Uno dei maggiori ostacoli per affrontare questioni di ampia portata, come il cambiamento climatico globale, è la nostra tendenza a concentrarci sui costi delle azioni correttive nel breve termine, piuttosto che su quelli a lungo termine del non fare nulla.
Alla radice del problema può esserci semplicemente la natura umana. Nulla di quanto contenuto nel nostro sviluppo evolutivo ci ha preparato a trattare con problemi a lungo termine del nostro fare, semplicemente perché la nostra capacità di creare tali problemi è abbastanza recente. Così è pure la nostra capacità di fare previsioni su ciò che è probabile che si verifichi in seguito ad un certo punto nel tempo. Spesso, è solo quando le condizioni diventato impossibili da ignorare (fiumi inquinati, l’acqua e l’aria che minacciano la nostra salute) che siamo finalmente spronati a pagare il prezzo dell’agire.
Una notevole eccezione è stata il protocollo di Montreal, che prevedeva il divieto di riduzione delle sostanze chimiche, firmato nel 1989, da 193 nazioni. Al centro del dibattito c’è stato l’uso di clorofluorocarburi (CFC) nei fluidi refrigeranti e propellenti per spray. Rilasciati nell’atmosfera, essi reagiscono con la luce ultravioletta nella stratosfera a distruggono lo strato di ozono che ci protegge dal sole.