è infatti il settore più penalizzato dalle temperature alte per via di siccità, aumento dei parassiti e di malattie delle piante favorite da climi caldi, e forti piogge, e l’équipe di ricercatori si spinge molto, forse troppo, in avanti con le previsioni, ipotizzando, per il 2050, uno scenario a dir poco disastroso, con una riduzione, in alcune aree, del 20% della produzione agricola. Si parla di perdite della resa fino al 22% per il grano, del 18% per il riso e fino al 30% per il mais.

Il riscaldamento globale è già qui, nelle tazzine di caffè

Quest’anno in tutto il mondo i prezzi del caffè sono lievitati, rispetto agli altri anni. La causa è stata una bassa resa delle coltivazioni, specie in Sud America, che pare non dover finire qui, ed anzi peggiorare negli anni a venire. In particolare il problema è un insetto che pare infestare le coltivazioni, e proliferare grazie al riscaldamento globale.

Il caffè Arabico, una pianta sensibile al clima, cresce in Etiopia e in America Latina. Tutte queste regioni hanno visto un lento ma costante aumento della temperatura media, con maggiore variabilità delle piogge e, cosa ancor più devastante, la diffusione del coleottero piralide sulle piante di caffè che si trova a proprio agio con un aumento della temperatura.

Riscaldamento globale, auto più dannose di aerei?

Riscaldamento globale: le auto sono più dannose degli aerei. A dirlo è un recente studio coordinato da Jens Borken-Kleefeld e pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Environmental Science & Technology. Studio che non mancherà di far discutere e che solleva, a mio avviso, più di una perplessità.
La prima è che mentre l’era delle auto ecologiche è già arrivata con motori sempre meno inquinanti, la rivoluzione delle elettriche, l‘ibrido, nonché le misure restrittive, vedi ecopass, zone a traffico limitato, di aerei ecologici ne volano ben pochi, se si esclude quelli che utilizzano biocarburante, e anche lì ce ne sarebbe da dire, dal momento che il biocarburante rappresenta il paradosso dell’ecologia, o almeno quello di prima generazione. E se si escludono prototipi di aerei solari come lo Zephyr o il Solar Impulse di Piccard, non ancora pronti per il traffico su larga scala.

La seconda è quella che riguarda un altro dato diffuso dallo stesso studio, riferito ad un presunto effetto benefico delle navi nel rallentamento del riscaldamento globale.
I ricercatori affermano infatti che la navi sarebbero addirittura le migliori amiche dell’ambiente, anche se non credo si tratti di una definizione corretta, magari potevano definirle il male minore, dal momento che si tratta di una classifica sul minor impatto che vede primeggiare le navi, a discapito di aerei ed automobili.

E’ possibile sopravvivere al riscaldamento globale? L’evoluzione lo permette ai pesci

Se stiamo tanto a preoccuparci che il riscaldamento globale sopra i 2 gradi centigradi sia pericoloso per la sopravvivenza umana, non è detto che questo avverrà veramente. Non perché non ci siano pericoli, ma perché c’è la possibilità di un’evoluzione per adattarsi all’ambiente. Se negli esseri umani quest’evoluzione è stata osservata nell’arco di migliaia di anni, per i pesci è stata molto più rapida.

I ricercatori della University of British Columbia hanno osservato una delle più veloci risposte evolutive mai registrate nelle popolazioni selvatiche. In meno di tre anni, il pesce spinarello ha sviluppato una tolleranza per la temperatura dell’acqua di 2,5 gradi centigradi inferiore rispetto ai suoi antenati. Lo studio, pubblicato nell’ultimo numero di Proceedings of the Royal Society B, fornisce alcune prime prove sperimentali che l’evoluzione potrebbe aiutare le popolazioni a sopravvivere agli effetti dei cambiamenti climatici.