
Da anni si parla del cambiamento climatico. Alcuni perseverano nella via del negazionismo, altri confidano nelle infinite capacità tecnologiche umane, i più fatalisti si sforzano di non pensarci troppo e godersi a maggior ragione il presente, domani si vedrà, e c’è ancora qualche ottimista che ha fiducia nella resilienza dell’ecosistema planetario. A lungo gli stessi scienziati non si sono trovati d’accordo. Alcuni pronosticavano che un innalzamento delle temperature medie avrebbe fatto evaporare molta dell’acqua terrestre e che l’acqua sarebbe andata ad ovattare in uno spesso strato di nuvole la biosfera. Questo avrebbe provocato un abbassamento delle temperature di qualche grado o dell’entità di una glaciazione (global cooling). C’è chi paventava una tropicalizzazione del clima nelle fasce temperate. Da tempo la teoria più accreditata è quella di un generale riscaldamento del pianeta la cui conseguenza più diretta e disastrosa sarà una diffusa, gravissima siccità.
Ce ne dà ulteriore conferma anche l’ultima ricerca del National center for atmospheric research (Ncar): nei prossimi 30 anni l’Eurasia, il Centro America, il Sud America, l’Australia ed ovviamente l’Africa saranno assoggettati a periodi di lunghissima siccità, che ne sconvolgerà pesantemente gli ecosistemi naturali. Lo studio, pubblicato su “Wiley interdisciplinary reviews: climate change“, guarda con particolare “preoccupazione” a grandi parti del Brasile, al Messico, a tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo e all’Asia sudorientale, compresa parte della Cina.
